dante longfellow
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Nel mezzo del cammin di nostra vita
mi ritrovai per una selva oscura,
ché la diritta via era smarrita.

Ahi quanto a dir qual era è cosa dura
esta selva selvaggia e aspra e forte
che nel pensier rinova la paura!

Tant’ è amara che poco è più morte;
ma per trattar del ben ch’i’ vi trovai,
dirò de l’altre cose ch’i’ v’ho scorte.

Io non so ben ridir com’ i’ v’intrai,
tant’ era pien di sonno a quel punto
che la verace via abbandonai.

Ma poi ch’i’ fui al piè d’un colle giunto,
là dove terminava quella valle
che m’avea di paura il cor compunto,

guardai in alto e vidi le sue spalle
vestite già de’ raggi del pianeta
che mena dritto altrui per ogne calle.

Allor fu la paura un poco queta,
che nel lago del cor m’era durata
la notte ch’i’ passai con tanta pieta.

E come quei che con lena affannata,
uscito fuor del pelago a la riva,
si volge a l’acqua perigliosa e guata,

così l’animo mio, ch’ancor fuggiva,
si volse a retro a rimirar lo passo
che non lasciò già mai persona viva.

Poi ch’èi posato un poco il corpo lasso,
ripresi via per la piaggia diserta,
sì che ’l piè fermo sempre era ’l più basso.

Ed ecco, quasi al cominciar de l’erta,
una lonza leggera e presta molto,
che di pel macolato era coverta;

e non mi si partia dinanzi al volto,
anzi ’mpediva tanto il mio cammino,
ch’i’ fui per ritornar più volte vòlto.

Temp’ era dal principio del mattino,
e ’l sol montava ’n sù con quelle stelle
ch’eran con lui quando l’amor divino

mosse di prima quelle cose belle;
sì ch’a bene sperar m’era cagione
di quella fiera a la gaetta pelle

l’ora del tempo e la dolce stagione;
ma non sì che paura non mi desse
la vista che m’apparve d’un leone.

Questi parea che contra me venisse
con la test’ alta e con rabbiosa fame,
sì che parea che l’aere ne tremesse.

Ed una lupa, che di tutte brame
sembiava carca ne la sua magrezza,
e molte genti fé già viver grame,

questa mi porse tanto di gravezza
con la paura ch’uscia di sua vista,
ch’io perdei la speranza de l’altezza.

E qual è quei che volontieri acquista,
e giugne ’l tempo che perder lo face,
che ’n tutti suoi pensier piange e s’attrista;

tal mi fece la bestia sanza pace,
che, venendomi ’ncontro, a poco a poco
mi ripigneva là dove ’l sol tace.

Mentre ch’i’ rovinava in basso loco,
dinanzi a li occhi mi si fu offerto
chi per lungo silenzio parea fioco.

Quando vidi costui nel gran diserto,
«Miserere di me», gridai a lui,
«qual che tu sii, od ombra od omo certo!».

Rispuosemi: «Non omo, omo già fui,
e li parenti miei furon lombardi,
mantoani per patrïa ambedui.

Nacqui sub Iulio, ancor che fosse tardi,
e vissi a Roma sotto ’l buono Augusto
nel tempo de li dèi falsi e bugiardi.

Poeta fui, e cantai di quel giusto
figliuol d’Anchise che venne di Troia,
poi che ’l superbo Ilïón fu combusto.

Ma tu perché ritorni a tanta noia?
perché non sali il dilettoso monte
ch’è principio e cagion di tutta gioia?».

«Or se’ tu quel Virgilio e quella fonte
che spandi di parlar sì largo fiume?»,
rispuos’ io lui con vergognosa fronte.

«O de li altri poeti onore e lume,
vagliami ’l lungo studio e ’l grande amore
che m’ha fatto cercar lo tuo volume.

Tu se’ lo mio maestro e ’l mio autore,
tu se’ solo colui da cu’ io tolsi
lo bello stilo che m’ha fatto onore.

Vedi la bestia per cu’ io mi volsi;
aiutami da lei, famoso saggio,
ch’ella mi fa tremar le vene e i polsi».

«A te convien tenere altro vïaggio»,
rispuose, poi che lagrimar mi vide,
«se vuo’ campar d’esto loco selvaggio;

ché questa bestia, per la qual tu gride,
non lascia altrui passar per la sua via,
ma tanto lo ’mpedisce che l’uccide;

e ha natura sì malvagia e ria,
che mai non empie la bramosa voglia,
e dopo ’l pasto ha più fame che pria.

Molti son li animali a cui s’ammoglia,
e più saranno ancora, infin che ’l veltro
verrà, che la farà morir con doglia.

Questi non ciberà terra né peltro,
ma sapïenza, amore e virtute,
e sua nazion sarà tra feltro e feltro.

Di quella umile Italia fia salute
per cui morì la vergine Cammilla,
Eurialo e Turno e Niso di ferute.

Questi la caccerà per ogne villa,
fin che l’avrà rimessa ne lo ’nferno,
là onde ’nvidia prima dipartilla.

Ond’ io per lo tuo me’ penso e discerno
che tu mi segui, e io sarò tua guida,
e trarrotti di qui per loco etterno;

ove udirai le disperate strida,
vedrai li antichi spiriti dolenti,
ch’a la seconda morte ciascun grida;

e vederai color che son contenti
nel foco, perché speran di venire
quando che sia a le beate genti.

A le quai poi se tu vorrai salire,
anima fia a ciò più di me degna:
con lei ti lascerò nel mio partire;

ché quello imperador che là sù regna,
perch’ i’ fu’ ribellante a la sua legge,
non vuol che ’n sua città per me si vegna.

In tutte parti impera e quivi regge;
quivi è la sua città e l’alto seggio:
oh felice colui cu’ ivi elegge!»

E io a lui: «Poeta, io ti richeggio
per quello Dio che tu non conoscesti,
acciò ch’io fugga questo male e peggio,

che tu mi meni là dov’ or dicesti,
sì ch’io veggia la porta di san Pietro
e color cui tu fai cotanto mesti.»

Allor si mosse, e io li tenni dietro.

Midway upon the journey of our life
I found myself within a forest dark,
For the straightforward pathway had been lost.

Ah me! how hard a thing it is to say
What was this forest savage, rough, and stern,
Which in the very thought renews the fear.

So bitter is it, death is little more;
But of the good to treat, which there I found,
Speak will I of the other things I saw there.

I cannot well repeat how there I entered,
So full was I of slumber at the moment
In which I had abandoned the true way.

But after I had reached a mountain's foot,
At that point where the valley terminated,
Which had with consternation pierced my heart,

Upward I looked, and I beheld its shoulders,
Vested already with that planet's rays
Which leadeth others right by every road.

Then was the fear a little quieted
That in my heart's lake had endured throughout
The night, which I had passed so piteously.

And even as he, who, with distressful breath,
Forth issued from the sea upon the shore,
Turns to the water perilous and gazes;

So did my soul, that still was fleeing onward,
Turn itself back to re-behold the pass
Which never yet a living person left.

After my weary body I had rested,
The way resumed I on the desert slope,
So that the firm foot ever was the lower.

And lo! almost where the ascent began,
A panther light and swift exceedingly,
Which with a spotted skin was covered o'er!

And never moved she from before my face,
Nay, rather did impede so much my way,
That many times I to return had turned.

The time was the beginning of the morning,
And up the sun was mounting with those stars
That with him were, what time the Love Divine

At first in motion set those beauteous things;
So were to me occasion of good hope,
The variegated skin of that wild beast,

The hour of time, and the delicious season;
But not so much, that did not give me fear
A lion's aspect which appeared to me.

He seemed as if against me he were coming
With head uplifted, and with ravenous hunger,
So that it seemed the air was afraid of him;

And a she-wolf, that with all hungerings
Seemed to be laden in her meagreness,
And many folk has caused to live forlorn!

She brought upon me so much heaviness,
With the affright that from her aspect came,
That I the hope relinquished of the height.

And as he is who willingly acquires,
And the time comes that causes him to lose,
Who weeps in all his thoughts and is despondent,

E'en such made me that beast withouten peace,
Which, coming on against me by degrees
Thrust me back thither where the sun is silent.

While I was rushing downward to the lowland,
Before mine eyes did one present himself,
Who seemed from long-continued silence hoarse.

When I beheld him in the desert vast,
"Have pity on me," unto him I cried,
"Whiche'er thou art, or shade or real man!"

He answered me: "Not man; man once I was,
And both my parents were of Lombardy,
And Mantuans by country both of them.

'Sub Julio' was I born, though it was late,
And lived at Rome under the good Augustus,
During the time of false and lying gods.

A poet was I, and I sang that just
Son of Anchises, who came forth from Troy,
After that Ilion the superb was burned.

But thou, why goest thou back to such annoyance?
Why climb'st thou not the Mount Delectable,
Which is the source and cause of every joy?"

"Now, art thou that Virgilius and that fountain
Which spreads abroad so wide a river of speech?"
I made response to him with bashful forehead.

"O, of the other poets honour and light,
Avail me the long study and great love
That have impelled me to explore thy volume!

Thou art my master, and my author thou,
Thou art alone the one from whom I took
The beautiful style that has done honour to me.

Behold the beast, for which I have turned back;
Do thou protect me from her, famous Sage,
For she doth make my veins and pulses tremble."

"Thee it behoves to take another road,"
Responded he, when he beheld me weeping,
"If from this savage place thou wouldst escape;

Because this beast, at which thou criest out,
Suffers not any one to pass her way,
But so doth harass him, that she destroys him;

And has a nature so malign and ruthless,
That never doth she glut her greedy will,
And after food is hungrier than before.

Many the animals with whom she weds,
And more they shall be still, until the Greyhound
Comes, who shall make her perish in her pain.

He shall not feed on either earth or pelf,
But upon wisdom, and on love and virtue;
'Twixt Feltro and Feltro shall his nation be;

Of that low Italy shall he be the saviour,
On whose account the maid Camilla died,
Euryalus, Turnus, Nisus, of their wounds;

Through every city shall he hunt her down,
Until he shall have driven her back to Hell,
There from whence envy first did let her loose.

Therefore I think and judge it for thy best
Thou follow me, and I will be thy guide,
And lead thee hence through the eternal place,

Where thou shalt hear the desperate lamentations,
Shalt see the ancient spirits disconsolate,
Who cry out each one for the second death;

And thou shalt see those who contented are
Within the fire, because they hope to come,
Whene'er it may be, to the blessed people;

To whom, then, if thou wishest to ascend,
A soul shall be for that than I more worthy;
With her at my departure I will leave thee;

Because that Emperor, who reigns above,
In that I was rebellious to his law,
Wills that through me none come into his city.

He governs everywhere, and there he reigns;
There is his city and his lofty throne;
O happy he whom thereto he elects!"

And I to him: "Poet, I thee entreat,
By that same God whom thou didst never know,
So that I may escape this woe and worse,

Thou wouldst conduct me there where thou hast said,
That I may see the portal of Saint Peter,
And those thou makest so disconsolate."

Then he moved on, and I behind him followed.
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Lo giorno se n’andava, e l’aere bruno
toglieva li animai che sono in terra
da le fatiche loro; e io sol uno

m’apparecchiava a sostener la guerra
sì del cammino e sì de la pietate,
che ritrarrà la mente che non erra.

O muse, o alto ingegno, or m’aiutate;
o mente che scrivesti ciò ch’io vidi,
qui si parrà la tua nobilitate.

Io cominciai: ªPoeta che mi guidi,
guarda la mia virtù s’ell’ è possente,
prima ch’a l’alto passo tu mi fidi.

Tu dici che di Silvïo il parente,
corruttibile ancora, ad immortale
secolo andò, e fu sensibilmente.

Però, se l’avversario d’ogne male
cortese i fu, pensando l’alto effetto
ch’uscir dovea di lui, e ’l chi e ’l quale

non pare indegno ad omo d’intelletto;
ch’e’ fu de l’alma Roma e di suo impero
ne l’empireo ciel per padre eletto:

la quale e ’l quale, a voler dir lo vero,
fu stabilita per lo loco santo
u’ siede il successor del maggior Piero.

Per quest’ andata onde li dai tu vanto,
intese cose che furon cagione
di sua vittoria e del papale ammanto.

Andovvi poi lo Vas d’elezïone,
per recarne conforto a quella fede
ch’è principio a la via di salvazione.

Ma io, perché venirvi? o chi ’l concede?
Io non Enëa, io non Paulo sono;
me degno a ciò né io né altri ’l crede.

Per che, se del venire io m’abbandono,
temo che la venuta non sia folle.
Se’ savio; intendi me’ ch’i’ non ragiono».

E qual è quei che disvuol ciò che volle
e per novi pensier cangia proposta,
sì che dal cominciar tutto si tolle,

tal mi fec’ Ïo ’n quella oscura costa,
perchè, pensando, consumai la ’mpresa
che fu nel cominciar cotanto tosta.

«S’i’ ho ben la parola tua intesa»,
rispuose del magnanimo quell’ ombra,
«l’anima tua è da viltade offesa;

la qual molte fïate l’omo ingombra
sì che d’onrata impresa lo rivolve,
come falso veder bestia quand’ ombra.

Da questa tema acciò che tu ti solve,
dirotti perch’ io venni e quel ch’io ’ntesi
nel primo punto che di te mi dolve.

Io era tra color che son sospesi,
e donna mi chiamò beata e bella,
tal che di comandare io la richiesi.

Lucevan li occhi suoi più che la stella;
e cominciommi a dir soave e piana,
con angelica voce, in sua favella:

«O anima cortese mantoana,
di cui la fama ancor nel mondo dura,
e durerà quanto ’l mondo lontana,

l’amico mio, e non de la ventura,
ne la diserta piaggia è impedito
sì nel cammin, che vòlt’ è per paura;

e temo che non sia già sì smarrito,
ch’io mi sia tardi al soccorso levata,
per quel ch’i’ ho di lui nel cielo udito.

Or movi, e con la tua parola ornata
e con ciò c’ha mestieri al suo campare,
l’aiuta sì ch’i’ ne sia consolata.

I’ son Beatrice che ti faccio andare;
vegno del loco ove tornar disio;
amor mi mosse, che mi fa parlare.

Quando sarò dinanzi al segnor mio,
di te mi loderò sovente a lui».
Tacette allora, e poi comincia’ io:

«O donna di virtù sola per cui
l’umana spezie eccede ogne contento
di quel ciel c’ha minor li cerchi sui,

tanto m’aggrada il tuo comandamento,
che l’ubidir, se già fosse, m’è tardi;
più non t’è uo’ ch’aprirmi il tuo talento.

Ma dimmi la cagion che non ti guardi
de lo scender qua giuso in questo centro
de l’ampio loco ove tornar tu ardi».

«Da che tu vuo’ saver cotanto a dentro,
dirotti brievemente», mi rispuose,
«perch’ i’ non temo di venir qua entro.

Temer si dee di sole quelle cose
c’hanno potenza di fare altrui male;
de l’altre no, ché non son paurose.

I’ son fatta da Dio, sua mercé, tale,
che la vostra miseria non mi tange,
né fiamma d’esto ’ncendio non m’assale.

Donna è gentil nel ciel che si compiange
di questo ’mpedimento ov’ io ti mando,
sì che duro giudicio là sù frange.

Questa chiese Lucia in suo dimando
e disse:–Or ha bisogno il tuo fedele
di te, e io a te lo raccomando—.

Lucia, nimica di ciascun crudele,
si mosse, e venne al loco dov’ i’ era,
che mi sedea con l’antica Rachele.

Disse:—Beatrice, loda di Dio vera,
ché non soccorri quei che t’amò tanto,
ch’uscì per te de la volgare schiera?

Non odi tu la pieta del suo pianto,
non vedi tu la morte che ’l combatte
su la fiumana ove ’l mar non ha vanto?—.

Al mondo non fur mai persone ratte
a far lor pro o a fuggir lor danno,
com’ io, dopo cotai parole fatte,

venni qua giù del mio beato scanno,
fidandomi del tuo parlare onesto,
ch’onora te e quei ch’udito l’hanno».

Poscia che m’ebbe ragionato questo,
li occhi lucenti lagrimando volse,
per che mi fece del venir più presto.

E venni a te così com’ ella volse:
d’inanzi a quella fiera ti levai
che del bel monte il corto andar ti tolse.

Dunque: che è? perché, perché restai,
perché tanta viltà nel core allette,
perché ardire e franchezza non hai,

poscia che tai tre donne benedette
curan di te ne la corte del cielo,
e ’l mio parlar tanto ben ti promette?».

Quali fioretti dal notturno gelo
chinati e chiusi, poi che ’l sol li ’mbianca,
si drizzan tutti aperti in loro stelo,

tal mi fec’ io di mia virtude stanca,
e tanto buono ardire al cor mi corse,
ch’i’ cominciai come persona franca:

«Oh pietosa colei che mi soccorse!
e te cortese ch’ubidisti tosto
a le vere parole che ti porse!

Tu m’hai con disiderio il cor disposto
sÌ al venir con le parole tue,
ch’i’ son tornato nel primo proposto.

Or va, ch’un sol volere è d’ambedue:
tu duca, tu segnore e tu maestro».
Così li dissi; e poi che mosso fue,

intrai per lo cammino alto e silvestro.

Day was departing, and the embrowned air
Released the animals that are on earth
From their fatigues; and I the only one

Made myself ready to sustain the war,
Both of the way and likewise of the woe,
Which memory that errs not shall retrace.

O Muses, O high genius, now assist me!
O memory, that didst write down what I saw,
Here thy nobility shall be manifest!

And I began: "Poet, who guidest me,
Regard my manhood, if it be sufficient,
Ere to the arduous pass thou dost confide me.

Thou sayest, that of Silvius the parent,
While yet corruptible, unto the world
Immortal went, and was there bodily.

But if the adversary of all evil
Was courteous, thinking of the high effect
That issue would from him, and who, and what,

To men of intellect unmeet it seems not;
For he was of great Rome, and of her empire
In the empyreal heaven as father chosen;

The which and what, wishing to speak the truth,
Were stablished as the holy place, wherein
Sits the successor of the greatest Peter.

Upon this journey, whence thou givest him vaunt,
Things did he hear, which the occasion were
Both of his victory and the papal mantle.

Thither went afterwards the Chosen Vessel,
To bring back comfort thence unto that Faith,
Which of salvation's way is the beginning.

But I, why thither come, or who concedes it?
I not Aeneas am, I am not Paul,
Nor I, nor others, think me worthy of it.

Therefore, if I resign myself to come,
I fear the coming may be ill-advised;
Thou'rt wise, and knowest better than I speak."

And as he is, who unwills what he willed,
And by new thoughts doth his intention change,
So that from his design he quite withdraws,

Such I became, upon that dark hillside,
Because, in thinking, I consumed the emprise,
Which was so very prompt in the beginning.

"If I have well thy language understood,"
Replied that shade of the Magnanimous,
"Thy soul attainted is with cowardice,

Which many times a man encumbers so,
It turns him back from honoured enterprise,
As false sight doth a beast, when he is shy.

That thou mayst free thee from this apprehension,
I'll tell thee why I came, and what I heard
At the first moment when I grieved for thee.

Among those was I who are in suspense,
And a fair, saintly Lady called to me
In such wise, I besought her to command me.

Her eyes where shining brighter than the Star;
And she began to say, gentle and low,
With voice angelical, in her own language:

'O spirit courteous of Mantua,
Of whom the fame still in the world endures,
And shall endure, long-lasting as the world;

A friend of mine, and not the friend of fortune,
Upon the desert slope is so impeded
Upon his way, that he has turned through terror,

And may, I fear, already be so lost,
That I too late have risen to his succour,
From that which I have heard of him in Heaven.

Bestir thee now, and with thy speech ornate,
And with what needful is for his release,
Assist him so, that I may be consoled.

Beatrice am I, who do bid thee go;
I come from there, where I would fain return;
Love moved me, which compelleth me to speak.

When I shall be in presence of my Lord,
Full often will I praise thee unto him.'
Then paused she, and thereafter I began:

'O Lady of virtue, thou alone through whom
The human race exceedeth all contained
Within the heaven that has the lesser circles,

So grateful unto me is thy commandment,
To obey, if 'twere already done, were late;
No farther need'st thou ope to me thy wish.

But the cause tell me why thou dost not shun
The here descending down into this centre,
From the vast place thou burnest to return to.'

'Since thou wouldst fain so inwardly discern,
Briefly will I relate,' she answered me,
'Why I am not afraid to enter here.

Of those things only should one be afraid
Which have the power of doing others harm;
Of the rest, no; because they are not fearful.

God in his mercy such created me
That misery of yours attains me not,
Nor any flame assails me of this burning.

A gentle Lady is in Heaven, who grieves
At this impediment, to which I send thee,
So that stern judgment there above is broken.

In her entreaty she besought Lucia,
And said, "Thy faithful one now stands in need
Of thee, and unto thee I recommend him."

Lucia, foe of all that cruel is,
Hastened away, and came unto the place
Where I was sitting with the ancient Rachel.

"Beatrice" said she, "the true praise of God,
Why succourest thou not him, who loved thee so,
For thee he issued from the vulgar herd?

Dost thou not hear the pity of his plaint?
Dost thou not see the death that combats him
Beside that flood, where ocean has no vaunt?"

Never were persons in the world so swift
To work their weal and to escape their woe,
As I, after such words as these were uttered,

Came hither downward from my blessed seat,
Confiding in thy dignified discourse,
Which honours thee, and those who've listened to it.'

After she thus had spoken unto me,
Weeping, her shining eyes she turned away;
Whereby she made me swifter in my coming;

And unto thee I came, as she desired;
I have delivered thee from that wild beast,
Which barred the beautiful mountain's short ascent.

What is it, then? Why, why dost thou delay?
Why is such baseness bedded in thy heart?
Daring and hardihood why hast thou not,

Seeing that three such Ladies benedight
Are caring for thee in the court of Heaven,
And so much good my speech doth promise thee?"

Even as the flowerets, by nocturnal chill,
Bowed down and closed, when the sun whitens them,
Uplift themselves all open on their stems;

Such I became with my exhausted strength,
And such good courage to my heart there coursed,
That I began, like an intrepid person:

"O she compassionate, who succoured me,
And courteous thou, who hast obeyed so soon
The words of truth which she addressed to thee!

Thou hast my heart so with desire disposed
To the adventure, with these words of thine,
That to my first intent I have returned.

Now go, for one sole will is in us both,
Thou Leader, and thou Lord, and Master thou."
Thus said I to him; and when he had moved,

I entered on the deep and savage way.
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«Per me si va ne la città dolente,
per me si va ne l’etterno dolore,
per me si va tra la perduta gente.

Giustizia mosse il mio alto fattore;
fecemi la divina podestate,
la somma sapïenza e ’l primo amore.

Dinanzi a me non fuor cose create
se non etterne, e io etterno duro.
Lasciate ogne speranza, voi ch’intrate’.

Queste parole di colore oscuro10
vid’ ïo scritte al sommo d’una porta;
per ch’io: «Maestro, il senso lor m’è duro».

Ed elli a me, come persona accorta:
«Qui si convien lasciare ogne sospetto;
ogne viltà convien che qui sia morta.

Noi siam venuti al loco ov’ i’ t’ho detto
che tu vedrai le genti dolorose
c’hanno perduto il ben de l’intelletto».

E poi che la sua mano a la mia puose
con lieto volto, ond’ io mi confortai,20
mi mise dentro a le segrete cose.

Quivi sospiri, pianti e alti guai
risonavan per l’aere sanza stelle,
per ch’io al cominciar ne lagrimai.

Diverse lingue, orribili favelle,
parole di dolore, accenti d’ira,
voci alte e fioche, e suon di man con elle

facevano un tumulto, il qual s’aggira
sempre in quell’ aura sanza tempo tinta,
come la rena quando turbo spira.30

E io ch’avea d’error la testa cinta,
dissi: «Maestro, che è quel ch’i’ odo?
e che gent’ è che par nel duol sì vinta?».

Ed elli a me: «Questo misero modo
tegnon l’anime triste di coloro
che visser sanza ’nfamia e sanza lodo.

Mischiate sono a quel cattivo coro
de li angeli che non furon ribelli
né fur fedeli a Dio, ma per sé fuoro.

Caccianli i ciel per non esser men belli,40
né lo profondo inferno li riceve,
ch’alcuna gloria i rei avrebber d’elli».

E io: «Maestro, che è tanto greve
a lor che lamentar li fa sÌ forte?».
Rispuose: «Dicerolti molto breve.

Questi non hanno speranza di morte,
e la lor cieca vita è tanto bassa,
che ’nvidïosi son d’ogne altra sorte.

Fama di loro il mondo esser non lassa;
misericordia e giustizia li sdegna:50
non ragioniam di lor, ma guarda e passa».

E io, che riguardai, vidi una ’nsegna
che girando correva tanto ratta,
che d’ogne posa mi parea indegna;

e dietro le venìa sì lunga tratta
di gente, ch’i’ non averei creduto
che morte tanta n’avesse disfatta.

Poscia ch’io v’ebbi alcun riconosciuto,
vidi e conobbi l’ombra di colui
che fece per viltade il gran rifiuto.60

Incontanente intesi e certo fui
che questa era la setta d’i cattivi,
a Dio spiacenti e a’ nemici sui.

Questi sciaurati, che mai non fur vivi,
erano ignudi e stimolati molto
da mosconi e da vespe ch’eran ivi.

Elle rigavan lor di sangue il volto,
che, mischiato di lagrime, a’ lor piedi
da fastidiosi vermi era ricolto.

E poi ch’a riguardar oltre mi diedi,70
vidi genti a la riva d’un gran fiume;
per ch’io dissi: «Maestro, or mi concedi

ch’i’ sappia quali sono, e qual costume
le fa di trapassar parer sì pronte,
com’ i’ discerno per lo fioco lume».

Ed elli a me: «Le cose ti fier conte
quando noi fermerem li nostri passi
su la trista riviera d’Acheronte».

Allor con li occhi vergognosi e bassi,
temendo no ’l mio dir li fosse grave,80
infino al fiume del parlar mi trassi.

Ed ecco verso noi venir per nave
un vecchio, bianco per antico pelo,
gridando: «Guai a voi, anime prave!

Non isperate mai veder lo cielo:
i’ vegno per menarvi a l’altra riva
ne le tenebre etterne, in caldo e ’n gelo.

E tu che se’ costì, anima viva,
pàrtiti da cotesti che son morti».
Ma poi che vide ch’io non mi partiva,90

disse: «Per altra via, per altri porti
verrai a piaggia, non qui, per passare:
più lieve legno convien che ti porti».

E ’l duca lui: «Caron, non ti crucciare:
vuolsi così colà dove si puote
ciò che si vuole, e più non dimandare».

Quinci fuor quete le lanose gote
al nocchier de la livida palude,
che ’ntorno a li occhi avea di fiamme rote.

Ma quell’ anime, ch’eran lasse e nude,100
cangiar colore e dibattero i denti,
ratto che ’nteser le parole crude.

Bestemmiavano Dio e lor parenti,
l’umana spezie e ’l loco e ’l tempo e ’l seme
di lor semenza e di lor nascimenti.

Poi si ritrasser tutte quante insieme,
forte piangendo, a la riva malvagia
ch’attende ciascun uom che Dio non teme.

Caron dimonio, con occhi di bragia
loro accennando, tutte le raccoglie;110
batte col remo qualunque s’adagia.

Come d’autunno si levan le foglie
l’una appresso de l’altra, fin che ’l ramo
vede a la terra tutte le sue spoglie,

similemente il mal seme d’Adamo
gittansi di quel lito ad una ad una,
per cenni come augel per suo richiamo.

CosÌ sen vanno su per l’onda bruna,
e avanti che sien di là discese,
anche di qua nuova schiera s’auna.120

«Figliuol mio», disse ’l maestro cortese,
«quelli che muoion ne l’ira di Dio
tutti convegnon qui d’ogne paese;

e pronti sono a trapassar lo rio,
ché la divina giustizia li sprona,
sì che la tema si volve in disio.

Quinci non passa mai anima buona;
e però, se Caron di te si lagna,
ben puoi sapere omai che ’l suo dir suona».

Finito questo, la buia campagna130
tremò sÌ forte, che de lo spavento
la mente di sudore ancor mi bagna.

La terra lagrimosa diede vento,
che balenò una luce vermiglia
la qual mi vinse ciascun sentimento;

e caddi come l’uom cui sonno piglia.

"Through me the way is to the city dolent;
Through me the way is to eternal dole;
Through me the way among the people lost.

Justice incited my sublime Creator;
Created me divine Omnipotence,
The highest Wisdom and the primal Love.

Before me there were no created things,
Only eterne, and I eternal last.
All hope abandon, ye who enter in!"

These words in sombre colour I beheld10
Written upon the summit of a gate;
Whence I: "Their sense is, Master, hard to me!"

And he to me, as one experienced:
"Here all suspicion needs must be abandoned,
All cowardice must needs be here extinct.

We to the place have come, where I have told thee
Thou shalt behold the people dolorous
Who have foregone the good of intellect."

And after he had laid his hand on mine
With joyful mien, whence I was comforted,20
He led me in among the secret things.

There sighs, complaints, and ululations loud
Resounded through the air without a star,
Whence I, at the beginning, wept thereat.

Languages diverse, horrible dialects,
Accents of anger, words of agony,
And voices high and hoarse, with sound of hands,

Made up a tumult that goes whirling on
For ever in that air for ever black,
Even as the sand doth, when the whirlwind breathes.30

And I, who had my head with horror bound,
Said: "Master, what is this which now I hear?
What folk is this, which seems by pain so vanquished?"

And he to me: "This miserable mode
Maintain the melancholy souls of those
Who lived withouten infamy or praise.

Commingled are they with that caitiff choir
Of Angels, who have not rebellious been,
Nor faithful were to God, but were for self.

The heavens expelled them, not to be less fair;40
Nor them the nethermore abyss receives,
For glory none the damned would have from them."

And I: "O Master, what so grievous is
To these, that maketh them lament so sore?"
He answered: "I will tell thee very briefly.

These have no longer any hope of death;
And this blind life of theirs is so debased,
They envious are of every other fate.

No fame of them the world permits to be;
Misericord and Justice both disdain them.50
Let us not speak of them, but look, and pass."

And I, who looked again, beheld a banner,
Which, whirling round, ran on so rapidly,
That of all pause it seemed to me indignant;

And after it there came so long a train
Of people, that I ne'er would have believed
That ever Death so many had undone.

When some among them I had recognized,
I looked, and I beheld the shade of him
Who made through cowardice the great refusal.60

Forthwith I comprehended, and was certain,
That this the sect was of the caitiff wretches
Hateful to God and to his enemies.

These miscreants, who never were alive,
Were naked, and were stung exceedingly
By gadflies and by hornets that were there.

These did their faces irrigate with blood,
Which, with their tears commingled, at their feet
By the disgusting worms was gathered up.

And when to gazing farther I betook me.70
People I saw on a great river's bank;
Whence said I: "Master, now vouchsafe to me,

That I may know who these are, and what law
Makes them appear so ready to pass over,
As I discern athwart the dusky light."

And he to me: "These things shall all be known
To thee, as soon as we our footsteps stay
Upon the dismal shore of Acheron."

Then with mine eyes ashamed and downward cast,
Fearing my words might irksome be to him,80
From speech refrained I till we reached the river.

And lo! towards us coming in a boat
An old man, hoary with the hair of eld,
Crying: "Woe unto you, ye souls depraved!

Hope nevermore to look upon the heavens;
I come to lead you to the other shore,
To the eternal shades in heat and frost.

And thou, that yonder standest, living soul,
Withdraw thee from these people, who are dead!"
But when he saw that I did not withdraw,90

He said: "By other ways, by other ports
Thou to the shore shalt come, not here, for passage;
A lighter vessel needs must carry thee."

And unto him the Guide: "Vex thee not, Charon;
It is so willed there where is power to do
That which is willed; and farther question not."

Thereat were quieted the fleecy cheeks
Of him the ferryman of the livid fen,
Who round about his eyes had wheels of flame.

But all those souls who weary were and naked100
Their colour changed and gnashed their teeth together,
As soon as they had heard those cruel words.

God they blasphemed and their progenitors,
The human race, the place, the time, the seed
Of their engendering and of their birth!

Thereafter all together they drew back,
Bitterly weeping, to the accursed shore,
Which waiteth every man who fears not God.

Charon the demon, with the eyes of glede,
Beckoning to them, collects them all together,101
Beats with his oar whoever lags behind.

As in the autumn-time the leaves fall off,
First one and then another, till the branch
Unto the earth surrenders all its spoils;

In similar wise the evil seed of Adam
Throw themselves from that margin one by one,
At signals, as a bird unto its lure.

So they depart across the dusky wave,
And ere upon the other side they land,
Again on this side a new troop assembles.120

"My son," the courteous Master said to me,
"All those who perish in the wrath of God
Here meet together out of every land;

And ready are they to pass o'er the river,
Because celestial Justice spurs them on,
So that their fear is turned into desire.

This way there never passes a good soul;
And hence if Charon doth complain of thee,
Well mayst thou know now what his speech imports."

This being finished, all the dusk champaign130
Trembled so violently, that of that terror
The recollection bathes me still with sweat.

The land of tears gave forth a blast of wind,
And fulminated a vermilion light,
Which overmastered in me every sense,

And as a man whom sleep hath seized I fell.
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Ruppemi l’alto sonno ne la testa
un greve truono, sì ch’io mi riscossi
come persona ch’è per forza desta;

e l’occhio riposato intorno mossi,
dritto levato, e fiso riguardai
per conoscer lo loco dov’ io fossi.

Vero è che ’n su la proda mi trovai
de la valle d’abisso dolorosa
che ’ntrono accoglie d’infiniti guai.

Oscura e profonda era e nebulosa10
tanto che, per ficcar lo viso a fondo,
io non vi discernea alcuna cosa.

«Or discendiam qua giù nel cieco mondo»,
cominciò il poeta tutto smorto.
«Io sarò primo, e tu sarai secondo».

E io, che del color mi fui accorto,
dissi: «Come verrò, se tu paventi
che suoli al mio dubbiare esser conforto?».

Ed elli a me: «L’angoscia de le genti
che son qua giù, nel viso mi dipigne20
quella pietà che tu per tema senti.

Andiam, ché la via lunga ne sospigne».
Così si mise e così mi fé intrare
nel primo cerchio che l’abisso cigne.

Quivi, secondo che per ascoltare,
non avea pianto mai che di sospiri
che l’aura etterna facevan tremare;

ciò avvenia di duol sanza martìri,
ch’avean le turbe, ch’eran molte e grandi,
d’infanti e di femmine e di viri.30

Lo buon maestro a me: «Tu non dimandi
che spiriti son questi che tu vedi?
Or vo’ che sappi, innanzi che più andi,

ch’ei non peccaro; e s’elli hanno mercedi,
non basta, perché non ebber battesmo,
ch’è porta de la fede che tu credi;

e s’e’ furon dinanzi al cristianesmo,
non adorar debitamente a Dio:
e di questi cotai son io medesmo.

Per tai difetti, non per altro rio,40
semo perduti, e sol di tanto offesi
che sanza speme vivemo in disio».

Gran duol mi prese al cor quando lo ’ntesi,
però che gente di molto valore
conobbi che ’n quel limbo eran sospesi.

«Dimmi, maestro mio, dimmi, segnore»,
comincia’ io per voler esser certo
di quella fede che vince ogne errore:

«uscicci mai alcuno, o per suo merto
o per altrui, che poi fosse beato?».50
E quei che ’ntese il mio parlar coverto,

rispuose: «Io era nuovo in questo stato,
quando ci vidi venire un possente,
con segno di vittoria coronato.

Trasseci l’ombra del primo parente,
d’Abèl suo figlio e quella di Noè,
di Moïsè legista e ubidente;

Abraàm patrïarca e Davìd re,
Israèl con lo padre e co’ suoi nati
e con Rachele, per cui tanto fé,60

e altri molti, e feceli beati.
E vo’ che sappi che, dinanzi ad essi,
spiriti umani non eran salvati».

Non lasciavam l’andar perch’ ei dicessi,
ma passavam la selva tuttavia,
la selva, dico, di spiriti spessi.

Non era lunga ancor la nostra via
di qua dal sonno, quand’ io vidi un foco
ch’emisperio di tenebre vincia.

Di lungi n’eravamo ancora un poco,70
ma non sì ch’io non discernessi in parte
ch’orrevol gente possedea quel loco.

«O tu ch’onori scïenzïa e arte,
questi chi son c’hanno cotanta onranza,
che dal modo de li altri li diparte?».

E quelli a me: «L’onrata nominanza
che di lor suona sù ne la tua vita,
grazïa acquista in ciel che sì li avanza».

Intanto voce fu per me udita:
«Onorate l’altissimo poeta;80
l’ombra sua torna, ch’era dipartita».

Poi che la voce fu restata e queta,
vidi quattro grand’ ombre a noi venire:
sembianz’ avevan né trista né lieta.

Lo buon maestro cominciò a dire:
«Mira colui con quella spada in mano,
che vien dinanzi ai tre sì come sire:

quelli è Omero poeta sovrano;
l’altro è Orazio satiro che vene;
Ovidio è ’l terzo, e l’ultimo Lucano.90

Però che ciascun meco si convene
nel nome che sonò la voce sola,
fannomi onore, e di ciò fanno bene».

Così vid’ i’ adunar la bella scola
di quel segnor de l’altissimo canto
che sovra li altri com’ aquila vola.

Da ch’ebber ragionato insieme alquanto,
volsersi a me con salutevol cenno,
e ’l mio maestro sorrise di tanto;

e più d’onore ancora assai mi fenno,100
ch’e’ sì mi fecer de la loro schiera,
sì ch’io fui sesto tra cotanto senno.

Così andammo infino a la lumera,
parlando cose che ’l tacere è bello,
sì com’ era ’l parlar colà dov’ era.

Venimmo al piè d’un nobile castello,
sette volte cerchiato d’alte mura,
difeso intorno d’un bel fiumicello.

Questo passammo come terra dura;
per sette porte intrai con questi savi:110
giugnemmo in prato di fresca verdura.

Genti v’eran con occhi tardi e gravi,
di grande autorità ne’ lor sembianti:
parlavan rado, con voci soavi.

Traemmoci così da l’un de’ canti,
in loco aperto, luminoso e alto,
sì che veder si potien tutti quanti.

Colà diritto, sovra ’l verde smalto,
mi fuor mostrati li spiriti magni,
che del vedere in me stesso m’essalto.120

I’ vidi Eletra con molti compagni,
tra ’ quai conobbi Ettòr ed Enea,
Cesare armato con li occhi grifagni.

Vidi Cammilla e la Pantasilea;
da l’altra parte vidi ’l re Latino
che con Lavina sua figlia sedea.

Vidi quel Bruto che cacciò Tarquino,
Lucrezia, Iulia, Marzïa e Corniglia;
e solo, in parte, vidi ’l Saladino.

Poi ch’innalzai un poco più le ciglia,130
vidi ’l maestro di color che sanno
seder tra filosofica famiglia.

Tutti lo miran, tutti onor li fanno:
quivi vid’ ïo Socrate e Platone,
che ’nnanzi a li altri più presso li stanno;

Democrito che ’l mondo a caso pone,
Dïogenès, Anassagora e Tale,
Empedoclès, Eraclito e Zenone;

e vidi il buono accoglitor del quale,
Dïascoride dico; e vidi Orfeo,140
Tulïo e Lino e Seneca morale;

Euclide geomètra e Tolomeo,
Ipocràte, Avicenna e Galïeno,
Averoìs, che ’l gran comento feo.

Io non posso ritrar di tutti a pieno,
però che sì mi caccia il lungo tema,
che molte volte al fatto il dir vien meno.

La sesta compagnia in due si scema:
per altra via mi mena il savio duca,
fuor de la queta, ne l’aura che trema.150

E vegno in parte ove non è che luca.

Broke the deep lethargy within my head
A heavy thunder, so that I upstarted,
Like to a person who by force is wakened;

And round about I moved my rested eyes,
Uprisen erect, and steadfastly I gazed,
To recognise the place wherein I was.

True is it, that upon the verge I found me
Of the abysmal valley dolorous,
That gathers thunder of infinite ululations.

Obscure, profound it was, and nebulous,10
So that by fixing on its depths my sight
Nothing whatever I discerned therein.

"Let us descend now into the blind world,"
Began the Poet, pallid utterly;
"I will be first, and thou shalt second be."

And I, who of his colour was aware,
Said: "How shall I come, if thou art afraid,
Who'rt wont to be a comfort to my fears?"

And he to me: "The anguish of the people
Who are below here in my face depicts20
That pity which for terror thou hast taken.

Let us go on, for the long way impels us."
Thus he went in, and thus he made me enter
The foremost circle that surrounds the abyss.

There, as it seemed to me from listening,
Were lamentations none, but only sighs,
That tremble made the everlasting air.

And this arose from sorrow without torment,
Which the crowds had, that many were and great,
Of infants and of women and of men.30

To me the Master good: "Thou dost not ask
What spirits these, which thou beholdest, are?
Now will I have thee know, ere thou go farther,

That they sinned not; and if they merit had,
'Tis not enough, because they had not baptism
Which is the portal of the Faith thou holdest;

And if they were before Christianity,
In the right manner they adored not God;
And among such as these am I myself.

For such defects, and not for other guilt,40
Lost are we and are only so far punished,
That without hope we live on in desire."

Great grief seized on my heart when this I heard,
Because some people of much worthiness
I knew, who in that Limbo were suspended.

"Tell me, my Master, tell me, thou my Lord,"
Began I, with desire of being certain
Of that Faith which o'ercometh every error,

"Came any one by his own merit hence,
Or by another's, who was blessed thereafter?"50
And he, who understood my covert speech,

Replied: "I was a novice in this state,
When I saw hither come a Mighty One,
With sign of victory incoronate.

Hence he drew forth the shade of the First Parent,
And that of his son Abel, and of Noah,
Of Moses the lawgiver, and the obedient

Abraham, patriarch, and David, king,
Israel with his father and his children,
And Rachel, for whose sake he did so much,60

And others many, and he made them blessed;
And thou must know, that earlier than these
Never were any human spirits saved."

We ceased not to advance because he spake,
But still were passing onward through the forest,
The forest, say I, of thick-crowded ghosts.

Not very far as yet our way had gone
This side the summit, when I saw a fire
That overcame a hemisphere of darkness.

We were a little distant from it still,70
But not so far that I in part discerned not
That honourable people held that place.

"O thou who honourest every art and science,
Who may these be, which such great honour have,
That from the fashion of the rest it parts them?"

And he to me: "The honourable name,
That sounds of them above there in thy life,
Wins grace in Heaven, that so advances them."

In the mean time a voice was heard by me:
"All honour be to the pre-eminent Poet;80
His shade returns again, that was departed."

After the voice had ceased and quiet was,
Four mighty shades I saw approaching us;
Semblance had they nor sorrowful nor glad.

To say to me began my gracious Master:
"Him with that falchion in his hand behold,
Who comes before the three, even as their lord.

That one is Homer, Poet sovereign;
He who comes next is Horace, the satirist;
The third is Ovid, and the last is Lucan.90

Because to each of these with me applies
The name that solitary voice proclaimed,
They do me honour, and in that do well."

Thus I beheld assemble the fair school
Of that lord of the song pre-eminent,
Who o'er the others like an eagle soars.

When they together had discoursed somewhat,
They turned to me with signs of salutation,
And on beholding this, my Master smiled;

And more of honour still, much more, they did me,100
In that they made me one of their own band;
So that the sixth was I, 'mid so much wit.

Thus we went on as far as to the light,
Things saying 'tis becoming to keep silent,
As was the saying of them where I was.

We came unto a noble castle's foot,
Seven times encompassed with lofty walls,
Defended round by a fair rivulet;

This we passed over even as firm ground;
Through portals seven I entered with these Sages;110
We came into a meadow of fresh verdure.

People were there with solemn eyes and slow,
Of great authority in their countenance;
They spake but seldom, and with gentle voices.

Thus we withdrew ourselves upon one side
Into an opening luminous and lofty,
So that they all of them were visible.

There opposite, upon the green enamel,
Were pointed out to me the mighty spirits,
Whom to have seen I feel myself exalted.120

I saw Electra with companions many,
'Mongst whom I knew both Hector and Aeneas,
Caesar in armour with gerfalcon eyes;

I saw Camilla and Penthesilea
On the other side, and saw the King Latinus,
Who with Lavinia his daughter sat;

I saw that Brutus who drove Tarquin forth,
Lucretia, Julia, Marcia, and Cornelia,
And saw alone, apart, the Saladin.

When I had lifted up my brows a little,130
The Master I beheld of those who know,
Sit with his philosophic family.

All gaze upon him, and all do him honour.
There I beheld both Socrates and Plato,
Who nearer him before the others stand;

Democritus, who puts the world on chance,
Diogenes, Anaxagoras, and Thales,
Zeno, Empedocles, and Heraclitus;

Of qualities I saw the good collector,
Hight Dioscorides; and Orpheus saw I,140
Tully and Livy, and moral Seneca,

Euclid, geometrician, and Ptolemy,
Galen, Hippocrates, and Avicenna,
Averroes, who the great Comment made.

I cannot all of them pourtray in full,
Because so drives me onward the long theme,
That many times the word comes short of fact.

The sixfold company in two divides;
Another way my sapient Guide conducts me
Forth from the quiet to the air that trembles;150

And to a place I come where nothing shines.

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Così discesi del cerchio primaio
giù nel secondo, che men loco cinghia
e tanto più dolor, che punge a guaio.

Stavvi Minòs orribilmente, e ringhia:
essamina le colpe ne l’intrata;
giudica e manda secondo ch’avvinghia.

Dico che quando l’anima mal nata
li vien dinanzi, tutta si confessa;
e quel conoscitor de le peccata

vede qual loco d’inferno è da essa;10
cignesi con la coda tante volte
quantunque gradi vuol che giù sia messa.

Sempre dinanzi a lui ne stanno molte:
vanno a vicenda ciascuna al giudizio,
dicono e odono e poi son giù volte.

«O tu che vieni al doloroso ospizio»,
disse Minòs a me quando mi vide,
lasciando l’atto di cotanto offizio,

«guarda com’ entri e di cui tu ti fide;
non t’inganni l’ampiezza de l’intrare!».20
E ’l duca mio a lui: «Perché pur gride?

Non impedir lo suo fatale andare:
vuolsi così colà dove si puote
ciò che si vuole, e più non dimandare».

Or incomincian le dolenti note
a farmisi sentire; or son venuto
là dove molto pianto mi percuote.

Io venni in loco d’ogne luce muto,
che mugghia come fa mar per tempesta,
se da contrari venti è combattuto.30

La bufera infernal, che mai non resta,
mena li spirti con la sua rapina;
voltando e percotendo li molesta.

Quando giungon davanti a la ruina,
quivi le strida, il compianto, il lamento;
bestemmian quivi la virtù divina.

Intesi ch’a così fatto tormento
enno dannati i peccator carnali,
che la ragion sommettono al talento.

E come li stornei ne portan l’ali40
nel freddo tempo, a schiera larga e piena,
così quel fiato li spiriti mali

di qua, di là, di giù, di sù li mena;
nulla speranza li conforta mai,
non che di posa, ma di minor pena.

E come i gru van cantando lor lai,
faccendo in aere di sé lunga riga,
così vid’ io venir, traendo guai,

ombre portate da la detta briga;
per ch’i’ dissi: «Maestro, chi son quelle50
genti che l’aura nera sì gastiga?».

«La prima di color di cui novelle
tu vuo’ saper», mi disse quelli allotta,
«fu imperadrice di molte favelle.

A vizio di lussuria fu sì rotta,
che libito fé licito in sua legge,
per tòrre il biasmo in che era condotta.

Ell’ è Semiramìs, di cui si legge
che succedette a Nino e fu sua sposa:
tenne la terra che ’l Soldan corregge.60

L’altra è colei che s’ancise amorosa,
e ruppe fede al cener di Sicheo;
poi è Cleopatràs lussurïosa.

Elena vedi, per cui tanto reo
tempo si volse, e vedi ’l grande Achille,
che con amore al fine combatteo.

Vedi Parìs, Tristano»; e più di mille
ombre mostrommi e nominommi a dito,
ch’amor di nostra vita dipartille.

Poscia ch’io ebbi ’l mio dottore udito70
nomar le donne antiche e ’ cavalieri,
pietà mi giunse, e fui quasi smarrito.

I’ cominciai: «Poeta, volontieri
parlerei a quei due che ’nsieme vanno,
e paion sì al vento esser leggeri».

Ed elli a me: «Vedrai quando saranno
più presso a noi; e tu allor li priega
per quello amor che i mena, ed ei verranno».

Sì tosto come il vento a noi li piega,
mossi la voce: «O anime affannate,80
venite a noi parlar, s’altri nol niega!».

Quali colombe dal disio chiamate
con l’ali alzate e ferme al dolce nido
vegnon per l’aere, dal voler portate;

cotali uscir de la schiera ov’ è Dido,
a noi venendo per l’aere maligno,
sì forte fu l’affettüoso grido.

«O animal grazïoso e benigno
che visitando vai per l’aere perso
noi che tignemmo il mondo di sanguigno,90

se fosse amico il re de l’universo,
noi pregheremmo lui de la tua pace,
poi c’hai pietà del nostro mal perverso.

Di quel che udire e che parlar vi piace,
noi udiremo e parleremo a voi,
mentre che ’l vento, come fa, ci tace.

Siede la terra dove nata fui
su la marina dove ’l Po discende
per aver pace co’ seguaci sui.

Amor, ch’al cor gentil ratto s’apprende,100
prese costui de la bella persona
che mi fu tolta; e ’l modo ancor m’offende.

Amor, ch’a nullo amato amar perdona,
mi prese del costui piacer sì forte,
che, come vedi, ancor non m’abbandona.

Amor condusse noi ad una morte.
Caina attende chi a vita ci spense».
Queste parole da lor ci fuor porte.

Quand’ io intesi quell’ anime offense,
china’ il viso, e tanto il tenni basso,110
fin che ’l poeta mi disse: «Che pense?».

Quando rispuosi, cominciai: «Oh lasso,
quanti dolci pensier, quanto disio
menò costoro al doloroso passo!».

Poi mi rivolsi a loro e parla’ io,
e cominciai: «Francesca, i tuoi martìri
a lagrimar mi fanno tristo e pio.

Ma dimmi: al tempo d’i dolci sospiri,
a che e come concedette amore
che conosceste i dubbiosi disiri?».120

E quella a me: «Nessun maggior dolore
che ricordarsi del tempo felice
ne la miseria; e ciò sa ’l tuo dottore.

Ma s’a conoscer la prima radice
del nostro amor tu hai cotanto affetto,
dirò come colui che piange e dice.

Noi leggiavamo un giorno per diletto
di Lancialotto come amor lo strinse;
soli eravamo e sanza alcun sospetto.

Per più fïate li occhi ci sospinse130
quella lettura, e scolorocci il viso;
ma solo un punto fu quel che ci vinse.

Quando leggemmo il disïato riso
esser basciato da cotanto amante,
questi, che mai da me non fia diviso,

la bocca mi basciò tutto tremante.
Galeotto fu ’l libro e chi lo scrisse:
quel giorno più non vi leggemmo avante».

Mentre che l’uno spirto questo disse,
l’altro piangëa; sì che di pietade140
io venni men così com’ io morisse.

E caddi come corpo morto cade.

Thus I descended out of the first circle
Down to the second, that less space begirds,
And so much greater dole, that goads to wailing.

There standeth Minos horribly, and snarls;
Examines the transgressions at the entrance;
Judges, and sends according as he girds him.

I say, that when the spirit evil-born
Cometh before him, wholly it confesses;
And this discriminator of transgressions

Seeth what place in Hell is meet for it;10
Girds himself with his tail as many times
As grades he wishes it should be thrust down.

Always before him many of them stand;
They go by turns each one unto the judgment;
They speak, and hear, and then are downward hurled.

"O thou, that to this dolorous hostelry
Comest," said Minos to me, when he saw me,
Leaving the practice of so great an office,

"Look how thou enterest, and in whom thou trustest;
Let not the portal's amplitude deceive thee."20
And unto him my Guide: "Why criest thou too?

Do not impede his journey fate-ordained;
It is so willed there where is power to do
That which is willed; and ask no further question."

And now begin the dolesome notes to grow
Audible unto me; now am I come
There where much lamentation strikes upon me.

I came into a place mute of all light,
Which bellows as the sea does in a tempest,
If by opposing winds 't is combated.30

The infernal hurricane that never rests
Hurtles the spirits onward in its rapine;
Whirling them round, and smiting, it molests them.

When they arrive before the precipice,
There are the shrieks, the plaints, and the laments,
There they blaspheme the puissance divine.

I understood that unto such a torment
The carnal malefactors were condemned,
Who reason subjugate to appetite.

And as the wings of starlings bear them on40
In the cold season in large band and full,
So doth that blast the spirits maledict;

It hither, thither, downward, upward, drives them;
No hope doth comfort them for evermore,
Not of repose, but even of lesser pain.

And as the cranes go chanting forth their lays,
Making in air a long line of themselves,
So saw I coming, uttering lamentations,

Shadows borne onward by the aforesaid stress.
Whereupon said I: "Master, who are those50
People, whom the black air so castigates?"

"The first of those, of whom intelligence
Thou fain wouldst have," then said he unto me,
"The empress was of many languages.

To sensual vices she was so abandoned,
That lustful she made licit in her law,
To remove the blame to which she had been led.

She is Semiramis, of whom we read
That she succeeded Ninus, and was his spouse;
She held the land which now the Sultan rules.60

The next is she who killed herself for love,
And broke faith with the ashes of Sichaeus;
Then Cleopatra the voluptuous."

Helen I saw, for whom so many ruthless
Seasons revolved; and saw the great Achilles,
Who at the last hour combated with Love.

Paris I saw, Tristan; and more than a thousand
Shades did he name and point out with his finger,
Whom Love had separated from our life.

After that I had listened to my Teacher,70
Naming the dames of eld and cavaliers,
Pity prevailed, and I was nigh bewildered.

And I began: "O Poet, willingly
Speak would I to those two, who go together,
And seem upon the wind to be so light."

And, he to me: "Thou'lt mark, when they shall be
Nearer to us; and then do thou implore them
By love which leadeth them, and they will come."

Soon as the wind in our direction sways them,
My voice uplift I: "O ye weary souls!80
Come speak to us, if no one interdicts it."

As turtle-doves, called onward by desire,
With open and steady wings to the sweet nest
Fly through the air by their volition borne,

So came they from the band where Dido is,
Approaching us athwart the air malign,
So strong was the affectionate appeal.

"O living creature gracious and benignant,
Who visiting goest through the purple air
Us, who have stained the world incarnadine,90

If were the King of the Universe our friend,
We would pray unto him to give thee peace,
Since thou hast pity on our woe perverse.

Of what it pleases thee to hear and speak,
That will we hear, and we will speak to you,
While silent is the wind, as it is now.

Sitteth the city, wherein I was born,
Upon the sea-shore where the Po descends
To rest in peace with all his retinue.

Love, that on gentle heart doth swiftly seize,100
Seized this man for the person beautiful
That was ta'en from me, and still the mode offends me.

Love, that exempts no one beloved from loving,
Seized me with pleasure of this man so strongly,
That, as thou seest, it doth not yet desert me;

Love has conducted us unto one death;
Caina waiteth him who quenched our life!"
These words were borne along from them to us.

As soon as I had heard those souls tormented,
I bowed my face, and so long held it down110
Until the Poet said to me: "What thinkest?"

When I made answer, I began: "Alas!
How many pleasant thoughts, how much desire,
Conducted these unto the dolorous pass!"

Then unto them I turned me, and I spake,
And I began: "Thine agonies, Francesca,
Sad and compassionate to weeping make me.

But tell me, at the time of those sweet sighs,
By what and in what manner Love conceded,
That you should know your dubious desires?"120

And she to me: "There is no greater sorrow
Than to be mindful of the happy time
In misery, and that thy Teacher knows.

But, if to recognise the earliest root
Of love in us thou hast so great desire,
I will do even as he who weeps and speaks.

One day we reading were for our delight
Of Launcelot, how Love did him enthral.
Alone we were and without any fear.

Full many a time our eyes together drew130
That reading, and drove the colour from our faces;
But one point only was it that o'ercame us.

When as we read of the much-longed-for smile
Being by such a noble lover kissed,
This one, who ne'er from me shall be divided,

Kissed me upon the mouth all palpitating.
Galeotto was the book and he who wrote it.
That day no farther did we read therein."

And all the while one spirit uttered this,
The other one did weep so, that, for pity,140
I swooned away as if I had been dying,

And fell, even as a dead body falls.
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Al tornar de la mente, che si chiuse
dinanzi a la pietà d’i due cognati,
che di trestizia tutto mi confuse,

novi tormenti e novi tormentati
mi veggio intorno, come ch’io mi mova
e ch’io mi volga, e come che io guati.

Io sono al terzo cerchio, de la piova
etterna, maladetta, fredda e greve;
regola e qualità mai non l’è nova.

Grandine grossa, acqua tinta e neve10
per l’aere tenebroso si riversa;
pute la terra che questo riceve.

Cerbero, fiera crudele e diversa,
con tre gole caninamente latra
sovra la gente che quivi è sommersa.

Li occhi ha vermigli, la barba unta e atra,
e ’l ventre largo, e unghiate le mani;
graffia li spirti ed iscoia ed isquatra.

Urlar li fa la pioggia come cani;
de l’un de’ lati fanno a l’altro schermo;20
volgonsi spesso i miseri profani.

Quando ci scorse Cerbero, il gran vermo,
le bocche aperse e mostrocci le sanne;
non avea membro che tenesse fermo.

E ’l duca mio distese le sue spanne,
prese la terra, e con piene le pugna
la gittò dentro a le bramose canne.

Qual è quel cane ch’abbaiando agogna,
e si racqueta poi che ’l pasto morde,
ché solo a divorarlo intende e pugna,30

cotai si fecer quelle facce lorde
de lo demonio Cerbero, che ’ntrona
l’anime sì, ch’esser vorrebber sorde.

Noi passavam su per l’ombre che adona
la greve pioggia, e ponavam le piante
sovra lor vanità che par persona.

Elle giacean per terra tutte quante,
fuor d’una ch’a seder si levò, ratto
ch’ella ci vide passarsi davante.

«O tu che se’ per questo ’nferno tratto»,40
mi disse, «riconoscimi, se sai:
tu fosti, prima ch’io disfatto, fatto».

E io a lui: «L’angoscia che tu hai
forse ti tira fuor de la mia mente,
sì che non par ch’i’ ti vedessi mai.

Ma dimmi chi tu se’ che ’n sì dolente
loco se’ messo, e hai sì fatta pena,
che, s’altra è maggio, nulla è sì spiacente».

Ed elli a me: «La tua città, ch’è piena
d’invidia sì che già trabocca il sacco,50
seco mi tenne in la vita serena.

Voi cittadini mi chiamaste Ciacco:
per la dannosa colpa de la gola,
come tu vedi, a la pioggia mi fiacco.

E io anima trista non son sola,
ché tutte queste a simil pena stanno
per simil colpa». E più non fé parola.

Io li rispuosi: «Ciacco, il tuo affanno
mi pesa sì, ch’a lagrimar mi ’nvita;
ma dimmi, se tu sai, a che verranno60

li cittadin de la città partita;
s’alcun v’è giusto; e dimmi la cagione
per che l’ha tanta discordia assalita».

E quelli a me: «Dopo lunga tencione
verranno al sangue, e la parte selvaggia
caccerà l’altra con molta offensione.

Poi appresso convien che questa caggia
infra tre soli, e che l’altra sormonti
con la forza di tal che testé piaggia.

Alte terrà lungo tempo le fronti,70
tenendo l’altra sotto gravi pesi,
come che di ciò pianga o che n’aonti.

Giusti son due, e non vi sono intesi;
superbia, invidia e avarizia sono
le tre faville c’hanno i cuori accesi».

Qui puose fine al lagrimabil suono.
E io a lui: «Ancor vo’ che mi ’nsegni
e che di più parlar mi facci dono.

Farinata e ’l Tegghiaio, che fuor sì degni,
Iacopo Rusticucci, Arrigo e ’l Mosca80
e li altri ch’a ben far puoser li ’ngegni,

dimmi ove sono e fa ch’io li conosca;
ché gran disio mi stringe di savere
se ’l ciel li addolcia o lo ’nferno li attosca».

E quelli: «Ei son tra l’anime più nere;
diverse colpe giù li grava al fondo:
se tanto scendi, là i potrai vedere.

Ma quando tu sarai nel dolce mondo,
priegoti ch’a la mente altrui mi rechi:
più non ti dico e più non ti rispondo».90

Li diritti occhi torse allora in biechi;
guardommi un poco e poi chinò la testa:
cadde con essa a par de li altri ciechi.

E ’l duca disse a me: «Più non si desta
di qua dal suon de l’angelica tromba,
quando verrà la nimica podesta:

ciascun rivederà la trista tomba,
ripiglierà sua carne e sua figura,
udirà quel ch’in etterno rimbomba».

Sì trapassammo per sozza mistura100
de l’ombre e de la pioggia, a passi lenti,
toccando un poco la vita futura;

per ch’io dissi: «Maestro, esti tormenti
crescerann’ ei dopo la gran sentenza,
o fier minori, o saran sì cocenti?».

Ed elli a me: «Ritorna a tua scïenza,
che vuol, quanto la cosa è più perfetta,
più senta il bene, e così la doglienza.

Tutto che questa gente maladetta
in vera perfezion già mai non vada,110
di là più che di qua essere aspetta».

Noi aggirammo a tondo quella strada,
parlando più assai ch’i’ non ridico;
venimmo al punto dove si digrada:

quivi trovammo Pluto, il gran nemico.

At the return of consciousness, that closed
Before the pity of those two relations,
Which utterly with sadness had confused me,

New torments I behold, and new tormented
Around me, whichsoever way I move,
And whichsoever way I turn, and gaze.

In the third circle am I of the rain
Eternal, maledict, and cold, and heavy;
Its law and quality are never new.

Huge hail, and water sombre-hued, and snow,10
Athwart the tenebrous air pour down amain;
Noisome the earth is, that receiveth this.

Cerberus, monster cruel and uncouth,
With his three gullets like a dog is barking
Over the people that are there submerged.

Red eyes he has, and unctuous beard and black,
And belly large, and armed with claws his hands;
He rends the spirits, flays, and quarters them.

Howl the rain maketh them like unto dogs;
One side they make a shelter for the other;20
Oft turn themselves the wretched reprobates.

When Cerberus perceived us, the great worm!
His mouths he opened, and displayed his tusks;
Not a limb had he that was motionless.

And my Conductor, with his spans extended,
Took of the earth, and with his fists well filled,
He threw it into those rapacious gullets.

Such as that dog is, who by barking craves,
And quiet grows soon as his food he gnaws,
For to devour it he but thinks and struggles,30

The like became those muzzles filth-begrimed
Of Cerberus the demon, who so thunders
Over the souls that they would fain be deaf.

We passed across the shadows, which subdues
The heavy rain-storm, and we placed our feet
Upon their vanity that person seems.

They all were lying prone upon the earth,
Excepting one, who sat upright as soon
As he beheld us passing on before him.

"O thou that art conducted through this Hell,"40
He said to me, "recall me, if thou canst;
Thyself wast made before I was unmade."

And I to him: "The anguish which thou hast
Perhaps doth draw thee out of my remembrance,
So that it seems not I have ever seen thee.

But tell me who thou art, that in so doleful
A place art put, and in such punishment,
If some are greater, none is so displeasing."

And he to me: "Thy city, which is full
Of envy so that now the sack runs over,50
Held me within it in the life serene.

You citizens were wont to call me Ciacco;
For the pernicious sin of gluttony
I, as thou seest, am battered by this rain.

And I, sad soul, am not the only one,
For all these suffer the like penalty
For the like sin;" and word no more spake he.

I answered him: "Ciacco, thy wretchedness
Weighs on me so that it to weep invites me;
But tell me, if thou knowest, to what shall come60

The citizens of the divided city;
If any there be just; and the occasion
Tell me why so much discord has assailed it."

And he to me: "They, after long contention,
Will come to bloodshed; and the rustic party
Will drive the other out with much offence.

Then afterwards behoves it this one fall
Within three suns, and rise again the other
By force of him who now is on the coast.

High will it hold its forehead a long while,70
Keeping the other under heavy burdens,
Howe'er it weeps thereat and is indignant.

The just are two, and are not understood there;
Envy and Arrogance and Avarice
Are the three sparks that have all hearts enkindled."

Here ended he his tearful utterance;
And I to him: "I wish thee still to teach me,
And make a gift to me of further speech.

Farinata and Tegghiaio, once so worthy,
Jacopo Rusticucci, Arrigo, and Mosca,80
And others who on good deeds set their thoughts,

Say where they are, and cause that I may know them;
For great desire constraineth me to learn
If Heaven doth sweeten them, or Hell envenom."

And he: "They are among the blacker souls;
A different sin downweighs them to the bottom;
If thou so far descendest, thou canst see them.

But when thou art again in the sweet world,
I pray thee to the mind of others bring me;
No more I tell thee and no more I answer."90

Then his straightforward eyes he turned askance,
Eyed me a little, and then bowed his head;
He fell therewith prone like the other blind.

And the Guide said to me: "He wakes no more
This side the sound of the angelic trumpet;
When shall approach the hostile Potentate,

Each one shall find again his dismal tomb,
Shall reassume his flesh and his own figure,
Shall hear what through eternity re-echoes."

So we passed onward o'er the filthy mixture100
Of shadows and of rain with footsteps slow,
Touching a little on the future life.

Wherefore I said: "Master, these torments here,
Will they increase after the mighty sentence,
Or lesser be, or will they be as burning?"

And he to me: "Return unto thy science,
Which wills, that as the thing more perfect is,
The more it feels of pleasure and of pain.

Albeit that this people maledict
To true perfection never can attain,110
Hereafter more than now they look to be."

Round in a circle by that road we went,
Speaking much more, which I do not repeat;
We came unto the point where the descent is;

There we found Plutus the great enemy.
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«Pape Satàn, pape Satàn aleppe!»,
cominciò Pluto con la voce chioccia;
e quel savio gentil, che tutto seppe,

disse per confortarmi: «Non ti noccia
la tua paura; ché, poder ch’elli abbia,
non ci torrà lo scender questa roccia».

Poi si rivolse a quella ’nfiata labbia,
e disse: «Taci, maladetto lupo!
consuma dentro te con la tua rabbia.

Non è sanza cagion l’andare al cupo:10
vuolsi ne l’alto, là dove Michele
fé la vendetta del superbo strupo».

Quali dal vento le gonfiate vele
caggiono avvolte, poi che l’alber fiacca,
tal cadde a terra la fiera crudele.

Così scendemmo ne la quarta lacca,
pigliando più de la dolente ripa
che ’l mal de l’universo tutto insacca.

Ahi giustizia di Dio! tante chi stipa
nove travaglie e pene quant’ io viddi?20
e perché nostra colpa sì ne scipa?

Come fa l’onda là sovra Cariddi,
che si frange con quella in cui s’intoppa,
così convien che qui la gente riddi.

Qui vid’ i’ gente più ch’altrove troppa,
e d’una parte e d’altra, con grand’ urli,
voltando pesi per forza di poppa.

Percotëansi ’ncontro; e poscia pur lì
si rivolgea ciascun, voltando a retro,
gridando: «Perché tieni?» e «Perché burli?».30

Così tornavan per lo cerchio tetro
da ogne mano a l’opposito punto,
gridandosi anche loro ontoso metro;

poi si volgea ciascun, quand’ era giunto,
per lo suo mezzo cerchio a l’altra giostra.
E io, ch’avea lo cor quasi compunto,

dissi: «Maestro mio, or mi dimostra
che gente è questa, e se tutti fuor cherci
questi chercuti a la sinistra nostra».

Ed elli a me: «Tutti quanti fuor guerci40
sì de la mente in la vita primaia,
che con misura nullo spendio ferci.

Assai la voce lor chiaro l’abbaia,
quando vegnono a’ due punti del cerchio
dove colpa contraria li dispaia.

Questi fuor cherci, che non han coperchio
piloso al capo, e papi e cardinali,
in cui usa avarizia il suo soperchio».

E io: «Maestro, tra questi cotali
dovre’ io ben riconoscere alcuni50
che furo immondi di cotesti mali».

Ed elli a me: «Vano pensiero aduni:
la sconoscente vita che i fé sozzi,
ad ogne conoscenza or li fa bruni.

In etterno verranno a li due cozzi:
questi resurgeranno del sepulcro
col pugno chiuso, e questi coi crin mozzi.

Mal dare e mal tener lo mondo pulcro
ha tolto loro, e posti a questa zuffa:
qual ella sia, parole non ci appulcro.60

Or puoi, figliuol, veder la corta buffa
d’i ben che son commessi a la fortuna,
per che l’umana gente si rabbuffa;

ché tutto l’oro ch’è sotto la luna
e che già fu, di quest’ anime stanche
non poterebbe farne posare una».

«Maestro mio», diss’ io, «or mi dì anche:
questa fortuna di che tu mi tocche,
che è, che i ben del mondo ha sì tra branche?».

E quelli a me: «Oh creature sciocche,70
quanta ignoranza è quella che v’offende!
Or vo’ che tu mia sentenza ne ’mbocche.

Colui lo cui saver tutto trascende,
fece li cieli e diè lor chi conduce
sì, ch’ogne parte ad ogne parte splende,

distribuendo igualmente la luce.
Similemente a li splendor mondani
ordinò general ministra e duce

che permutasse a tempo li ben vani
di gente in gente e d’uno in altro sangue,80
oltre la difension d’i senni umani;

per ch’una gente impera e l’altra langue,
seguendo lo giudicio di costei,
che è occulto come in erba l’angue.

Vostro saver non ha contasto a lei:
questa provede, giudica, e persegue
suo regno come il loro li altri dèi.

Le sue permutazion non hanno triegue:
necessità la fa esser veloce;
sì spesso vien chi vicenda consegue.90

Quest’ è colei ch’è tanto posta in croce
pur da color che le dovrien dar lode,
dandole biasmo a torto e mala voce;

ma ella s’è beata e ciò non ode:
con l’altre prime creature lieta
volve sua spera e beata si gode.

Or discendiamo omai a maggior pieta;
già ogne stella cade che saliva
quand’ io mi mossi, e ’l troppo star si vieta».

Noi ricidemmo il cerchio a l’altra riva100
sovr’ una fonte che bolle e riversa
per un fossato che da lei deriva.

L’acqua era buia assai più che persa;
e noi, in compagnia de l’onde bige,
intrammo giù per una via diversa.

In la palude va c’ha nome Stige
questo tristo ruscel, quand’ è disceso
al piè de le maligne piagge grige.

E io, che di mirare stava inteso,
vidi genti fangose in quel pantano,110
ignude tutte, con sembiante offeso.

Queste si percotean non pur con mano,
ma con la testa e col petto e coi piedi,
troncandosi co’ denti a brano a brano.

Lo buon maestro disse: «Figlio, or vedi
l’anime di color cui vinse l’ira;
e anche vo’ che tu per certo credi

che sotto l’acqua è gente che sospira,
e fanno pullular quest’ acqua al summo,
come l’occhio ti dice, u’ che s’aggira.120

Fitti nel limo dicon: "Tristi fummo
ne l’aere dolce che dal sol s’allegra,
portando dentro accidïoso fummo:

or ci attristiam ne la belletta negra".
Quest’ inno si gorgoglian ne la strozza,
ché dir nol posson con parola integra»».

Così girammo de la lorda pozza
grand’ arco tra la ripa secca e ’l mézzo,
con li occhi vòlti a chi del fango ingozza.

Venimmo al piè d’una torre al da sezzo.130

"Pape Satan, Pape Satan, Aleppe!"
Thus Plutus with his clucking voice began;
And that benignant Sage, who all things knew,

Said, to encourage me: "Let not thy fear
Harm thee; for any power that he may have
Shall not prevent thy going down this crag."

Then he turned round unto that bloated lip,
And said: "Be silent, thou accursed wolf;
Consume within thyself with thine own rage.

Not causeless is this journey to the abyss;10
Thus is it willed on high, where Michael wrought
Vengeance upon the proud adultery."

Even as the sails inflated by the wind
Involved together fall when snaps the mast,
So fell the cruel monster to the earth.

Thus we descended into the fourth chasm,
Gaining still farther on the dolesome shore
Which all the woe of the universe insacks.

Justice of God, ah! who heaps up so many
New toils and sufferings as I beheld?20
And why doth our transgression waste us so?

As doth the billow there upon Charybdis,
That breaks itself on that which it encounters,
So here the folk must dance their roundelay.

Here saw I people, more than elsewhere, many,
On one side and the other, with great howls,
Rolling weights forward by main force of chest.

They clashed together, and then at that point
Each one turned backward, rolling retrograde,
Crying, "Why keepest?" and, "Why squanderest thou?"30

Thus they returned along the lurid circle
On either hand unto the opposite point,
Shouting their shameful metre evermore.

Then each, when he arrived there, wheeled about
Through his half-circle to another joust;
And I, who had my heart pierced as it were,

Exclaimed: "My Master, now declare to me
What people these are, and if all were clerks,
These shaven crowns upon the left of us."

And he to me: "All of them were asquint40
In intellect in the first life, so much
That there with measure they no spending made.

Clearly enough their voices bark it forth,
Whene'er they reach the two points of the circle,
Where sunders them the opposite defect.

Clerks those were who no hairy covering
Have on the head, and Popes and Cardinals,
In whom doth Avarice practise its excess."

And I: "My Master, among such as these
I ought forsooth to recognise some few,50
Who were infected with these maladies."

And he to me: "Vain thought thou entertainest;
The undiscerning life which made them sordid
Now makes them unto all discernment dim.

Forever shall they come to these two buttings;
These from the sepulchre shall rise again
With the fist closed, and these with tresses shorn.

Ill giving and ill keeping the fair world
Have ta'en from them, and placed them in this scuffle;
Whate'er it be, no words adorn I for it.60

Now canst thou, Son, behold the transient farce
Of goods that are committed unto Fortune,
For which the human race each other buffet;

For all the gold that is beneath the moon,
Or ever has been, of these weary souls
Could never make a single one repose."

"Master," I said to him, "now tell me also
What is this Fortune which thou speakest of,
That has the world's goods so within its clutches?"

And he to me: "O creatures imbecile,70
What ignorance is this which doth beset you?
Now will I have thee learn my judgment of her.

He whose omniscience everything transcends
The heavens created, and gave who should guide them,
That every part to every part may shine,

Distributing the light in equal measure;
He in like manner to the mundane splendours
Ordained a general ministress and guide,

That she might change at times the empty treasures
From race to race, from one blood to another,80
Beyond resistance of all human wisdom.

Therefore one people triumphs, and another
Languishes, in pursuance of her judgment,
Which hidden is, as in the grass a serpent.

Your knowledge has no counterstand against her;
She makes provision, judges, and pursues
Her governance, as theirs the other gods.

Her permutations have not any truce;
Necessity makes her precipitate,
So often cometh who his turn obtains.90

And this is she who is so crucified
Even by those who ought to give her praise,
Giving her blame amiss, and bad repute.

But she is blissful, and she hears it not;
Among the other primal creatures gladsome
She turns her sphere, and blissful she rejoices.

Let us descend now unto greater woe;
Already sinks each star that was ascending
When I set out, and loitering is forbidden."

We crossed the circle to the other bank,100
Near to a fount that boils, and pours itself
Along a gully that runs out of it.

The water was more sombre far than perse;
And we, in company with the dusky waves,
Made entrance downward by a path uncouth.

A marsh it makes, which has the name of Styx,
This tristful brooklet, when it has descended
Down to the foot of the malign gray shores.

And I, who stood intent upon beholding,
Saw people mud-besprent in that lagoon,110
All of them naked and with angry look.

They smote each other not alone with hands,
But with the head and with the breast and feet,
Tearing each other piecemeal with their teeth.

Said the good Master: "Son, thou now beholdest
The souls of those whom anger overcame;
And likewise I would have thee know for certain

Beneath the water people are who sigh
And make this water bubble at the surface,
As the eye tells thee wheresoe'er it turns.120

Fixed in the mire they say, 'We sullen were
In the sweet air, which by the sun is gladdened,
Bearing within ourselves the sluggish reek;

Now we are sullen in this sable mire.'
This hymn do they keep gurgling in their throats,
For with unbroken words they cannot say it."

Thus we went circling round the filthy fen
A great arc 'twixt the dry bank and the swamp,
With eyes turned unto those who gorge the mire;

Unto the foot of a tower we came at last.130
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Io dico, seguitando, ch’assai prima
che noi fossimo al piè de l’alta torre,
li occhi nostri n’andar suso a la cima

per due fiammette che i vedemmo porre,
e un’altra da lungi render cenno,
tanto ch’a pena il potea l’occhio tòrre.

E io mi volsi al mar di tutto ’l senno;
dissi: «Questo che dice? e che risponde
quell’ altro foco? e chi son quei che ’l fenno?».

Ed elli a me: «Su per le sucide onde10
giï scorgere puoi quello che s’aspetta,
se ’l fummo del pantan nol ti nasconde».

Corda non pinse mai da sé saetta
che sì corresse via per l’aere snella,
com’ io vidi una nave piccioletta

venir per l’acqua verso noi in quella,
sotto ’l governo d’un sol galeoto,
che gridava: «Or se’ giunta, anima fella!».

«Flegïïs, Flegïïs, tu gridi a vòto»,
disse lo mio segnore, «a questa volta:20
più non ci avrai che sol passando il loto».

Qual è colui che grande inganno ascolta
che li sia fatto, e poi se ne rammarca,
fecesi Flegïïs ne l’ira accolta.

Lo duca mio discese ne la barca,
e poi mi fece intrare appresso lui;
e sol quand’ io fui dentro parve carca.

Tosto che ’l duca e io nel legno fui,
segando se ne va l’antica prora
de l’acqua più che non suol con altrui.30

Mentre noi corravam la morta gora,
dinanzi mi si fece un pien di fango,
e disse: «Chi se’ tu che vieni anzi ora?».

E io a lui: «S’i’ vegno, non rimango;
ma tu chi se’, che sì se’ fatto brutto?».
Rispuose: «Vedi che son un che piango».

E io a lui: «Con piangere e con lutto,
spirito maladetto, ti rimani;
ch’i’ ti conosco, ancor sie lordo tutto».

Allor distese al legno ambo le mani;40
per che ’l maestro accorto lo sospinse,
dicendo: «Via costï con li altri cani!».

Lo collo poi con le braccia mi cinse;
basciommi ’l volto e disse: «Alma sdegnosa,
benedetta colei che ’n te s’incinse!

Quei fu al mondo persona orgogliosa;
bontï non è che sua memoria fregi:
così s’è l’ombra sua qui furïosa.

Quanti si tegnon or lï sù gran regi
che qui staranno come porci in brago,50
di sé lasciando orribili dispregi!».

E io: «Maestro, molto sarei vago
di vederlo attuffare in questa broda
prima che noi uscissimo del lago».

Ed elli a me: «Avante che la proda
ti si lasci veder, tu sarai sazio:
di tal disïo convien che tu goda».

Dopo ciò poco vid’ io quello strazio
far di costui a le fangose genti,
che Dio ancor ne lodo e ne ringrazio.60

Tutti gridavano: «A Filippo Argenti!»;
e ’l fiorentino spirito bizzarro
in sé medesmo si volvea co’ denti.

Quivi il lasciammo, che più non ne narro;
ma ne l’orecchie mi percosse un duolo,
per ch’io avante l’occhio intento sbarro.

Lo buon maestro disse: «Omai, figliuolo,
s’appressa la cittï c’ha nome Dite,
coi gravi cittadin, col grande stuolo».

E io: «Maestro, giï le sue meschite70
lï entro certe ne la valle cerno,
vermiglie come se di foco uscite

fossero». Ed ei mi disse: «Il foco etterno
ch’entro l’affoca le dimostra rosse,
come tu vedi in questo basso inferno».

Noi pur giugnemmo dentro a l’alte fosse
che vallan quella terra sconsolata:
le mura mi parean che ferro fosse.

Non sanza prima far grande aggirata,
venimmo in parte dove il nocchier forte80
«Usciteci», gridò: «qui è l’intrata».

Io vidi più di mille in su le porte
da ciel piovuti, che stizzosamente
dicean: «Chi è costui che sanza morte

va per lo regno de la morta gente?».
E ’l savio mio maestro fece segno
di voler lor parlar segretamente.

Allor chiusero un poco il gran disdegno
e disser: «Vien tu solo, e quei sen vada
che sì ardito intrò per questo regno.90

Sol si ritorni per la folle strada:
pruovi, se sa; ché tu qui rimarrai,
che li ha’ iscorta sì buia contrada».

Pensa, lettor, se io mi sconfortai
nel suon de le parole maladette,
ché non credetti ritornarci mai.

«O caro duca mio, che più di sette
volte m’hai sicurtï renduta e tratto
d’alto periglio che ’ncontra mi stette,

non mi lasciar», diss’ io, «così disfatto;100
e se ’l passar più oltre ci è negato,
ritroviam l’orme nostre insieme ratto».

E quel segnor che lì m’avea menato,
mi disse: «Non temer; ché ’l nostro passo
non ci può tòrre alcun: da tal n’è dato.

Ma qui m’attendi, e lo spirito lasso
conforta e ciba di speranza buona,
ch’i’ non ti lascerò nel mondo basso».

Così sen va, e quivi m’abbandona
lo dolce padre, e io rimagno in forse,110
che sì e no nel capo mi tenciona.

Udir non potti quello ch’a lor porse;
ma ei non stette lï con essi guari,
che ciascun dentro a pruova si ricorse.

Chiuser le porte que’ nostri avversari
nel petto al mio segnor, che fuor rimase
e rivolsesi a me con passi rari.

Li occhi a la terra e le ciglia avea rase
d’ogne baldanza, e dicea ne’ sospiri:
«Chi m’ha negate le dolenti case!».120

E a me disse: «Tu, perch’ io m’adiri,
non sbigottir, ch’io vincerò la prova,
qual ch’a la difension dentro s’aggiri.

Questa lor tracotanza non è nova;
ché giï l’usaro a men segreta porta,
la qual sanza serrame ancor si trova.

Sovr’ essa vedestù la scritta morta:
e giï di qua da lei discende l’erta,
passando per li cerchi sanza scorta,

tal che per lui ne fia la terra aperta».130

I say, continuing, that long before
We to the foot of that high tower had come,
Our eyes went upward to the summit of it,

By reason of two flamelets we saw placed there,
And from afar another answer them,
So far, that hardly could the eye attain it.

And, to the sea of all discernment turned,
I said: "What sayeth this, and what respondeth
That other fire? and who are they that made it?"

And he to me: "Across the turbid waves10
What is expected thou canst now discern,
If reek of the morass conceal it not."

Cord never shot an arrow from itself
That sped away athwart the air so swift,
As I beheld a very little boat

Come o'er the water tow'rds us at that moment,
Under the guidance of a single pilot,
Who shouted, "Now art thou arrived, fell soul?"

"Phlegyas, Phlegyas, thou criest out in vain
For this once," said my Lord; "thou shalt not have us20
Longer than in the passing of the slough."

As he who listens to some great deceit
That has been done to him, and then resents it,
Such became Phlegyas, in his gathered wrath.

My Guide descended down into the boat,
And then he made me enter after him,
And only when I entered seemed it laden.

Soon as the Guide and I were in the boat,
The antique prow goes on its way, dividing
More of the water than 'tis wont with others.30

While we were running through the dead canal,
Uprose in front of me one full of mire,
And said, "Who 'rt thou that comest ere the hour?"

And I to him: "Although I come, I stay not;
But who art thou that hast become so squalid?"
"Thou seest that I am one who weeps," he answered.

And I to him: "With weeping and with wailing,
Thou spirit maledict, do thou remain;
For thee I know, though thou art all defiled."

Then stretched he both his hands unto the boat;40
Whereat my wary Master thrust him back,
Saying, "Away there with the other dogs!"

Thereafter with his arms he clasped my neck;
He kissed my face, and said: "Disdainful soul,
Blessed be she who bore thee in her bosom.

That was an arrogant person in the world;
Goodness is none, that decks his memory;
So likewise here his shade is furious.

How many are esteemed great kings up there,
Who here shall be like unto swine in mire,50
Leaving behind them horrible dispraises!"

And I: "My Master, much should I be pleased,
If I could see him soused into this broth,
Before we issue forth out of the lake."

And he to me: "Ere unto thee the shore
Reveal itself, thou shalt be satisfied;
Such a desire 'tis meet thou shouldst enjoy."

A little after that, I saw such havoc
Made of him by the people of the mire,
That still I praise and thank my God for it.60

They all were shouting, "At Philippo Argenti!"
And that exasperate spirit Florentine
Turned round upon himself with his own teeth.

We left him there, and more of him I tell not;
But on mine ears there smote a lamentation,
Whence forward I intent unbar mine eyes.

And the good Master said: "Even now, my Son,
The city draweth near whose name is Dis,
With the grave citizens, with the great throng."

And I: "Its mosques already, Master, clearly70
Within there in the valley I discern
Vermilion, as if issuing from the fire

They were." And he to me: "The fire eternal
That kindles them within makes them look red,
As thou beholdest in this nether Hell."

Then we arrived within the moats profound,
That circumvallate that disconsolate city;
The walls appeared to me to be of iron.

Not without making first a circuit wide,
We came unto a place where loud the pilot80
Cried out to us, "Debark, here is the entrance."

More than a thousand at the gates I saw
Out of the Heavens rained down, who angrily
Were saying, "Who is this that without death

Goes through the kingdom of the people dead?"
And my sagacious Master made a sign
Of wishing secretly to speak with them.

A little then they quelled their great disdain,
And said: "Come thou alone, and he begone
Who has so boldly entered these dominions.90

Let him return alone by his mad road;
Try, if he can; for thou shalt here remain,
Who hast escorted him through such dark regions."

Think, Reader, if I was discomforted
At utterance of the accursed words;
For never to return here I believed.

"O my dear Guide, who more than seven times
Hast rendered me security, and drawn me
From imminent peril that before me stood,

Do not desert me," said I, "thus undone;100
And if the going farther be denied us,
Let us retrace our steps together swiftly."

And that Lord, who had led me thitherward,
Said unto me: "Fear not; because our passage
None can take from us, it by Such is given.

But here await me, and thy weary spirit
Comfort and nourish with a better hope;
For in this nether world I will not leave thee."

So onward goes and there abandons me
My Father sweet, and I remain in doubt,110
For No and Yes within my head contend.

I could not hear what he proposed to them;
But with them there he did not linger long,
Ere each within in rivalry ran back.

They closed the portals, those our adversaries,
On my Lord's breast, who had remained without
And turned to me with footsteps far between.

His eyes cast down, his forehead shorn had he
Of all its boldness, and he said, with sighs,
"Who has denied to me the dolesome houses?"120

And unto me: "Thou, because I am angry,
Fear not, for I will conquer in the trial,
Whatever for defence within be planned.

This arrogance of theirs is nothing new;
For once they used it at less secret gate,
Which finds itself without a fastening still.

O'er it didst thou behold the dead inscription;
And now this side of it descends the steep,
Passing across the circles without escort,

One by whose means the city shall be opened."130
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Quel color che viltà di fuor mi pinse
veggendo il duca mio tornare in volta,
più tosto dentro il suo novo ristrinse.

Attento si fermò com’ uom ch’ascolta;
ché l’occhio nol potea menare a lunga
per l’aere nero e per la nebbia folta.

«Pur a noi converrà vincer la punga»,
cominciò el, «se non . . . Tal ne s’offerse.
Oh quanto tarda a me ch’altri qui giunga!».

I’ vidi ben só com’ ei ricoperse10
lo cominciar con l’altro che poi venne,
che fur parole a le prime diverse;

ma nondimen paura il suo dir dienne,
perch’ io traeva la parola tronca
forse a peggior sentenzia che non tenne.

«In questo fondo de la trista conca
discende mai alcun del primo grado,
che sol per pena ha la speranza cionca?».

Questa question fec’ io; e quei «Di rado
incontra», mi rispuose, «che di noi20
faccia il cammino alcun per qual io vado.

Ver è ch’altra fïata qua giù fui,
congiurato da quella Eritón cruda
che richiamava l’ombre a’ corpi sui.

Di poco era di me la carne nuda,
ch’ella mi fece intrar dentr’ a quel muro,
per trarne un spirto del cerchio di Giuda.

Quell’ è ’l più basso loco e ’l più oscuro,
e ’l più lontan dal ciel che tutto gira:
ben so ’l cammin; però ti fa sicuro.30

Questa palude che ’l gran puzzo spira
cigne dintorno la città dolente,
u’ non potemo intrare omai sanz’ ira».

E altro disse, ma non l’ho a mente;
però che l’occhio m’avea tutto tratto
ver’ l’alta torre a la cima rovente,

dove in un punto furon dritte ratto
tre furïe infernal di sangue tinte,
che membra feminine avieno e atto,

e con idre verdissime eran cinte;40
serpentelli e ceraste avien per crine,
onde le fiere tempie erano avvinte.

E quei, che ben conobbe le meschine
de la regina de l’etterno pianto,
«Guarda», mi disse, «le feroci Erine.

Quest’ è Megera dal sinistro canto;
quella che piange dal destro è Aletto;
Tesifón è nel mezzo»; e tacque a tanto.

Con l’unghie si fendea ciascuna il petto;
battiensi a palme e gridavan só alto,50
ch’i’ mi strinsi al poeta per sospetto.

«Vegna Medusa: sì ’l farem di smalto»,
dicevan tutte riguardando in giuso;
«mal non vengiammo in Tesëo l’assalto».

«Volgiti ’n dietro e tien lo viso chiuso;
ché se ’l Gorgón si mostra e tu ’l vedessi,
nulla sarebbe di tornar mai suso».

Così disse ’l maestro; ed elli stessi
mi volse, e non si tenne a le mie mani,
che con le sue ancor non mi chiudessi.60

O voi ch’avete li ’ntelletti sani,
mirate la dottrina che s’asconde
sotto ’l velame de li versi strani.

E già venìa su per le torbide onde
un fracasso d’un suon, pien di spavento,
per cui tremavano amendue le sponde,

non altrimenti fatto che d’un vento
impetüoso per li avversi ardori,
che fier la selva e sanz’ alcun rattento

li rami schianta, abbatte e porta fori;70
dinanzi polveroso va superbo,
e fa fuggir le fiere e li pastori.

Li occhi mi sciolse e disse: «Or drizza il nerbo
del viso su per quella schiuma antica
per indi ove quel fummo è più acerbo».

Come le rane innanzi a la nimica
biscia per l’acqua si dileguan tutte,
fin ch’a la terra ciascuna s’abbica,

vid’ io più di mille anime distrutte
fuggir così dinanzi ad un ch’al passo80
passava Stige con le piante asciutte.

Dal volto rimovea quell’ aere grasso,
menando la sinistra innanzi spesso;
e sol di quell’ angoscia parea lasso.

Ben m’accorsi ch’elli era da ciel messo,
e volsimi al maestro; e quei fé segno
ch’i’ stessi queto ed inchinassi ad esso.

Ahi quanto mi parea pien di disdegno!
Venne a la porta e con una verghetta
l’aperse, che non v’ebbe alcun ritegno.90

«O cacciati del ciel, gente dispetta»,
cominciò elli in su l’orribil soglia,
«ond’ esta oltracotanza in voi s’alletta?

Perché recalcitrate a quella voglia
a cui non puote il fin mai esser mozzo,
e che più volte v’ha cresciuta doglia?

Che giova ne le fata dar di cozzo?
Cerbero vostro, se ben vi ricorda,
ne porta ancor pelato il mento e ’l gozzo».

Poi si rivolse per la strada lorda,100
e non fé motto a noi, ma fé sembiante
d’omo cui altra cura stringa e morda

che quella di colui che li è davante;
e noi movemmo i piedi inver’ la terra,
sicuri appresso le parole sante.

Dentro li ’ntrammo sanz’ alcuna guerra;
e io, ch’avea di riguardar disio
la condizion che tal fortezza serra,

com’ io fui dentro, l’occhio intorno invio:
e veggio ad ogne man grande campagna,110
piena di duolo e di tormento rio.

Sì come ad Arli, ove Rodano stagna,
sì com’ a Pola, presso del Carnaro
ch’Italia chiude e suoi termini bagna,

fanno i sepulcri tutt’ il loco varo,
così facevan quivi d’ogne parte,
salvo che ’l modo v’era più amaro;

ché tra li avelli fiamme erano sparte,
per le quali eran sì del tutto accesi,
che ferro più non chiede verun’ arte.120

Tutti li lor coperchi eran sospesi,
e fuor n’uscivan sì duri lamenti,
che ben parean di miseri e d’offesi.

E io: «Maestro, quai son quelle genti
che, seppellite dentro da quell’ arche,
si fan sentir coi sospiri dolenti?».

E quelli a me: «Qui son li eresïarche
con lor seguaci, d’ogne setta, e molto
più che non credi son le tombe carche.

Simile qui con simile è sepolto,130
e i monimenti son più e men caldi».
E poi ch’a la man destra si fu vòlto,

passammo tra i martìri e li alti spaldi.

That hue which cowardice brought out on me,
Beholding my Conductor backward turn,
Sooner repressed within him his new colour.

He stopped attentive, like a man who listens,
Because the eye could not conduct him far
Through the black air, and through the heavy fog.

"Still it behoveth us to win the fight,"
Began he; "Else. . .Such offered us herself. . .
O how I long that some one here arrive!"

Well I perceived, as soon as the beginning10
He covered up with what came afterward,
That they were words quite different from the first;

But none the less his saying gave me fear,
Because I carried out the broken phrase,
Perhaps to a worse meaning than he had.

"Into this bottom of the doleful conch
Doth any e'er descend from the first grade,
Which for its pain has only hope cut off?"

This question put I; and he answered me:
"Seldom it comes to pass that one of us20
Maketh the journey upon which I go.

True is it, once before I here below
Was conjured by that pitiless Erictho,
Who summoned back the shades unto their bodies.

Naked of me short while the flesh had been,
Before within that wall she made me enter,
To bring a spirit from the circle of Judas;

That is the lowest region and the darkest,
And farthest from the heaven which circles all.
Well know I the way; therefore be reassured.30

This fen, which a prodigious stench exhales,
Encompasses about the city dolent,
Where now we cannot enter without anger."

And more he said, but not in mind I have it;
Because mine eye had altogether drawn me
Tow'rds the high tower with the red-flaming summit,

Where in a moment saw I swift uprisen
The three infernal Furies stained with blood,
Who had the limbs of women and their mien,

And with the greenest hydras were begirt;40
Small serpents and cerastes were their tresses,
Wherewith their horrid temples were entwined.

And he who well the handmaids of the Queen
Of everlasting lamentation knew,
Said unto me: "Behold the fierce Erinnys.

This is Megaera, on the left-hand side;
She who is weeping on the right, Alecto;
Tisiphone is between;" and then was silent.

Each one her breast was rending with her nails;
They beat them with their palms, and cried so loud,50
That I for dread pressed close unto the Poet.

"Medusa come, so we to stone will change him!"
All shouted looking down; "in evil hour
Avenged we not on Theseus his assault!"

"Turn thyself round, and keep thine eyes close shut,
For if the Gorgon appear, and thou shouldst see it,
No more returning upward would there be."

Thus said the Master; and he turned me round
Himself, and trusted not unto my hands
So far as not to blind me with his own.60

O ye who have undistempered intellects,
Observe the doctrine that conceals itself
Beneath the veil of the mysterious verses!

And now there came across the turbid waves
The clangour of a sound with terror fraught,
Because of which both of the margins trembled;

Not otherwise it was than of a wind
Impetuous on account of adverse heats,
That smites the forest, and, without restraint,

The branches rends, beats down, and bears away;70
Right onward, laden with dust, it goes superb,
And puts to flight the wild beasts and the shepherds.

Mine eyes he loosed, and said: "Direct the nerve
Of vision now along that ancient foam,
There yonder where that smoke is most intense."

Even as the frogs before the hostile serpent
Across the water scatter all abroad,
Until each one is huddled in the earth.

More than a thousand ruined souls I saw,
Thus fleeing from before one who on foot80
Was passing o'er the Styx with soles unwet.

From off his face he fanned that unctuous air,
Waving his left hand oft in front of him,
And only with that anguish seemed he weary.

Well I perceived one sent from Heaven was he,
And to the Master turned; and he made sign
That I should quiet stand, and bow before him.

Ah! how disdainful he appeared to me!
He reached the gate, and with a little rod
He opened it, for there was no resistance.90

"O banished out of Heaven, people despised!"
Thus he began upon the horrid threshold;
"Whence is this arrogance within you couched?

Wherefore recalcitrate against that will,
From which the end can never be cut off,
And which has many times increased your pain?

What helpeth it to butt against the fates?
Your Cerberus, if you remember well,
For that still bears his chin and gullet peeled."

Then he returned along the miry road,100
And spake no word to us, but had the look
Of one whom other care constrains and goads

Than that of him who in his presence is;
And we our feet directed tow'rds the city,
After those holy words all confident.

Within we entered without any contest;
And I, who inclination had to see
What the condition such a fortress holds,

Soon as I was within, cast round mine eye,
And see on every hand an ample plain,110
Full of distress and torment terrible.

Even as at Arles, where stagnant grows the Rhone,
Even as at Pola near to the Quarnaro,
That shuts in Italy and bathes its borders,

The sepulchres make all the place uneven;
So likewise did they there on every side,
Saving that there the manner was more bitter;

For flames between the sepulchres were scattered,
By which they so intensely heated were,
That iron more so asks not any art.120

All of their coverings uplifted were,
And from them issued forth such dire laments,
Sooth seemed they of the wretched and tormented.

And I: "My Master, what are all those people
Who, having sepulture within those tombs,
Make themselves audible by doleful sighs?"

And he to me: "Here are the Heresiarchs,
With their disciples of all sects, and much
More than thou thinkest laden are the tombs.

Here like together with its like is buried;130
And more and less the monuments are heated."
And when he to the right had turned, we passed

Between the torments and high parapets.
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Ora sen va per un secreto calle,
tra ’l muro de la terra e li martùri,
lo mio maestro, e io dopo le spalle.

«O virtù somma, che per li empi giri
mi volvi«, cominciai, «com’ a te piace,
parlami, e sodisfammi a’ miei disiri.

La gente che per li sepolcri giace
potrebbesi veder? già son levati
tutt’ i coperchi, e nessun guardia face«.

E quelli a me: «Tutti saran serrati10
quando di Iosafàt qui torneranno
coi corpi che là sù hanno lasciati.

Suo cimitero da questa parte hanno
con Epicuro tutti suoi seguaci,
che l’anima col corpo morta fanno.

Però a la dimanda che mi faci
quinc’ entro satisfatto sarà tosto,
e al disio ancor che tu mi taci«.

E io: «Buon duca, non tegno riposto
a te mio cuor se non per dicer poco,20
e tu m’hai non pur mo a ciò disposto«.

«O Tosco che per la città del foco
vivo ten vai cosù parlando onesto,
piacciati di restare in questo loco.

La tua loquela ti fa manifesto
di quella nobil patrïa natio,
a la qual forse fui troppo molesto«.

Subitamente questo suono uscùo
d’una de l’arche; però m’accostai,
temendo, un poco più al duca mio.30

Ed el mi disse: «Volgiti! Che fai?
Vedi là Farinata che s’è dritto:
da la cintola in sù tutto ’l vedrai«.

Io avea già il mio viso nel suo fitto;
ed el s’ergea col petto e con la fronte
com’ avesse l’inferno a gran dispitto.

E l’animose man del duca e pronte
mi pinser tra le sepulture a lui,
dicendo: «Le parole tue sien conte«.

Com’ io al piè de la sua tomba fui,40
guardommi un poco, e poi, quasi sdegnoso,
mi dimandò: «Chi fuor li maggior tui?«.

Io ch’era d’ubidir disideroso,
non gliel celai, ma tutto gliel’ apersi;
ond’ ei levò le ciglia un poco in suso;

poi disse: «Fieramente furo avversi
a me e a miei primi e a mia parte,
sù che per due fïate li dispersi«.

«S’ei fur cacciati, ei tornar d’ogne parte«,
rispuos’ io lui, «l’una e l’altra fïata;50
ma i vostri non appreser ben quell’ arte«.

Allor surse a la vista scoperchiata
un’ombra, lungo questa, infino al mento:
credo che s’era in ginocchie levata.

Dintorno mi guardò, come talento
avesse di veder s’altri era meco;
e poi che ’l sospecciar fu tutto spento,

piangendo disse: «Se per questo cieco
carcere vai per altezza d’ingegno,
mio figlio ov’ è? e perché non è teco?«.60

E io a lui: «Da me stesso non vegno:
colui ch’attende là, per qui mi mena
forse cui Guido vostro ebbe a disdegno«.

Le sue parole e ’l modo de la pena
m’avean di costui già letto il nome;
però fu la risposta cosù piena.

Di sùbito drizzato gridò: «Come?
dicesti “elli ebbe“? non viv’ elli ancora?
non fiere li occhi suoi lo dolce lume?«.

Quando s’accorse d’alcuna dimora70
ch’io facëa dinanzi a la risposta,
supin ricadde e più non parve fora.

Ma quell’ altro magnanimo, a cui posta
restato m’era, non mutò aspetto,
né mosse collo, né piegò sua costa;

e sé continüando al primo detto,
«S’elli han quell’ arte«, disse, «male appresa,
ciò mi tormenta più che questo letto.

Ma non cinquanta volte fia raccesa
la faccia de la donna che qui regge,80
che tu saprai quanto quell’ arte pesa.

E se tu mai nel dolce mondo regge,
dimmi: perché quel popolo è sù empio
incontr’ a’ miei in ciascuna sua legge?«.

Ond’ io a lui: «Lo strazio e ’l grande scempio
che fece l’Arbia colorata in rosso,
tal orazion fa far nel nostro tempio«.

Poi ch’ebbe sospirando il capo mosso,
«A ciò non fu’ io sol«, disse, «né certo
sanza cagion con li altri sarei mosso.90

Ma fu’ io solo, là dove sofferto
fu per ciascun di tòrre via Fiorenza,
colui che la difesi a viso aperto«.

«Deh, se riposi mai vostra semenza«,
prega’ io lui, «solvetemi quel nodo
che qui ha ’nviluppata mia sentenza.

El par che voi veggiate, se ben odo,
dinanzi quel che ’l tempo seco adduce,
e nel presente tenete altro modo«.

«Noi veggiam, come quei c’ha mala luce,100
le cose«, disse, «che ne son lontano;
cotanto ancor ne splende il sommo duce.

Quando s’appressano o son, tutto è vano
nostro intelletto; e s’altri non ci apporta,
nulla sapem di vostro stato umano.

Però comprender puoi che tutta morta
fia nostra conoscenza da quel punto
che del futuro fia chiusa la porta«.

Allor, come di mia colpa compunto,
dissi: «Or direte dunque a quel caduto110
che ’l suo nato è co’ vivi ancor congiunto;

e s’i’ fui, dianzi, a la risposta muto,
fate i saper che ’l fei perché pensava
già ne l’error che m’avete soluto«.

E già ’l maestro mio mi richiamava;
per ch’i’ pregai lo spirto più avaccio
che mi dicesse chi con lu’ istava.

Dissemi: «Qui con più di mille giaccio:
qua dentro è ’l secondo Federico
e ’l Cardinale; e de li altri mi taccio«.120

Indi s’ascose; e io inver’ l’antico
poeta volsi i passi, ripensando
a quel parlar che mi parea nemico.

Elli si mosse; e poi, cosù andando,
mi disse: «Perché se’ tu sù smarrito?«.
E io li sodisfeci al suo dimando.

«La mente tua conservi quel ch’udito
hai contra te«, mi comandò quel saggio;
«e ora attendi qui«, e drizzò ’l dito:

«quando sarai dinanzi al dolce raggio130
di quella il cui bell’ occhio tutto vede,
da lei saprai di tua vita il vïaggio«.

Appresso mosse a man sinistra il piede:
lasciammo il muro e gimmo inver’ lo mezzo
per un sentier ch’a una valle fiede,

che ’nfin là sù facea spiacer suo lezzo.

Now onward goes, along a narrow path
Between the torments and the city wall,
My Master, and I follow at his back.

"O power supreme, that through these impious circles
Turnest me," I began, "as pleases thee,
Speak to me, and my longings satisfy;

The people who are lying in these tombs,
Might they be seen? already are uplifted
The covers all, and no one keepeth guard."

And he to me: "They all will be closed up10
When from Jehoshaphat they shall return
Here with the bodies they have left above.

Their cemetery have upon this side
With Epicurus all his followers,
Who with the body mortal make the soul;

But in the question thou dost put to me,
Within here shalt thou soon be satisfied,
And likewise in the wish thou keepest silent."

And I: "Good Leader, I but keep concealed
From thee my heart, that I may speak the less,20
Nor only now hast thou thereto disposed me."

"O Tuscan, thou who through the city of fire
Goest alive, thus speaking modestly,
Be pleased to stay thy footsteps in this place.

Thy mode of speaking makes thee manifest
A native of that noble fatherland,
To which perhaps I too molestful was."

Upon a sudden issued forth this sound
From out one of the tombs; wherefore I pressed,
Fearing, a little nearer to my Leader.30

And unto me he said: "Turn thee; what dost thou?
Behold there Farinata who has risen;
From the waist upwards wholly shalt thou see him."

I had already fixed mine eyes on his,
And he uprose erect with breast and front
E'en as if Hell he had in great despite.

And with courageous hands and prompt my Leader
Thrust me between the sepulchres towards him,
Exclaiming, "Let thy words explicit be."

As soon as I was at the foot of his tomb40
Somewhat he eyed me, and, as if disdainful,
Then asked of me, "Who were thine ancestors?"

I, who desirous of obeying was,
Concealed it not, but all revealed to him;
Whereat he raised his brows a little upward.

Then said he: "Fiercely adverse have they been
To me, and to my fathers, and my party;
So that two several times I scattered them."

"If they were banished, they returned on all sides,"
I answered him, "the first time and the second;50
But yours have not acquired that art aright."

Then there uprose upon the sight, uncovered
Down to the chin, a shadow at his side;
I think that he had risen on his knees.

Round me he gazed, as if solicitude
He had to see if some one else were with me,
But after his suspicion was all spent,

Weeping, he said to me: "If through this blind
Prison thou goest by loftiness of genius,
Where is my son? and why is he not with thee?"60

And I to him: "I come not of myself;
He who is waiting yonder leads me here,
Whom in disdain perhaps your Guido had."

His language and the mode of punishment
Already unto me had read his name;
On that account my answer was so full.

Up starting suddenly, he cried out: "How
Saidst thou,--he had? Is he not still alive?
Does not the sweet light strike upon his eyes?"

When he became aware of some delay,70
Which I before my answer made, supine
He fell again, and forth appeared no more.

But the other, magnanimous, at whose desire
I had remained, did not his aspect change,
Neither his neck he moved, nor bent his side.

"And if," continuing his first discourse,
"They have that art," he said, "not learned aright,
That more tormenteth me, than doth this bed.

But fifty times shall not rekindled be
The countenance of the Lady who reigns here,80
Ere thou shalt know how heavy is that art;

And as thou wouldst to the sweet world return,
Say why that people is so pitiless
Against my race in each one of its laws?"

Whence I to him: "The slaughter and great carnage
Which have with crimson stained the Arbia, cause
Such orisons in our temple to be made."

After his head he with a sigh had shaken,
"There I was not alone," he said, "nor surely
Without a cause had with the others moved.90

But there I was alone, where every one
Consented to the laying waste of Florence,
He who defended her with open face."

"Ah! so hereafter may your seed repose,"
I him entreated, "solve for me that knot,
Which has entangled my conceptions here.

It seems that you can see, if I hear rightly,
Beforehand whatsoe'er time brings with it,
And in the present have another mode."

"We see, like those who have imperfect sight,100
The things," he said, "that distant are from us;
So much still shines on us the Sovereign Ruler.

When they draw near, or are, is wholly vain
Our intellect, and if none brings it to us,
Not anything know we of your human state.

Hence thou canst understand, that wholly dead
Will be our knowledge from the moment when
The portal of the future shall be closed."

Then I, as if compunctious for my fault,
Said: "Now, then, you will tell that fallen one,110
That still his son is with the living joined.

And if just now, in answering, I was dumb,
Tell him I did it because I was thinking
Already of the error you have solved me."

And now my Master was recalling me,
Wherefore more eagerly I prayed the spirit
That he would tell me who was with him there.

He said: "With more than a thousand here I lie;
Within here is the second Frederick,
And the Cardinal, and of the rest I speak not."120

Thereon he hid himself; and I towards
The ancient poet turned my steps, reflecting
Upon that saying, which seemed hostile to me.

He moved along; and afterward thus going,
He said to me, "Why art thou so bewildered?"
And I in his inquiry satisfied him.

"Let memory preserve what thou hast heard
Against thyself," that Sage commanded me,
"And now attend here;" and he raised his finger.

"When thou shalt be before the radiance sweet130
Of her whose beauteous eyes all things behold,
From her thou'lt know the journey of thy life."

Unto the left hand then he turned his feet;
We left the wall, and went towards the middle,
Along a path that strikes into a valley,

Which even up there unpleasant made its stench.
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In su l’estremità d’un’alta ripa
che facevan gran pietre rotte in cerchio,
venimmo sopra più crudele stipa;

e quivi, per l’orribile soperchio
del puzzo che ’l profondo abisso gitta,
ci raccostammo, in dietro, ad un coperchio

d’un grand’ avello, ov’ io vidi una scritta
che dicea: ‘Anastasio papa guardo,
lo qual trasse Fotin de la via dritta’.

«Lo nostro scender conviene esser tardo,10
sì che s’ausi un poco in prima il senso
al tristo fiato; e poi no i fia riguardo».

Così ’l maestro; e io «Alcun compenso»,
dissi lui, «trova che ’l tempo non passi
perduto». Ed elli: «Vedi ch’a ciò penso».

«Figliuol mio, dentro da cotesti sassi»,
cominciò poi a dir, «son tre cerchietti
di grado in grado, come que’ che lassi.

Tutti son pien di spirti maladetti;
ma perché poi ti basti pur la vista,20
intendi come e perché son costretti.

D’ogne malizia, ch’odio in cielo acquista,
ingiuria è ’l fine, ed ogne fin cotale
o con forza o con frode altrui contrista.

Ma perché frode è de l’uom proprio male,
più spiace a Dio; e però stan di sotto
li frodolenti, e più dolor li assale.

Di vïolenti il primo cerchio è tutto;
ma perché si fa forza a tre persone,
in tre gironi è distinto e costrutto.30

A Dio, a sé, al prossimo si pòne
far forza, dico in loro e in lor cose,
come udirai con aperta ragione.

Morte per forza e ferute dogliose
nel prossimo si danno, e nel suo avere
ruine, incendi e tollette dannose;

onde omicide e ciascun che mal fiere,
guastatori e predon, tutti tormenta
lo giron primo per diverse schiere.

Puote omo avere in sé man vïolenta40
e ne’ suoi beni; e però nel secondo
giron convien che sanza pro si penta

qualunque priva sé del vostro mondo,
biscazza e fonde la sua facultade,
e piange là dov’ esser de’ giocondo.

Puossi far forza ne la deïtade,
col cor negando e bestemmiando quella,
e spregiando natura e sua bontade;

e però lo minor giron suggella
del segno suo e Soddoma e Caorsa50
e chi, spregiando Dio col cor, favella.

La frode, ond’ ogne coscïenza è morsa,
può l’omo usare in colui che ’n lui fida
e in quel che fidanza non imborsa.

Questo modo di retro par ch’incida
pur lo vinco d’amor che fa natura;
onde nel cerchio secondo s’annida

ipocresia, lusinghe e chi affattura,
falsità, ladroneccio e simonia,
ruffian, baratti e simile lordura.60

Per l’altro modo quell’ amor s’oblia
che fa natura, e quel ch’è poi aggiunto,
di che la fede spezïal si cria;

onde nel cerchio minore, ov’ è ’l punto
de l’universo in su che Dite siede,
qualunque trade in etterno è consunto».

E io: «Maestro, assai chiara procede
la tua ragione, e assai ben distingue
questo baràtro e ’l popol ch’e’ possiede.

Ma dimmi: quei de la palude pingue,70
che mena il vento, e che batte la pioggia,
e che s’incontran con sì aspre lingue,

perché non dentro da la città roggia
sono ei puniti, se Dio li ha in ira?
e se non li ha, perché sono a tal foggia?».

Ed elli a me «Perché tanto delira»,
disse, «lo ’ngegno tuo da quel che sòle?
o ver la mente dove altrove mira?

Non ti rimembra di quelle parole
con le quai la tua Etica pertratta80
le tre disposizion che ’l ciel non vole,

incontenenza, malizia e la matta
bestialitade? e come incontenenza
men Dio offende e men biasimo accatta?

Se tu riguardi ben questa sentenza,
e rechiti a la mente chi son quelli
che sù di fuor sostegnon penitenza,

tu vedrai ben perché da questi felli
sien dipartiti, e perché men crucciata
la divina vendetta li martelli».90

«O sol che sani ogne vista turbata,
tu mi contenti sì quando tu solvi,
che, non men che saver, dubbiar m’aggrata.

Ancora in dietro un poco ti rivolvi»,
diss’ io, «là dove di’ ch’usura offende
la divina bontade, e ’l groppo solvi».

«Filosofia», mi disse, «a chi la ’ntende,
nota, non pure in una sola parte,
come natura lo suo corso prende

dal divino ’ntelletto e da sua arte;100
e se tu ben la tua Fisica note,
tu troverai, non dopo molte carte,

che l’arte vostra quella, quanto pote,
segue, come ’l maestro fa ’l discente;
sì che vostr’ arte a Dio quasi è nepote.

Da queste due, se tu ti rechi a mente
lo Genesì dal principio, convene
prender sua vita e avanzar la gente;

e perché l’usuriere altra via tene,
per sé natura e per la sua seguace110
dispregia, poi ch’in altro pon la spene.

Ma seguimi oramai che ’l gir mi piace;
ché i Pesci guizzan su per l’orizzonta,
e ’l Carro tutto sovra ’l Coro giace,

e ’l balzo via là oltra si dismonta».

Upon the margin of a lofty bank
Which great rocks broken in a circle made,
We came upon a still more cruel throng;

And there, by reason of the horrible
Excess of stench the deep abyss throws out,
We drew ourselves aside behind the cover

Of a great tomb, whereon I saw a writing,
Which said: "Pope Anastasius I hold,
Whom out of the right way Photinus drew."

"Slow it behoveth our descent to be,10
So that the sense be first a little used
To the sad blast, and then we shall not heed it."

The Master thus; and unto him I said,
"Some compensation find, that the time pass not
Idly;" and he: "Thou seest I think of that.

My son, upon the inside of these rocks,"
Began he then to say, "are three small circles,
From grade to grade, like those which thou art leaving.

They all are full of spirits maledict;
But that hereafter sight alone suffice thee,20
Hear how and wherefore they are in constraint.

Of every malice that wins hate in Heaven,
Injury is the end; and all such end
Either by force or fraud afflicteth others.

But because fraud is man's peculiar vice,
More it displeases God; and so stand lowest
The fraudulent, and greater dole assails them.

All the first circle of the Violent is;
But since force may be used against three persons,
In three rounds 'tis divided and constructed.30

To God, to ourselves, and to our neighbour can we
Use force; I say on them and on their things,
As thou shalt hear with reason manifest.

A death by violence, and painful wounds,
Are to our neighbour given; and in his substance
Ruin, and arson, and injurious levies;

Whence homicides, and he who smites unjustly,
Marauders, and freebooters, the first round
Tormenteth all in companies diverse.

Man may lay violent hands upon himself40
And his own goods; and therefore in the second
Round must perforce without avail repent

Whoever of your world deprives himself,
Who games, and dissipates his property,
And weepeth there, where he should jocund be.

Violence can be done the Deity,
In heart denying and blaspheming Him,
And by disdaining Nature and her bounty.

And for this reason doth the smallest round
Seal with its signet Sodom and Cahors,50
And who, disdaining God, speaks from the heart.

Fraud, wherewithal is every conscience stung,
A man may practise upon him who trusts,
And him who doth no confidence imburse.

This latter mode, it would appear, dissevers
Only the bond of love which Nature makes;
Wherefore within the second circle nestle

Hypocrisy, flattery, and who deals in magic,
Falsification, theft, and simony,
Panders, and barrators, and the like filth.60

By the other mode, forgotten is that love
Which Nature makes, and what is after added,
From which there is a special faith engendered.

Hence in the smallest circle, where the point is
Of the Universe, upon which Dis is seated,
Whoe'er betrays for ever is consumed."

And I: "My Master, clear enough proceeds
Thy reasoning, and full well distinguishes
This cavern and the people who possess it.

But tell me, those within the fat lagoon,70
Whom the wind drives, and whom the rain doth beat,
And who encounter with such bitter tongues,

Wherefore are they inside of the red city
Not punished, if God has them in his wrath,
And if he has not, wherefore in such fashion?"

And unto me he said: "Why wanders so
Thine intellect from that which it is wont?
Or, sooth, thy mind where is it elsewhere looking?

Hast thou no recollection of those words
With which thine Ethics thoroughly discusses80
The dispositions three, that Heaven abides not,--

Incontinence, and Malice, and insane
Bestiality? and how Incontinence
Less God offendeth, and less blame attracts?

If thou regardest this conclusion well,
And to thy mind recallest who they are
That up outside are undergoing penance,

Clearly wilt thou perceive why from these felons
They separated are, and why less wroth
Justice divine doth smite them with its hammer."90

"O Sun, that healest all distempered vision,
Thou dost content me so, when thou resolvest,
That doubting pleases me no less than knowing!

Once more a little backward turn thee," said I,
"There where thou sayest that usury offends
Goodness divine, and disengage the knot."

"Philosophy," he said, "to him who heeds it,
Noteth, not only in one place alone,
After what manner Nature takes her course

From Intellect Divine, and from its art;100
And if thy Physics carefully thou notest,
After not many pages shalt thou find,

That this your art as far as possible
Follows, as the disciple doth the master;
So that your art is, as it were, God's grandchild.

From these two, if thou bringest to thy mind
Genesis at the beginning, it behoves
Mankind to gain their life and to advance;

And since the usurer takes another way,
Nature herself and in her follower110
Disdains he, for elsewhere he puts his hope.

But follow, now, as I would fain go on,
For quivering are the Fishes on the horizon,
And the Wain wholly over Caurus lies,

And far beyond there we descend the crag."
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Era lo loco ov’ a scender la riva
venimmo, alpestro e, per quel che v’er’ anco,
tal, ch’ogne vista ne sarebbe schiva.

Qual è quella ruina che nel fianco
di qua da Trento l’Adice percosse,
o per tremoto o per sostegno manco,

che da cima del monte, onde si mosse,
al piano è sì la roccia discoscesa,
ch’alcuna via darebbe a chi sù fosse:

cotal di quel burrato era la scesa;10
e ’n su la punta de la rotta lacca
l’infamïa di Creti era distesa

che fu concetta ne la falsa vacca;
e quando vide noi, sé stesso morse,
sì come quei cui l’ira dentro fiacca.

Lo savio mio inver’ lui gridò: «Forse
tu credi che qui sia ’l duca d’Atene,
che sù nel mondo la morte ti porse?

Pàrtiti, bestia, ché questi non vene
ammaestrato da la tua sorella,20
ma vassi per veder le vostre pene».

Qual è quel toro che si slaccia in quella
c’ha ricevuto già ’l colpo mortale,
che gir non sa, ma qua e là saltella,

vid’ io lo Minotauro far cotale;
e quello accorto gridò: «Corri al varco;
mentre ch’e’ ’nfuria, è buon che tu ti cale».

Così prendemmo via giù per lo scarco
di quelle pietre, che spesso moviensi
sotto i miei piedi per lo novo carco.30

Io gia pensando; e quei disse: «Tu pensi
forse a questa ruina, ch’è guardata
da quell’ ira bestial ch’i’ ora spensi.

Or vo’ che sappi che l’altra fïata
ch’i’ discesi qua giù nel basso inferno,
questa roccia non era ancor cascata.

Ma certo poco pria, se ben discerno,
che venisse colui che la gran preda
levò a Dite del cerchio superno,

da tutte parti l’alta valle feda40
tremò sì, ch’i’ pensai che l’universo
sentisse amor, per lo qual è chi creda

più volte il mondo in caòsso converso;
e in quel punto questa vecchia roccia,
qui e altrove, tal fece riverso.

Ma ficca li occhi a valle, ché s’approccia
la riviera del sangue in la qual bolle
qual che per vïolenza in altrui noccia».

Oh cieca cupidigia e ira folle,
che sì ci sproni ne la vita corta,50
e ne l’etterna poi sì mal c’immolle!

Io vidi un’ampia fossa in arco torta,
come quella che tutto ’l piano abbraccia,
secondo ch’avea detto la mia scorta;

e tra ’l piè de la ripa ed essa, in traccia
corrien centauri, armati di saette,
come solien nel mondo andare a caccia.

Veggendoci calar, ciascun ristette,
e de la schiera tre si dipartiro
con archi e asticciuole prima elette;60

e l’un gridò da lungi: «A qual martiro
venite voi che scendete la costa?
Ditel costinci; se non, l’arco tiro».

Lo mio maestro disse: «La risposta
farem noi a Chirón costà di presso:
mal fu la voglia tua sempre sì tosta».

Poi mi tentò, e disse: «Quelli è Nesso,
che morì per la bella Deianira,
e fé di sé la vendetta elli stesso.

E quel di mezzo, ch’al petto si mira,70
è il gran Chirón, il qual nodrì Achille;
quell’ altro è Folo, che fu sì pien d’ira.

Dintorno al fosso vanno a mille a mille,
saettando qual anima si svelle
del sangue più che sua colpa sortille».

Noi ci appressammo a quelle fiere isnelle:
Chirón prese uno strale, e con la cocca
fece la barba in dietro a le mascelle.

Quando s’ebbe scoperta la gran bocca,
disse a’ compagni: «Siete voi accorti80
che quel di retro move ciò ch’el tocca?

Così non soglion far li piè d’i morti».
E ’l mio buon duca, che già li er’ al petto,
dove le due nature son consorti,

rispuose: «Ben è vivo, e sì soletto
mostrar li mi convien la valle buia;
necessità ’l ci ’nduce, e non diletto.

Tal si partì da cantare alleluia
che mi commise quest’ officio novo:
non è ladron, né io anima fuia.90

Ma per quella virtù per cu’ io movo
li passi miei per sì selvaggia strada,
danne un de’ tuoi, a cui noi siamo a provo,

e che ne mostri là dove si guada,
e che porti costui in su la groppa,
ché non è spirto che per l’aere vada».

Chirón si volse in su la destra poppa,
e disse a Nesso: «Torna, e sì li guida,
e fa cansar s’altra schiera v’intoppa».

Or ci movemmo con la scorta fida100
lungo la proda del bollor vermiglio,
dove i bolliti facieno alte strida.

Io vidi gente sotto infino al ciglio;
e ’l gran centauro disse: «E’ son tiranni
che dier nel sangue e ne l’aver di piglio.

Quivi si piangon li spietati danni;
quivi è Alessandro, e Dïonisio fero
che fé Cicilia aver dolorosi anni.

E quella fronte c’ha ’l pel così nero,
è Azzolino; e quell’ altro ch’è biondo,110
è Opizzo da Esti, il qual per vero

fu spento dal figliastro sù nel mondo».
Allor mi volsi al poeta, e quei disse:
«Questi ti sia or primo, e io secondo».

Poco più oltre il centauro s’affisse
sovr’ una gente che ’nfino a la gola
parea che di quel bulicame uscisse.

Mostrocci un’ombra da l’un canto sola,
dicendo: «Colui fesse in grembo a Dio
lo cor che ’n su Tamisi ancor si cola».120

Poi vidi gente che di fuor del rio
tenean la testa e ancor tutto ’l casso;
e di costoro assai riconobb’ io.

Così a più a più si facea basso
quel sangue, sì che cocea pur li piedi;
e quindi fu del fosso il nostro passo.

«Sì come tu da questa parte vedi
lo bulicame che sempre si scema»,
disse ’l centauro, «voglio che tu credi

che da quest’ altra a più a più giù prema130
lo fondo suo, infin ch’el si raggiunge
ove la tirannia convien che gema.

La divina giustizia di qua punge
quell’ Attila che fu flagello in terra,
e Pirro e Sesto; e in etterno munge

le lagrime, che col bollor diserra,
a Rinier da Corneto, a Rinier Pazzo,
che fecero a le strade tanta guerra».

Poi si rivolse e ripassossi ’l guazzo.

The place where to descend the bank we came
Was alpine, and from what was there, moreover,
Of such a kind that every eye would shun it.

Such as that ruin is which in the flank
Smote, on this side of Trent, the Adige,
Either by earthquake or by failing stay,

For from the mountain's top, from which it moved,
Unto the plain the cliff is shattered so,
Some path 'twould give to him who was above;

Even such was the descent of that ravine,10
And on the border of the broken chasm
The infamy of Crete was stretched along,

Who was conceived in the fictitious cow;
And when he us beheld, he bit himself,
Even as one whom anger racks within.

My Sage towards him shouted: "Peradventure
Thou think'st that here may be the Duke of Athens,
Who in the world above brought death to thee?

Get thee gone, beast, for this one cometh not
Instructed by thy sister, but he comes20
In order to behold your punishments."

As is that bull who breaks loose at the moment
In which he has received the mortal blow,
Who cannot walk, but staggers here and there,

The Minotaur beheld I do the like;
And he, the wary, cried: "Run to the passage;
While he wroth, 'tis well thou shouldst descend."

Thus down we took our way o'er that discharge
Of stones, which oftentimes did move themselves
Beneath my feet, from the unwonted burden.30

Thoughtful I went; and he said: "Thou art thinking
Perhaps upon this ruin, which is guarded
By that brute anger which just now I quenched.

Now will I have thee know, the other time
I here descended to the nether Hell,
This precipice had not yet fallen down.

But truly, if I well discern, a little
Before His coming who the mighty spoil
Bore off from Dis, in the supernal circle,

Upon all sides the deep and loathsome valley40
Trembled so, that I thought the Universe
Was thrilled with love, by which there are who think

The world ofttimes converted into chaos;
And at that moment this primeval crag
Both here and elsewhere made such overthrow.

But fix thine eyes below; for draweth near
The river of blood, within which boiling is
Whoe'er by violence doth injure others."

O blind cupidity, O wrath insane,
That spurs us onward so in our short life,50
And in the eternal then so badly steeps us!

I saw an ample moat bent like a bow,
As one which all the plain encompasses,
Conformable to what my Guide had said.

And between this and the embankment's foot
Centaurs in file were running, armed with arrows,
As in the world they used the chase to follow.

Beholding us descend, each one stood still,
And from the squadron three detached themselves,
With bows and arrows in advance selected;60

And from afar one cried: "Unto what torment
Come ye, who down the hillside are descending?
Tell us from there; if not, I draw the bow."

My Master said: "Our answer will we make
To Chiron, near you there; in evil hour,
That will of thine was evermore so hasty."

Then touched he me, and said: "This one is Nessus,
Who perished for the lovely Dejanira,
And for himself, himself did vengeance take.

And he in the midst, who at his breast is gazing,70
Is the great Chiron, who brought up Achilles;
That other Pholus is, who was so wrathful.

Thousands and thousands go about the moat
Shooting with shafts whatever soul emerges
Out of the blood, more than his crime allots."

Near we approached unto those monsters fleet;
Chiron an arrow took, and with the notch
Backward upon his jaws he put his beard.

After he had uncovered his great mouth,
He said to his companions: "Are you ware80
That he behind moveth whate'er he touches?

Thus are not wont to do the feet of dead men."
And my good Guide, who now was at his breast,
Where the two natures are together joined,

Replied: "Indeed he lives, and thus alone
Me it behoves to show him the dark valley;
Necessity, and not delight, impels us.

Some one withdrew from singing Halleluja,
Who unto me committed this new office;
No thief is he, nor I a thievish spirit.90

But by that virtue through which I am moving
My steps along this savage thoroughfare,
Give us some one of thine, to be with us,

And who may show us where to pass the ford,
And who may carry this one on his back;
For 'tis no spirit that can walk the air."

Upon his right breast Chiron wheeled about,
And said to Nessus: "Turn and do thou guide them,
And warn aside, if other band may meet you."

We with our faithful escort onward moved100
Along the brink of the vermilion boiling,
Wherein the boiled were uttering loud laments.

People I saw within up to the eyebrows,
And the great Centaur said: "Tyrants are these,
Who dealt in bloodshed and in pillaging.

Here they lament their pitiless mischiefs; here
Is Alexander, and fierce Dionysius
Who upon Sicily brought dolorous years.

That forehead there which has the hair so black
Is Azzolin; and the other who is blond,110
Obizzo is of Esti, who, in truth,

Up in the world was by his stepson slain."
Then turned I to the Poet; and he said,
"Now he be first to thee, and second I."

A little farther on the Centaur stopped
Above a folk, who far down as the throat
Seemed from that boiling stream to issue forth.

A shade he showed us on one side alone,
Saying: "He cleft asunder in God's bosom
The heart that still upon the Thames is honoured."120

Then people saw I, who from out the river
Lifted their heads and also all the chest;
And many among these I recognised.

Thus ever more and more grew shallower
That blood, so that the feet alone it covered;
And there across the moat our passage was.

"Even as thou here upon this side beholdest
The boiling stream, that aye diminishes,"
The Centaur said, "I wish thee to believe

That on this other more and more declines130
Its bed, until it reunites itself
Where it behoveth tyranny to groan.

Justice divine, upon this side, is goading
That Attila, who was a scourge on earth,
And Pyrrhus, and Sextus; and for ever milks

The tears which with the boiling it unseals
In Rinier da Corneto and Rinier Pazzo,
Who made upon the highways so much war."

Then back he turned, and passed again the ford.
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Non era ancor di là Nesso arrivato,
quando noi ci mettemmo per un bosco
che da neun sentiero era segnato.

Non fronda verde, ma di color fosco;
non rami schietti, ma nodosi e ’nvolti;
non pomi v’eran, ma stecchi con tòsco.

Non han sì aspri sterpi né sì folti
quelle fiere selvagge che ’n odio hanno
tra Cecina e Corneto i luoghi cólti.

Quivi le brutte Arpie lor nidi fanno,10
che cacciar de le Strofade i Troiani
con tristo annunzio di futuro danno.

Ali hanno late, e colli e visi umani,
piè con artigli, e pennuto ’l gran ventre;
fanno lamenti in su li alberi strani.

E ’l buon maestro «Prima che più entre,
sappi che se’ nel secondo girone»,
mi cominciò a dire, «e sarai mentre

che tu verrai ne l’orribil sabbione.
Però riguarda ben; sì vederai20
cose che torrien fede al mio sermone».

Io sentia d’ogne parte trarre guai
e non vedea persona che ’l facesse;
per ch’io tutto smarrito m’arrestai.

Cred’ ïo ch’ei credette ch’io credesse
che tante voci uscisser, tra quei bronchi,
da gente che per noi si nascondesse.

Però disse ’l maestro: «Se tu tronchi
qualche fraschetta d’una d’este piante,
li pensier c’hai si faran tutti monchi».30

Allor porsi la mano un poco avante
e colsi un ramicel da un gran pruno;
e ’l tronco suo gridò: «Perché mi schiante?».

Da che fatto fu poi di sangue bruno,
ricominciò a dir: «Perché mi scerpi?
non hai tu spirto di pietade alcuno?

Uomini fummo, e or siam fatti sterpi:
ben dovrebb’ esser la tua man più pia,
se state fossimo anime di serpi».

Come d’un stizzo verde ch’arso sia40
da l’un de’ capi, che da l’altro geme
e cigola per vento che va via,

sì de la scheggia rotta usciva insieme
parole e sangue; ond’ io lasciai la cima
cadere, e stetti come l’uom che teme.

«S’elli avesse potuto creder prima»,
rispuose ’l savio mio, «anima lesa,
ciò c’ha veduto pur con la mia rima,

non averebbe in te la man distesa;
ma la cosa incredibile mi fece50
indurlo ad ovra ch’a me stesso pesa.

Ma dilli chi tu fosti, sì che ’n vece
d’alcun’ ammenda tua fama rinfreschi
nel mondo sù, dove tornar li lece».

E ’l tronco: «Sì col dolce dir m’adeschi,
ch’i’ non posso tacere; e voi non gravi
perch’ ïo un poco a ragionar m’inveschi.

Io son colui che tenni ambo le chiavi
del cor di Federigo, e che le volsi,
serrando e diserrando, sì soavi,60

che dal secreto suo quasi ogn’ uom tolsi;
fede portai al glorïoso offizio,
tanto ch’i’ ne perde’ li sonni e ’ polsi.

La meretrice che mai da l’ospizio
di Cesare non torse li occhi putti,
morte comune e de le corti vizio,

infiammò contra me li animi tutti;
e li ’nfiammati infiammar sì Augusto,
che ’ lieti onor tornaro in tristi lutti.

L’animo mio, per disdegnoso gusto,70
credendo col morir fuggir disdegno,
ingiusto fece me contra me giusto.

Per le nove radici d’esto legno
vi giuro che già mai non ruppi fede
al mio segnor, che fu d’onor sì degno.

E se di voi alcun nel mondo riede,
conforti la memoria mia, che giace
ancor del colpo che ’nvidia le diede».

Un poco attese, e poi «Da ch’el si tace»,
disse ’l poeta a me, «non perder l’ora;80
ma parla, e chiedi a lui, se più ti piace».

Ond’ ïo a lui: «Domandal tu ancora
di quel che credi ch’a me satisfaccia;
ch’i’ non potrei, tanta pietà m’accora».

Perciò ricominciò: «Se l’om ti faccia
liberamente ciò che ’l tuo dir priega,
spirito incarcerato, ancor ti piaccia

di dirne come l’anima si lega
in questi nocchi; e dinne, se tu puoi,
s’alcuna mai di tai membra si spiega».90

Allor soffiò il tronco forte, e poi
si convertì quel vento in cotal voce:
«Brievemente sarà risposto a voi.

Quando si parte l’anima feroce
dal corpo ond’ ella stessa s’è disvelta,
Minòs la manda a la settima foce.

Cade in la selva, e non l’è parte scelta;
ma là dove fortuna la balestra,
quivi germoglia come gran di spelta.

Surge in vermena e in pianta silvestra:100
l’Arpie, pascendo poi de le sue foglie,
fanno dolore, e al dolor fenestra.

Come l’altre verrem per nostre spoglie,
ma non però ch’alcuna sen rivesta,
ché non è giusto aver ciò ch’om si toglie.

Qui le strascineremo, e per la mesta
selva saranno i nostri corpi appesi,
ciascuno al prun de l’ombra sua molesta».

Noi eravamo ancora al tronco attesi,
credendo ch’altro ne volesse dire,110
quando noi fummo d’un romor sorpresi,

similemente a colui che venire
sente ’l porco e la caccia a la sua posta,
ch’ode le bestie, e le frasche stormire.

Ed ecco due da la sinistra costa,
nudi e graffiati, fuggendo sì forte,
che de la selva rompieno ogne rosta.

Quel dinanzi: «Or accorri, accorri, morte!».
E l’altro, cui pareva tardar troppo,
gridava: «Lano, sì non furo accorte120

le gambe tue a le giostre dal Toppo!».
E poi che forse li fallia la lena,
di sé e d’un cespuglio fece un groppo.

Di rietro a loro era la selva piena
di nere cagne, bramose e correnti
come veltri ch’uscisser di catena.

In quel che s’appiattò miser li denti,
e quel dilaceraro a brano a brano;
poi sen portar quelle membra dolenti.

Presemi allor la mia scorta per mano,130
e menommi al cespuglio che piangea
per le rotture sanguinenti in vano.

«O Iacopo», dicea, «da Santo Andrea,
che t’è giovato di me fare schermo?
che colpa ho io de la tua vita rea?».

Quando ’l maestro fu sovr’ esso fermo,
disse: «Chi fosti, che per tante punte
soffi con sangue doloroso sermo?».

Ed elli a noi: «O anime che giunte
siete a veder lo strazio disonesto140
c’ha le mie fronde sì da me disgiunte,

raccoglietele al piè del tristo cesto.
I’ fui de la città che nel Batista
mutò ’l primo padrone; ond’ ei per questo

sempre con l’arte sua la farà trista;
e se non fosse che ’n sul passo d’Arno
rimane ancor di lui alcuna vista,

que’ cittadin che poi la rifondarno
sovra ’l cener che d’Attila rimase,
avrebber fatto lavorare indarno.150

Io fei gibetto a me de le mie case».

Not yet had Nessus reached the other side,
When we had put ourselves within a wood,
That was not marked by any path whatever.

Not foliage green, but of a dusky colour,
Not branches smooth, but gnarled and intertangled,
Not apple-trees were there, but thorns with poison.

Such tangled thickets have not, nor so dense,
Those savage wild beasts, that in hatred hold
'Twixt Cecina and Corneto the tilled places.

There do the hideous Harpies make their nests,10
Who chased the Trojans from the Strophades,
With sad announcement of impending doom;

Broad wings have they, and necks and faces human,
And feet with claws, and their great bellies fledged;
They make laments upon the wondrous trees.

And the good Master: "Ere thou enter farther,
Know that thou art within the second round,"
Thus he began to say, "and shalt be, till

Thou comest out upon the horrible sand;
Therefore look well around, and thou shalt see20
Things that will credence give unto my speech."

I heard on all sides lamentations uttered,
And person none beheld I who might make them,
Whence, utterly bewildered, I stood still.

I think he thought that I perhaps might think
So many voices issued through those trunks
From people who concealed themselves from us;

Therefore the Master said: "If thou break off
Some little spray from any of these trees,
The thoughts thou hast will wholly be made vain."30

Then stretched I forth my hand a little forward,
And plucked a branchlet off from a great thorn;
And the trunk cried, "Why dost thou mangle me?"

After it had become embrowned with blood,
It recommenced its cry: "Why dost thou rend me?
Hast thou no spirit of pity whatsoever?

Men once we were, and now are changed to trees;
Indeed, thy hand should be more pitiful,
Even if the souls of serpents we had been."

As out of a green brand, that is on fire40
At one of the ends, and from the other drips
And hisses with the wind that is escaping;

So from that splinter issued forth together
Both words and blood; whereat I let the tip
Fall, and stood like a man who is afraid.

"Had he been able sooner to believe,"
My Sage made answer, "O thou wounded soul,
What only in my verses he has seen,

Not upon thee had he stretched forth his hand;
Whereas the thing incredible has caused me50
To put him to an act which grieveth me.

But tell him who thou wast, so that by way
Of some amends thy fame he may refresh
Up in the world, to which he can return."

And the trunk said: "So thy sweet words allure me,
I cannot silent be; and you be vexed not,
That I a little to discourse am tempted.

I am the one who both keys had in keeping
Of Frederick's heart, and turned them to and fro
So softly in unlocking and in locking,60

That from his secrets most men I withheld;
Fidelity I bore the glorious office
So great, I lost thereby my sleep and pulses.

The courtesan who never from the dwelling
Of Caesar turned aside her strumpet eyes,
Death universal and the vice of courts,

Inflamed against me all the other minds,
And they, inflamed, did so inflame Augustus,
That my glad honours turned to dismal mournings.

My spirit, in disdainful exultation,70
Thinking by dying to escape disdain,
Made me unjust against myself, the just.

I, by the roots unwonted of this wood,
Do swear to you that never broke I faith
Unto my lord, who was so worthy of honour;

And to the world if one of you return,
Let him my memory comfort, which is lying
Still prostrate from the blow that envy dealt it."

Waited awhile, and then: "Since he is silent,"
The Poet said to me, "lose not the time,80
But speak, and question him, if more may please thee."

Whence I to him: "Do thou again inquire
Concerning what thou thinks't will satisfy me;
For I cannot, such pity is in my heart."

Therefore he recommenced: "So may the man
Do for thee freely what thy speech implores,
Spirit incarcerate, again be pleased

To tell us in what way the soul is bound
Within these knots; and tell us, if thou canst,
If any from such members e'er is freed."90

Then blew the trunk amain, and afterward
The wind was into such a voice converted:
"With brevity shall be replied to you.

When the exasperated soul abandons
The body whence it rent itself away,
Minos consigns it to the seventh abyss.

It falls into the forest, and no part
Is chosen for it; but where Fortune hurls it,
There like a grain of spelt it germinates.

It springs a sapling, and a forest tree;100
The Harpies, feeding then upon its leaves,
Do pain create, and for the pain an outlet.

Like others for our spoils shall we return;
But not that any one may them revest,
For 'tis not just to have what one casts off.

Here we shall drag them, and along the dismal
Forest our bodies shall suspended be,
Each to the thorn of his molested shade."

We were attentive still unto the trunk,
Thinking that more it yet might wish to tell us,110
When by a tumult we were overtaken,

In the same way as he is who perceives
The boar and chase approaching to his stand,
Who hears the crashing of the beasts and branches;

And two behold! upon our left-hand side,
Naked and scratched, fleeing so furiously,
That of the forest, every fan they broke.

He who was in advance: "Now help, Death, help!"
And the other one, who seemed to lag too much,
Was shouting: "Lano, were not so alert120

Those legs of thine at joustings of the Toppo!"
And then, perchance because his breath was failing,
He grouped himself together with a bush.

Behind them was the forest full of black
She-mastiffs, ravenous, and swift of foot
As greyhounds, who are issuing from the chain.

On him who had crouched down they set their teeth,
And him they lacerated piece by piece,
Thereafter bore away those aching members.

Thereat my Escort took me by the hand,130
And led me to the bush, that all in vain
Was weeping from its bloody lacerations.

"O Jacopo," it said, "of Sant' Andrea,
What helped it thee of me to make a screen?
What blame have I in thy nefarious life?"

When near him had the Master stayed his steps,
He said: "Who wast thou, that through wounds so many
Art blowing out with blood thy dolorous speech?"

And he to us: "O souls, that hither come
To look upon the shameful massacre140
That has so rent away from me my leaves,

Gather them up beneath the dismal bush;
I of that city was which to the Baptist
Changed its first patron, wherefore he for this

Forever with his art will make it sad.
And were it not that on the pass of Arno
Some glimpses of him are remaining still,

Those citizens, who afterwards rebuilt it
Upon the ashes left by Attila,
In vain had caused their labour to be done.150

Of my own house I made myself a gibbet."
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Poi che la carità del natio loco
mi strinse, raunai le fronde sparte
e rende’le a colui, ch’era già fioco.

Indi venimmo al fine ove si parte
lo secondo giron dal terzo, e dove
si vede di giustizia orribil arte.

A ben manifestar le cose nove,
dico che arrivammo ad una landa
che dal suo letto ogne pianta rimove.

La dolorosa selva l’è ghirlanda10
intorno, come ’l fosso tristo ad essa;
quivi fermammo i passi a randa a randa.

Lo spazzo era una rena arida e spessa,
non d’altra foggia fatta che colei
che fu da’ piè di Caton già soppressa.

O vendetta di Dio, quanto tu dei
esser temuta da ciascun che legge
ciò che fu manifesto a li occhi mei!

D’anime nude vidi molte gregge
che piangean tutte assai miseramente,20
e parea posta lor diversa legge.

Supin giacea in terra alcuna gente,
alcuna si sedea tutta raccolta,
e altra andava continüamente.

Quella che giva ’ntorno era più molta,
e quella men che giacëa al tormento,
ma più al duolo avea la lingua sciolta.

Sovra tutto ’l sabbion, d’un cader lento,
piovean di foco dilatate falde,
come di neve in alpe sanza vento.30

Quali Alessandro in quelle parti calde
d’Indïa vide sopra ’l süo stuolo
fiamme cadere infino a terra salde,

per ch’ei provide a scalpitar lo suolo
con le sue schiere, acciò che lo vapore
mei si stingueva mentre ch’era solo:

tale scendeva l’etternale ardore;
onde la rena s’accendea, com’ esca
sotto focile, a doppiar lo dolore.

Sanza riposo mai era la tresca40
de le misere mani, or quindi or quinci
escotendo da sé l’arsura fresca.

I’ cominciai: «Maestro, tu che vinci
tutte le cose, fuor che ’ demon duri
ch’a l’intrar de la porta incontra uscinci,

chi è quel grande che non par che curi
lo ’ncendio e giace dispettoso e torto,
sì che la pioggia non par che ’l marturi?».

E quel medesmo, che si fu accorto
ch’io domandava il mio duca di lui,50
gridò: «Qual io fui vivo, tal son morto.

Se Giove stanchi ’l suo fabbro da cui
crucciato prese la folgore aguta
onde l’ultimo dì percosso fui;

o s’elli stanchi li altri a muta a muta
in Mongibello a la focina negra,
chiamando "Buon Vulcano, aiuta, aiuta!",

sì com’ el fece a la pugna di Flegra,
e me saetti con tutta sua forza:
non ne potrebbe aver vendetta allegra».60

Allora il duca mio parlò di forza
tanto, ch’i’ non l’avea sì forte udito:
«O Capaneo, in ciò che non s’ammorza

la tua superbia, se’ tu più punito;
nullo martiro, fuor che la tua rabbia,
sarebbe al tuo furor dolor compito».

Poi si rivolse a me con miglior labbia,
dicendo: «Quei fu l’un d’i sette regi
ch’assiser Tebe; ed ebbe e par ch’elli abbia

Dio in disdegno, e poco par che ’l pregi;70
ma, com’ io dissi lui, li suoi dispetti
sono al suo petto assai debiti fregi.

Or mi vien dietro, e guarda che non metti,
ancor, li piedi ne la rena arsiccia;
ma sempre al bosco tien li piedi stretti».

Tacendo divenimmo là ’ve spiccia
fuor de la selva un picciol fiumicello,
lo cui rossore ancor mi raccapriccia.

Quale del Bulicame esce ruscello
che parton poi tra lor le peccatrici,80
tal per la rena giù sen giva quello.

Lo fondo suo e ambo le pendici
fatt’ era ’n pietra, e ’ margini dallato;
per ch’io m’accorsi che ’l passo era lici.

«Tra tutto l’altro ch’i’ t’ho dimostrato,
poscia che noi intrammo per la porta
lo cui sogliare a nessuno è negato,

cosa non fu da li tuoi occhi scorta
notabile com’ è ’l presente rio,
che sovra sé tutte fiammelle ammorta».90

Queste parole fuor del duca mio;
per ch’io ’l pregai che mi largisse ’l pasto
di cui largito m’avëa il disio.

«In mezzo mar siede un paese guasto»,
diss’ elli allora, «che s’appella Creta,
sotto ’l cui rege fu già ’l mondo casto.

Una montagna v’è che già fu lieta
d’acqua e di fronde, che si chiamò Ida;
or è diserta come cosa vieta.

Rëa la scelse già per cuna fida100
del suo figliuolo, e per celarlo meglio,
quando piangea, vi facea far le grida.

Dentro dal monte sta dritto un gran veglio,
che tien volte le spalle inver’ Dammiata
e Roma guarda come süo speglio.

La sua testa è di fin oro formata,
e puro argento son le braccia e ’l petto,
poi è di rame infino a la forcata;

da indi in giuso è tutto ferro eletto,
salvo che ’l destro piede è terra cotta;110
e sta ’n su quel, più che ’n su l’altro, eretto.

Ciascuna parte, fuor che l’oro, è rotta
d’una fessura che lagrime goccia,
le quali, accolte, fóran quella grotta.

Lor corso in questa valle si diroccia;
fanno Acheronte, Stige e Flegetonta;
poi sen van giù per questa stretta doccia,

infin, là ove più non si dismonta,
fanno Cocito; e qual sia quello stagno
tu lo vedrai, però qui non si conta».120

E io a lui: «Se ’l presente rigagno
si diriva così dal nostro mondo,
perché ci appar pur a questo vivagno?».

Ed elli a me: «Tu sai che ’l loco è tondo;
e tutto che tu sie venuto molto,
pur a sinistra, giù calando al fondo,

non se’ ancor per tutto ’l cerchio vòlto;
per che, se cosa n’apparisce nova,
non de’ addur maraviglia al tuo volto».

E io ancor: «Maestro, ove si trova130
Flegetonta e Letè? ché de l’un taci,
e l’altro di’ che si fa d’esta piova».

«In tutte tue question certo mi piaci»,
rispuose, «ma ’l bollor de l’acqua rossa
dovea ben solver l’una che tu faci.

Letè vedrai, ma fuor di questa fossa,
là dove vanno l’anime a lavarsi
quando la colpa pentuta è rimossa».

Poi disse: «Omai è tempo da scostarsi
dal bosco; fa che di retro a me vegne:140
li margini fan via, che non son arsi,

e sopra loro ogne vapor si spegne».

Because the charity of my native place
Constrained me, gathered I the scattered leaves,
And gave them back to him, who now was hoarse.

Then came we to the confine, where disparted
The second round is from the third, and where
A horrible form of Justice is beheld.

Clearly to manifest these novel things,
I say that we arrived upon a plain,
Which from its bed rejecteth every plant;

The dolorous forest is a garland to it10
All round about, as the sad moat to that;
There close upon the edge we stayed our feet.

The soil was of an arid and thick sand,
Not of another fashion made than that
Which by the feet of Cato once was pressed.

Vengeance of God, O how much oughtest thou
By each one to be dreaded, who doth read
That which was manifest unto mine eyes!

Of naked souls beheld I many herds,
Who all were weeping very miserably,20
And over them seemed set a law diverse.

Supine upon the ground some folk were lying;
And some were sitting all drawn up together,
And others went about continually.

Those who were going round were far the more,
And those were less who lay down to their torment,
But had their tongues more loosed to lamentation.

O'er all the sand-waste, with a gradual fall,
Were raining down dilated flakes of fire,
As of the snow on Alp without a wind.30

As Alexander, in those torrid parts
Of India, beheld upon his host
Flames fall unbroken till they reached the ground.

Whence he provided with his phalanxes
To trample down the soil, because the vapour
Better extinguished was while it was single;

Thus was descending the eternal heat,
Whereby the sand was set on fire, like tinder
Beneath the steel, for doubling of the dole.

Without repose forever was the dance40
Of miserable hands, now there, now here,
Shaking away from off them the fresh gleeds.

"Master," began I, "thou who overcomest
All things except the demons dire, that issued
Against us at the entrance of the gate,

Who is that mighty one who seems to heed not
The fire, and lieth lowering and disdainful,
So that the rain seems not to ripen him?"

And he himself, who had become aware
That I was questioning my Guide about him,50
Cried: "Such as I was living, am I, dead.

If Jove should weary out his smith, from whom
He seized in anger the sharp thunderbolt,
Wherewith upon the last day I was smitten,

And if he wearied out by turns the others
In Mongibello at the swarthy forge,
Vociferating, 'Help, good Vulcan, help!'

Even as he did there at the fight of Phlegra,
And shot his bolts at me with all his might,
He would not have thereby a joyous vengeance."60

Then did my Leader speak with such great force,
That I had never heard him speak so loud:
"O Capaneus, in that is not extinguished

Thine arrogance, thou punished art the more;
Not any torment, saving thine own rage,
Would be unto thy fury pain complete."

Then he turned round to me with better lip,
Saying: "One of the Seven Kings was he
Who Thebes besieged, and held, and seems to hold

God in disdain, and little seems to prize him;70
But, as I said to him, his own despites
Are for his breast the fittest ornaments.

Now follow me, and mind thou do not place
As yet thy feet upon the burning sand,
But always keep them close unto the wood."

Speaking no word, we came to where there gushes
Forth from the wood a little rivulet,
Whose redness makes my hair still stand on end.

As from the Bulicame springs the brooklet,
The sinful women later share among them,80
So downward through the sand it went its way.

The bottom of it, and both sloping banks,
Were made of stone, and the margins at the side;
Whence I perceived that there the passage was.

"In all the rest which I have shown to thee
Since we have entered in within the gate
Whose threshold unto no one is denied,

Nothing has been discovered by thine eyes
So notable as is the present river,
Which all the little flames above it quenches."90

These words were of my Leader; whence I prayed him
That he would give me largess of the food,
For which he had given me largess of desire.

"In the mid-sea there sits a wasted land,"
Said he thereafterward, "whose name is Crete,
Under whose king the world of old was chaste.

There is a mountain there, that once was glad
With waters and with leaves, which was called Ida;
Now 'tis deserted, as a thing worn out.

Rhea once chose it for the faithful cradle100
Of her own son; and to conceal him better,
Whene'er he cried, she there had clamours made.

A grand old man stands in the mount erect,
Who holds his shoulders turned tow'rds Damietta,
And looks at Rome as if it were his mirror.

His head is fashioned of refined gold,
And of pure silver are the arms and breast;
Then he is brass as far down as the fork.

From that point downward all is chosen iron,
Save that the right foot is of kiln-baked clay,110
And more he stands on that than on the other.

Each part, except the gold, is by a fissure
Asunder cleft, that dripping is with tears,
Which gathered together perforate that cavern.

From rock to rock they fall into this valley;
Acheron, Styx, and Phlegethon they form;
Then downward go along this narrow sluice

Unto that point where is no more descending.
They form Cocytus; what that pool may be
Thou shalt behold, so here 'tis not narrated."120

And I to him: "If so the present runnel
Doth take its rise in this way from our world,
Why only on this verge appears it to us?"

And he to me: "Thou knowest the place is round,
And notwithstanding thou hast journeyed far,
Still to the left descending to the bottom,

Thou hast not yet through all the circle turned.
Therefore if something new appear to us,
It should not bring amazement to thy face."

And I again: "Master, where shall be found130
Lethe and Phlegethon, for of one thou'rt silent,
And sayest the other of this rain is made?"

"In all thy questions truly thou dost please me,"
Replied he; "but the boiling of the red
Water might well solve one of them thou makest.

Thou shalt see Lethe, but outside this moat,
There where the souls repair to lave themselves,
When sin repented of has been removed."

Then said he: "It is time now to abandon
The wood; take heed that thou come after me;140
A way the margins make that are not burning,

And over them all vapours are extinguished."
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Ora cen porta l’un de’ duri margini;
e ’l fummo del ruscel di sopra aduggia,
sì che dal foco salva l’acqua e li argini.

Quali Fiamminghi tra Guizzante e Bruggia,
temendo ’l fiotto che ’nver’ lor s’avventa,
fanno lo schermo perché ’l mar si fuggia;

e quali Padoan lungo la Brenta,
per difender lor ville e lor castelli,
anzi che Carentana il caldo senta:

a tale imagine eran fatti quelli,10
tutto che né sì alti né sì grossi,
qual che si fosse, lo maestro félli.

Già eravam da la selva rimossi
tanto, ch’i’ non avrei visto dov’ era,
perch’ io in dietro rivolto mi fossi,

quando incontrammo d’anime una schiera
che venian lungo l’argine, e ciascuna
ci riguardava come suol da sera

guardare uno altro sotto nuova luna;
e sì ver’ noi aguzzavan le ciglia20
come ’l vecchio sartor fa ne la cruna.

Così adocchiato da cotal famiglia,
fui conosciuto da un, che mi prese
per lo lembo e gridò: «Qual maraviglia!».

E io, quando ’l suo braccio a me distese,
ficcaï li occhi per lo cotto aspetto,
sì che ’l viso abbrusciato non difese

la conoscenza süa al mio ’ntelletto;
e chinando la mano a la sua faccia,
rispuosi: «Siete voi qui, ser Brunetto?».30

E quelli: «O figliuol mio, non ti dispiaccia
se Brunetto Latino un poco teco
ritorna ’n dietro e lascia andar la traccia».

I’ dissi lui: «Quanto posso, ven preco;
e se volete che con voi m’asseggia,
faròl, se piace a costui che vo seco».

«O figliuol», disse, «qual di questa greggia
s’arresta punto, giace poi cent’ anni
sanz’ arrostarsi quando ’l foco il feggia.

Però va oltre: i’ ti verrò a’ panni;40
e poi rigiugnerò la mia masnada,
che va piangendo i suoi etterni danni».

Io non osava scender de la strada
per andar par di lui; ma ’l capo chino
tenea com’ uom che reverente vada.

El cominciò: «Qual fortuna o destino
anzi l’ultimo dì qua giù ti mena?
e chi è questi che mostra ’l cammino?».

«Là sù di sopra, in la vita serena»,
rispuos’ io lui, «mi smarri’ in una valle,50
avanti che l’età mia fosse piena.

Pur ier mattina le volsi le spalle:
questi m’apparve, tornand’ ïo in quella,
e reducemi a ca per questo calle».

Ed elli a me: «Se tu segui tua stella,
non puoi fallire a glorïoso porto,
se ben m’accorsi ne la vita bella;

e s’io non fossi sì per tempo morto,
veggendo il cielo a te così benigno,
dato t’avrei a l’opera conforto.60

Ma quello ingrato popolo maligno
che discese di Fiesole ab antico,
e tiene ancor del monte e del macigno,

ti si farà, per tuo ben far, nimico;
ed è ragion, ché tra li lazzi sorbi
si disconvien fruttare al dolce fico.

Vecchia fama nel mondo li chiama orbi;
gent’ è avara, invidiosa e superba:
dai lor costumi fa che tu ti forbi.

La tua fortuna tanto onor ti serba,70
che l’una parte e l’altra avranno fame
di te; ma lungi fia dal becco l’erba.

Faccian le bestie fiesolane strame
di lor medesme, e non tocchin la pianta,
s’alcuna surge ancora in lor letame,

in cui riviva la sementa santa
di que’ Roman che vi rimaser quando
fu fatto il nido di malizia tanta».

«Se fosse tutto pieno il mio dimando»,
rispuos’ io lui, «voi non sareste ancora80
de l’umana natura posto in bando;

ché ’n la mente m’è fitta, e or m’accora,
la cara e buona imagine paterna
di voi quando nel mondo ad ora ad ora

m’insegnavate come l’uom s’etterna:
e quant’ io l’abbia in grado, mentr’ io vivo
convien che ne la mia lingua si scerna.

Ciò che narrate di mio corso scrivo,
e serbolo a chiosar con altro testo
a donna che saprà, s’a lei arrivo.90

Tanto vogl’ io che vi sia manifesto,
pur che mia coscïenza non mi garra,
ch’a la Fortuna, come vuol, son presto.

Non è nuova a li orecchi miei tal arra:
però giri Fortuna la sua rota
come le piace, e ’l villan la sua marra».

Lo mio maestro allora in su la gota
destra si volse in dietro e riguardommi;
poi disse: «Bene ascolta chi la nota».

Né per tanto di men parlando vommi100
con ser Brunetto, e dimando chi sono
li suoi compagni più noti e più sommi.

Ed elli a me: «Saper d’alcuno è buono;
de li altri fia laudabile tacerci,
ché ’l tempo saria corto a tanto suono.

In somma sappi che tutti fur cherci
e litterati grandi e di gran fama,
d’un peccato medesmo al mondo lerci.

Priscian sen va con quella turba grama,
e Francesco d’Accorso anche; e vedervi,110
s’avessi avuto di tal tigna brama,

colui potei che dal servo de’ servi
fu trasmutato d’Arno in Bacchiglione,
dove lasciò li mal protesi nervi.

Di più direi; ma ’l venire e ’l sermone
più lungo esser non può, però ch’i’ veggio
là surger nuovo fummo del sabbione.

Gente vien con la quale esser non deggio.
Sieti raccomandato il mio Tesoro,
nel qual io vivo ancora, e più non cheggio».120

Poi si rivolse, e parve di coloro
che corrono a Verona il drappo verde
per la campagna; e parve di costoro

quelli che vince, non colui che perde.

Now bears us onward one of the hard margins,
And so the brooklet's mist o'ershadows it,
From fire it saves the water and the dikes.

Even as the Flemings, 'twixt Cadsand and Bruges,
Fearing the flood that tow'rds them hurls itself,
Their bulwarks build to put the sea to flight;

And as the Paduans along the Brenta,
To guard their villas and their villages,
Or ever Chiarentana feel the heat;

In such similitude had those been made,10
Albeit not so lofty nor so thick,
Whoever he might be, the master made them.

Now were we from the forest so remote,
I could not have discovered where it was,
Even if backward I had turned myself,

When we a company of souls encountered,
Who came beside the dike, and every one
Gazed at us, as at evening we are wont

To eye each other under a new moon,
And so towards us sharpened they their brows20
As an old tailor at the needle's eye.

Thus scrutinised by such a family,
By some one I was recognised, who seized
My garment's hem, and cried out, "What a marvel!"

And I, when he stretched forth his arm to me,
On his baked aspect fastened so mine eyes,
That the scorched countenance prevented not

His recognition by my intellect;
And bowing down my face unto his own,
I made reply, "Are you here, Ser Brunetto?"30

And he: "May't not displease thee, O my son,
If a brief space with thee Brunetto Latini
Backward return and let the trail go on."

I said to him: "With all my power I ask it;
And if you wish me to sit down with you,
I will, if he please, for I go with him."

"O son," he said, "whoever of this herd
A moment stops, lies then a hundred years,
Nor fans himself when smiteth him the fire.

Therefore go on; I at thy skirts will come,40
And afterward will I rejoin my band,
Which goes lamenting its eternal doom."

I did not dare to go down from the road
Level to walk with him; but my head bowed
I held as one who goeth reverently.

And he began: "What fortune or what fate
Before the last day leadeth thee down here?
And who is this that showeth thee the way?"

"Up there above us in the life serene,"
I answered him, "I lost me in a valley,50
Or ever yet my age had been completed.

But yestermorn I turned my back upon it;
This one appeared to me, returning thither,
And homeward leadeth me along this road."

And he to me: "If thou thy star do follow,
Thou canst not fail thee of a glorious port,
If well I judged in the life beautiful.

And if I had not died so prematurely,
Seeing Heaven thus benignant unto thee,
I would have given thee comfort in the work.60

But that ungrateful and malignant people,
Which of old time from Fesole descended,
And smacks still of the mountain and the granite,

Will make itself, for thy good deeds, thy foe;
And it is right; for among crabbed sorbs
It ill befits the sweet fig to bear fruit.

Old rumour in the world proclaims them blind;
A people avaricious, envious, proud;
Take heed that of their customs thou do cleanse thee.

Thy fortune so much honour doth reserve thee,70
One party and the other shall be hungry
For thee; but far from goat shall be the grass.

Their litter let the beasts of Fesole
Make of themselves, nor let them touch the plant,
If any still upon their dunghill rise,

In which may yet revive the consecrated
Seed of those Romans, who remained there when
The nest of such great malice it became."

"If my entreaty wholly were fulfilled,"
Replied I to him, "not yet would you be80
In banishment from human nature placed;

For in my mind is fixed, and touches now
My heart the dear and good paternal image
Of you, when in the world from hour to hour

You taught me how a man becomes eternal;
And how much I am grateful, while I live
Behoves that in my language be discerned.

What you narrate of my career I write,
And keep it to be glossed with other text
By a Lady who can do it, if I reach her.90

This much will I have manifest to you;
Provided that my conscience do not chide me,
For whatsoever Fortune I am ready.

Such handsel is not new unto mine ears;
Therefore let Fortune turn her wheel around
As it may please her, and the churl his mattock."

My Master thereupon on his right cheek
Did backward turn himself, and looked at me;
Then said: "He listeneth well who noteth it."

Nor speaking less on that account, I go100
With Ser Brunetto, and I ask who are
His most known and most eminent companions.

And he to me: "To know of some is well;
Of others it were laudable to be silent,
For short would be the time for so much speech.

Know them in sum, that all of them were clerks,
And men of letters great and of great fame,
In the world tainted with the selfsame sin.

Priscian goes yonder with that wretched crowd,
And Francis of Accorso; and thou hadst seen there110
If thou hadst had a hankering for such scurf,

That one, who by the Servant of the Servants
From Arno was transferred to Bacchiglione,
Where he has left his sin-excited nerves.

More would I say, but coming and discoursing
Can be no longer; for that I behold
New smoke uprising yonder from the sand.

A people comes with whom I may not be;
Commended unto thee be my Tesoro,
In which I still live, and no more I ask."120

Then he turned round, and seemed to be of those
Who at Verona run for the Green Mantle
Across the plain; and seemed to be among them

The one who wins, and not the one who loses.
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Già era in loco onde s’udia ’l rimbombo
de l’acqua che cadea ne l’altro giro,
simile a quel che l’arnie fanno rombo,

quando tre ombre insieme si partiro,
correndo, d’una torma che passava
sotto la pioggia de l’aspro martiro.

Venian ver’ noi, e ciascuna gridava:
«Sòstati tu ch’a l’abito ne sembri
esser alcun di nostra terra prava».

Ahimè, che piaghe vidi ne’ lor membri,10
ricenti e vecchie, da le fiamme incese!
Ancor men duol pur ch’i’ me ne rimembri.

A le lor grida il mio dottor s’attese;
volse ’l viso ver’ me, e «Or aspetta»,
disse, «a costor si vuole esser cortese.

E se non fosse il foco che saetta
la natura del loco, i’ dicerei
che meglio stesse a te che a lor la fretta».

Ricominciar, come noi restammo, ei
l’antico verso; e quando a noi fuor giunti,20
fenno una rota di sé tutti e trei.

Qual sogliono i campion far nudi e unti,
avvisando lor presa e lor vantaggio,
prima che sien tra lor battuti e punti,

così rotando, ciascuno il visaggio
drizzava a me, sì che ’n contraro il collo
faceva ai piè continüo vïaggio.

E «Se miseria d’esto loco sollo
rende in dispetto noi e nostri prieghi»,
cominciò l’uno, «e ’l tinto aspetto e brollo,30

la fama nostra il tuo animo pieghi
a dirne chi tu se’, che i vivi piedi
così sicuro per lo ’nferno freghi.

Questi, l’orme di cui pestar mi vedi,
tutto che nudo e dipelato vada,
fu di grado maggior che tu non credi:

nepote fu de la buona Gualdrada;
Guido Guerra ebbe nome, e in sua vita
fece col senno assai e con la spada.

L’altro, ch’appresso me la rena trita,40
è Tegghiaio Aldobrandi, la cui voce
nel mondo sù dovria esser gradita.

E io, che posto son con loro in croce,
Iacopo Rusticucci fui, e certo
la fiera moglie più ch’altro mi nuoce».

S’i’ fossi stato dal foco coperto,
gittato mi sarei tra lor di sotto,
e credo che ’l dottor l’avria sofferto;

ma perch’ io mi sarei brusciato e cotto,
vinse paura la mia buona voglia50
che di loro abbracciar mi facea ghiotto.

Poi cominciai: «Non dispetto, ma doglia
la vostra condizion dentro mi fisse,
tanta che tardi tutta si dispoglia,

tosto che questo mio segnor mi disse
parole per le quali i’ mi pensai
che qual voi siete, tal gente venisse.

Di vostra terra sono, e sempre mai
l’ovra di voi e li onorati nomi
con affezion ritrassi e ascoltai.60

Lascio lo fele e vo per dolci pomi
promessi a me per lo verace duca;
ma ’nfino al centro pria convien ch’i’ tomi».

«Se lungamente l’anima conduca
le membra tue», rispuose quelli ancora,
«e se la fama tua dopo te luca,

cortesia e valor dì se dimora
ne la nostra città sì come suole,
o se del tutto se n’è gita fora;

ché Guiglielmo Borsiere, il qual si duole70
con noi per poco e va là coi compagni,
assai ne cruccia con le sue parole».

«La gente nuova e i sùbiti guadagni
orgoglio e dismisura han generata,
Fiorenza, in te, sì che tu già ten piagni».

Così gridai con la faccia levata;
e i tre, che ciò inteser per risposta,
guardar l’un l’altro com’ al ver si guata.

«Se l’altre volte sì poco ti costa»,
rispuoser tutti, «il satisfare altrui,80
felice te se sì parli a tua posta!

Però, se campi d’esti luoghi bui
e torni a riveder le belle stelle,
quando ti gioverà dicere "I’ fui",

fa che di noi a la gente favelle».
Indi rupper la rota, e a fuggirsi
ali sembiar le gambe loro isnelle.

Un amen non saria possuto dirsi
tosto così com’ e’ fuoro spariti;
per ch’al maestro parve di partirsi.90

Io lo seguiva, e poco eravam iti,
che ’l suon de l’acqua n’era sì vicino,
che per parlar saremmo a pena uditi.

Come quel fiume c’ha proprio cammino
prima dal Monte Viso ’nver’ levante,
da la sinistra costa d’Apennino,

che si chiama Acquacheta suso, avante
che si divalli giù nel basso letto,
e a Forlì di quel nome è vacante,

rimbomba là sovra San Benedetto100
de l’Alpe per cadere ad una scesa
ove dovea per mille esser recetto;

così, giù d’una ripa discoscesa,
trovammo risonar quell’ acqua tinta,
sì che ’n poc’ ora avria l’orecchia offesa.

Io avea una corda intorno cinta,
e con essa pensai alcuna volta
prender la lonza a la pelle dipinta.

Poscia ch’io l’ebbi tutta da me sciolta,
sì come ’l duca m’avea comandato,110
porsila a lui aggroppata e ravvolta.

Ond’ ei si volse inver’ lo destro lato,
e alquanto di lunge da la sponda
la gittò giuso in quell’ alto burrato.

‘E’ pur convien che novità risponda’,
dicea fra me medesmo, ‘al novo cenno
che ’l maestro con l’occhio sì seconda’.

Ahi quanto cauti li uomini esser dienno
presso a color che non veggion pur l’ovra,
ma per entro i pensier miran col senno!120

El disse a me: «Tosto verrà di sovra
ciò ch’io attendo e che il tuo pensier sogna;
tosto convien ch’al tuo viso si scovra».

Sempre a quel ver c’ha faccia di menzogna
de’ l’uom chiuder le labbra fin ch’el puote,
però che sanza colpa fa vergogna;

ma qui tacer nol posso; e per le note
di questa comedìa, lettor, ti giuro,
s’elle non sien di lunga grazia vòte,

ch’i’ vidi per quell’ aere grosso e scuro130
venir notando una figura in suso,
maravigliosa ad ogne cor sicuro,

sì come torna colui che va giuso
talora a solver l’àncora ch’aggrappa
o scoglio o altro che nel mare è chiuso,

che ’n sù si stende e da piè si rattrappa.

Now was I where was heard the reverberation
Of water falling into the next round,
Like to that humming which the beehives make,

When shadows three together started forth,
Running, from out a company that passed
Beneath the rain of the sharp martyrdom.

Towards us came they, and each one cried out:
"Stop, thou; for by thy garb to us thou seemest
To be some one of our depraved city."

Ah me! what wounds I saw upon their limbs,10
Recent and ancient by the flames burnt in!
It pains me still but to remember it.

Unto their cries my Teacher paused attentive;
He turned his face towards me, and "Now wait,"
He said; "to these we should be courteous.

And if it were not for the fire that darts
The nature of this region, I should say
That haste were more becoming thee than them."

As soon as we stood still, they recommenced
The old refrain, and when they overtook us,20
Formed of themselves a wheel, all three of them.

As champions stripped and oiled are wont to do,
Watching for their advantage and their hold,
Before they come to blows and thrusts between them,

Thus, wheeling round, did every one his visage
Direct to me, so that in opposite wise
His neck and feet continual journey made.

And, "If the misery of this soft place
Bring in disdain ourselves and our entreaties,"
Began one, "and our aspect black and blistered,30

Let the renown of us thy mind incline
To tell us who thou art, who thus securely
Thy living feet dost move along through Hell.

He in whose footprints thou dost see me treading,
Naked and skinless though he now may go,
Was of a greater rank than thou dost think;

He was the grandson of the good Gualdrada;
His name was Guidoguerra, and in life
Much did he with his wisdom and his sword.

The other, who close by me treads the sand,40
Tegghiaio Aldobrandi is, whose fame
Above there in the world should welcome be.

And I, who with them on the cross am placed,
Jacopo Rusticucci was; and truly
My savage wife, more than aught else, doth harm me."

Could I have been protected from the fire,
Below I should have thrown myself among them,
And think the Teacher would have suffered it;

But as I should have burned and baked myself,
My terror overmastered my good will,50
Which made me greedy of embracing them.

Then I began: "Sorrow and not disdain
Did your condition fix within me so,
That tardily it wholly is stripped off,

As soon as this my Lord said unto me
Words, on account of which I thought within me
That people such as you are were approaching.

I of your city am; and evermore
Your labours and your honourable names
I with affection have retraced and heard.60

I leave the gall, and go for the sweet fruits
Promised to me by the veracious Leader;
But to the centre first I needs must plunge."

"So may the soul for a long while conduct
Those limbs of thine," did he make answer then,
"And so may thy renown shine after thee,

Valour and courtesy, say if they dwell
Within our city, as they used to do,
Or if they wholly have gone out of it;

For Guglielmo Borsier, who is in torment70
With us of late, and goes there with his comrades,
Doth greatly mortify us with his words."

"The new inhabitants and the sudden gains,
Pride and extravagance have in thee engendered,
Florence, so that thou weep'st thereat already!"

In this wise I exclaimed with face uplifted;
And the three, taking that for my reply,
Looked at each other, as one looks at truth.

"If other times so little it doth cost thee,"
Replied they all, "to satisfy another,80
Happy art thou, thus speaking at thy will!

Therefore, if thou escape from these dark places,
And come to rebehold the beauteous stars,
When it shall pleasure thee to say, 'I was,'

See that thou speak of us unto the people."
Then they broke up the wheel, and in their flight
It seemed as if their agile legs were wings.

Not an Amen could possibly be said
So rapidly as they had disappeared;
Wherefore the Master deemed best to depart.90

I followed him, and little had we gone,
Before the sound of water was so near us,
That speaking we should hardly have been heard.

Even as that stream which holdeth its own course
The first from Monte Veso tow'rds the East,
Upon the left-hand slope of Apennine,

Which is above called Acquacheta, ere
It down descendeth into its low bed,
And at Forli is vacant of that name,

Reverberates there above San Benedetto100
From Alps, by falling at a single leap,
Where for a thousand there were room enough;

Thus downward from a bank precipitate,
We found resounding that dark-tinted water,
So that it soon the ear would have offended.

I had a cord around about me girt,
And therewithal I whilom had designed
To take the panther with the painted skin.

After I this had all from me unloosed,
As my Conductor had commanded me,110
I reached it to him, gathered up and coiled,

Whereat he turned himself to the right side,
And at a little distance from the verge,
He cast it down into that deep abyss.

"It must needs be some novelty respond,"
I said within myself, "to the new signal
The Master with his eye is following so."

Ah me! how very cautious men should be
With those who not alone behold the act,
But with their wisdom look into the thoughts!120

He said to me: "Soon there will upward come
What I await; and what thy thought is dreaming
Must soon reveal itself unto thy sight."

Aye to that truth which has the face of falsehood,
A man should close his lips as far as may be,
Because without his fault it causes shame;

But here I cannot; and, Reader, by the notes
Of this my Comedy to thee I swear,
So may they not be void of lasting favour,

Athwart that dense and darksome atmosphere130
I saw a figure swimming upward come,
Marvellous unto every steadfast heart,

Even as he returns who goeth down
Sometimes to clear an anchor, which has grappled
Reef, or aught else that in the sea is hidden,

Who upward stretches, and draws in his feet.
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«Ecco la fiera con la coda aguzza,
che passa i monti e rompe i muri e l’armi!
Ecco colei che tutto ’l mondo appuzza!».

Sì cominciò lo mio duca a parlarmi;
e accennolle che venisse a proda,
vicino al fin d’i passeggiati marmi.

E quella sozza imagine di froda
sen venne, e arrivò la testa e ’l busto,
ma ’n su la riva non trasse la coda.

La faccia sua era faccia d’uom giusto,10
tanto benigna avea di fuor la pelle,
e d’un serpente tutto l’altro fusto;

due branche avea pilose insin l’ascelle;
lo dosso e ’l petto e ambedue le coste
dipinti avea di nodi e di rotelle.

Con più color, sommesse e sovraposte
non fer mai drappi Tartari né Turchi,
né fuor tai tele per Aragne imposte.

Come talvolta stanno a riva i burchi,
che parte sono in acqua e parte in terra,20
e come là tra li Tedeschi lurchi

lo bivero s’assetta a far sua guerra,
così la fiera pessima si stava
su l’orlo ch’è di pietra e ’l sabbion serra.

Nel vano tutta sua coda guizzava,
torcendo in sù la venenosa forca
ch’a guisa di scorpion la punta armava.

Lo duca disse: «Or convien che si torca
la nostra via un poco insino a quella
bestia malvagia che colà si corca».30

Però scendemmo a la destra mammella,
e diece passi femmo in su lo stremo,
per ben cessar la rena e la fiammella.

E quando noi a lei venuti semo,
poco più oltre veggio in su la rena
gente seder propinqua al loco scemo.

Quivi ’l maestro «Acciò che tutta piena
esperïenza d’esto giron porti»,
mi disse, «va, e vedi la lor mena.

Li tuoi ragionamenti sian là corti;40
mentre che torni, parlerò con questa,
che ne conceda i suoi omeri forti».

Così ancor su per la strema testa
di quel settimo cerchio tutto solo
andai, dove sedea la gente mesta.

Per li occhi fora scoppiava lor duolo;
di qua, di là soccorrien con le mani
quando a’ vapori, e quando al caldo suolo:

non altrimenti fan di state i cani
or col ceffo or col piè, quando son morsi50
o da pulci o da mosche o da tafani.

Poi che nel viso a certi li occhi porsi,
ne’ quali ’l doloroso foco casca,
non ne conobbi alcun; ma io m’accorsi

che dal collo a ciascun pendea una tasca
ch’avea certo colore e certo segno,
e quindi par che ’l loro occhio si pasca.

E com’ io riguardando tra lor vegno,
in una borsa gialla vidi azzurro
che d’un leone avea faccia e contegno.60

Poi, procedendo di mio sguardo il curro,
vidine un’altra come sangue rossa,
mostrando un’oca bianca più che burro.

E un che d’una scrofa azzurra e grossa
segnato avea lo suo sacchetto bianco,
mi disse: «Che fai tu in questa fossa?

Or te ne va; e perché se’ vivo anco,
sappi che ’l mio vicin Vitalïano
sederà qui dal mio sinistro fianco.

Con questi Fiorentin son padoano:70
spesse fïate mi ’ntronan li orecchi
gridando: "Vegna ’l cavalier sovrano,

che recherà la tasca con tre becchi!"».
Qui distorse la bocca e di fuor trasse
la lingua, come bue che ’l naso lecchi.

E io, temendo no ’l più star crucciasse
lui che di poco star m’avea ’mmonito,
torna’mi in dietro da l’anime lasse.

Trova’ il duca mio ch’era salito
già su la groppa del fiero animale,80
e disse a me: «Or sie forte e ardito.

Omai si scende per sì fatte scale;
monta dinanzi, ch’i’ voglio esser mezzo,
sì che la coda non possa far male».

Qual è colui che sì presso ha ’l riprezzo
de la quartana, c’ha già l’unghie smorte,
e triema tutto pur guardando ’l rezzo,

tal divenn’ io a le parole porte;
ma vergogna mi fé le sue minacce,
che innanzi a buon segnor fa servo forte.90

I’ m’assettai in su quelle spallacce;
sì volli dir, ma la voce non venne
com’ io credetti: ‘Fa che tu m’abbracce’.

Ma esso, ch’altra volta mi sovvenne
ad altro forse, tosto ch’i’ montai
con le braccia m’avvinse e mi sostenne;

e disse: «Gerïon, moviti omai:
le rote larghe, e lo scender sia poco;
pensa la nova soma che tu hai».

Come la navicella esce di loco100
in dietro in dietro, sì quindi si tolse;
e poi ch’al tutto si sentì a gioco,

là ’v’ era ’l petto, la coda rivolse,
e quella tesa, come anguilla, mosse,
e con le branche l’aere a sé raccolse.

Maggior paura non credo che fosse
quando Fetonte abbandonò li freni,
per che ’l ciel, come pare ancor, si cosse;

né quando Icaro misero le reni
sentì spennar per la scaldata cera,110
gridando il padre a lui «Mala via tieni!»,

che fu la mia, quando vidi ch’i’ era
ne l’aere d’ogne parte, e vidi spenta
ogne veduta fuor che de la fera.

Ella sen va notando lenta lenta;
rota e discende, ma non me n’accorgo
se non che al viso e di sotto mi venta.

Io sentia già da la man destra il gorgo
far sotto noi un orribile scroscio,
per che con li occhi ’n giù la testa sporgo.120

Allor fu’ io più timido a lo stoscio,
però ch’i’ vidi fuochi e senti’ pianti;
ond’ io tremando tutto mi raccoscio.

E vidi poi, ché nol vedea davanti,
lo scendere e ’l girar per li gran mali
che s’appressavan da diversi canti.

Come ’l falcon ch’è stato assai su l’ali,
che sanza veder logoro o uccello
fa dire al falconiere «Omè, tu cali!»,

discende lasso onde si move isnello,130
per cento rote, e da lunge si pone
dal suo maestro, disdegnoso e fello;

così ne puose al fondo Gerïone
al piè al piè de la stagliata rocca,
e, discarcate le nostre persone,

si dileguò come da corda cocca.

"Behold the monster with the pointed tail,
Who cleaves the hills, and breaketh walls and weapons,
Behold him who infecteth all the world."

Thus unto me my Guide began to say,
And beckoned him that he should come to shore,
Near to the confine of the trodden marble;

And that uncleanly image of deceit
Came up and thrust ashore its head and bust,
But on the border did not drag its tail.

The face was as the face of a just man,10
Its semblance outwardly was so benign,
And of a serpent all the trunk beside.

Two paws it had, hairy unto the armpits;
The back, and breast, and both the sides it had
Depicted o'er with nooses and with shields.

With colours more, groundwork or broidery
Never in cloth did Tartars make nor Turks,
Nor were such tissues by Arachne laid.

As sometimes wherries lie upon the shore,
That part are in the water, part on land;20
And as among the guzzling Germans there,

The beaver plants himself to wage his war;
So that vile monster lay upon the border,
Which is of stone, and shutteth in the sand.

His tail was wholly quivering in the void,
Contorting upwards the envenomed fork,
That in the guise of scorpion armed its point.

The Guide said: "Now perforce must turn aside
Our way a little, even to that beast
Malevolent, that yonder coucheth him."30

We therefore on the right side descended,
And made ten steps upon the outer verge,
Completely to avoid the sand and flame;

And after we are come to him, I see
A little farther off upon the sand
A people sitting near the hollow place.

Then said to me the Master: "So that full
Experience of this round thou bear away,
Now go and see what their condition is.

There let thy conversation be concise;40
Till thou returnest I will speak with him,
That he concede to us his stalwart shoulders."

Thus farther still upon the outermost
Head of that seventh circle all alone
I went, where sat the melancholy folk.

Out of their eyes was gushing forth their woe;
This way, that way, they helped them with their hands
Now from the flames and now from the hot soil.

Not otherwise in summer do the dogs,
Now with the foot, now with the muzzle, when50
By fleas, or flies, or gadflies, they are bitten.

When I had turned mine eyes upon the faces
Of some, on whom the dolorous fire is falling,
Not one of them I knew; but I perceived

That from the neck of each there hung a pouch,
Which certain colour had, and certain blazon;
And thereupon it seems their eyes are feeding.

And as I gazing round me come among them,
Upon a yellow pouch I azure saw
That had the face and posture of a lion.60

Proceeding then the current of my sight,
Another of them saw I, red as blood,
Display a goose more white than butter is.

And one, who with an azure sow and gravid
Emblazoned had his little pouch of white,
Said unto me: "What dost thou in this moat?

Now get thee gone; and since thou'rt still alive,
Know that a neighbour of mine, Vitaliano,
Will have his seat here on my left-hand side.

A Paduan am I with these Florentines;70
Full many a time they thunder in mine ears,
Exclaiming, 'Come the sovereign cavalier,

He who shall bring the satchel with three goats;'"
Then twisted he his mouth, and forth he thrust
His tongue, like to an ox that licks its nose.

And fearing lest my longer stay might vex
Him who had warned me not to tarry long,
Backward I turned me from those weary souls.

I found my Guide, who had already mounted
Upon the back of that wild animal,80
And said to me: "Now be both strong and bold.

Now we descend by stairways such as these;
Mount thou in front, for I will be midway,
So that the tail may have no power to harm thee."

Such as he is who has so near the ague
Of quartan that his nails are blue already,
And trembles all, but looking at the shade;

Even such became I at those proffered words;
But shame in me his menaces produced,
Which maketh servant strong before good master.90

I seated me upon those monstrous shoulders;
I wished to say, and yet the voice came not
As I believed, "Take heed that thou embrace me."

But he, who other times had rescued me
In other peril, soon as I had mounted,
Within his arms encircled and sustained me,

And said: "Now, Geryon, bestir thyself;
The circles large, and the descent be little;
Think of the novel burden which thou hast."

Even as the little vessel shoves from shore,100
Backward, still backward, so he thence withdrew;
And when he wholly felt himself afloat,

There where his breast had been he turned his tail,
And that extended like an eel he moved,
And with his paws drew to himself the air.

A greater fear I do not think there was
What time abandoned Phaeton the reins,
Whereby the heavens, as still appears, were scorched;

Nor when the wretched Icarus his flanks
Felt stripped of feathers by the melting wax,110
His father crying, "An ill way thou takest!"

Than was my own, when I perceived myself
On all sides in the air, and saw extinguished
The sight of everything but of the monster.

Onward he goeth, swimming slowly, slowly;
Wheels and descends, but I perceive it only
By wind upon my face and from below.

I heard already on the right the whirlpool
Making a horrible crashing under us;
Whence I thrust out my head with eyes cast downward.120

Then was I still more fearful of the abyss;
Because I fires beheld, and heard laments,
Whereat I, trembling, all the closer cling.

I saw then, for before I had not seen it,
The turning and descending, by great horrors
That were approaching upon divers sides.

As falcon who has long been on the wing,
Who, without seeing either lure or bird,
Maketh the falconer say, "Ah me, thou stoopest,"

Descendeth weary, whence he started swiftly,130
Thorough a hundred circles, and alights
Far from his master, sullen and disdainful;

Even thus did Geryon place us on the bottom,
Close to the bases of the rough-hewn rock,
And being disencumbered of our persons,

He sped away as arrow from the string.
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Luogo è in inferno detto Malebolge,
tutto di pietra di color ferrigno,
come la cerchia che dintorno il volge.

Nel dritto mezzo del campo maligno
vaneggia un pozzo assai largo e profondo,
di cui suo loco dicerò l’ordigno.

Quel cinghio che rimane adunque è tondo
tra ’l pozzo e ’l piè de l’alta ripa dura,
e ha distinto in dieci valli il fondo.

Quale, dove per guardia de le mura10
più e più fossi cingon li castelli,
la parte dove son rende figura,

tale imagine quivi facean quelli;
e come a tai fortezze da’ lor sogli
a la ripa di fuor son ponticelli,

così da imo de la roccia scogli
movien che ricidien li argini e ’ fossi
infino al pozzo che i tronca e raccogli.

In questo luogo, de la schiena scossi
di Gerïon, trovammoci; e ’l poeta20
tenne a sinistra, e io dietro mi mossi.

A la man destra vidi nova pieta,
novo tormento e novi frustatori,
di che la prima bolgia era repleta.

Nel fondo erano ignudi i peccatori;
dal mezzo in qua ci venien verso ’l volto,
di là con noi, ma con passi maggiori,

come i Roman per l’essercito molto,
l’anno del giubileo, su per lo ponte
hanno a passar la gente modo colto,30

che da l’un lato tutti hanno la fronte
verso ’l castello e vanno a Santo Pietro,
da l’altra sponda vanno verso ’l monte.

Di qua, di là, su per lo sasso tetro
vidi demon cornuti con gran ferze,
che li battien crudelmente di retro.

Ahi come facean lor levar le berze
a le prime percosse! già nessuno
le seconde aspettava né le terze.

Mentr’ io andava, li occhi miei in uno40
furo scontrati; e io sì tosto dissi:
«Già di veder costui non son digiuno».

Per ch’ïo a figurarlo i piedi affissi;
e ’l dolce duca meco si ristette,
e assentio ch’alquanto in dietro gissi.

E quel frustato celar si credette
bassando ’l viso; ma poco li valse,
ch’io dissi: «O tu che l’occhio a terra gette,

se le fazion che porti non son false,
Venedico se’ tu Caccianemico.50
Ma che ti mena a sì pungenti salse?».

Ed elli a me: «Mal volontier lo dico;
ma sforzami la tua chiara favella,
che mi fa sovvenir del mondo antico.

I’ fui colui che la Ghisolabella
condussi a far la voglia del marchese,
come che suoni la sconcia novella.

E non pur io qui piango bolognese;
anzi n’è questo loco tanto pieno,
che tante lingue non son ora apprese60

a dicer ‘sipa’ tra Sàvena e Reno;
e se di ciò vuoi fede o testimonio,
rècati a mente il nostro avaro seno».

Così parlando il percosse un demonio
de la sua scurïada, e disse: «Via,
ruffian! qui non son femmine da conio».

I’ mi raggiunsi con la scorta mia;
poscia con pochi passi divenimmo
là ’v’ uno scoglio de la ripa uscia.

Assai leggeramente quel salimmo;70
e vòlti a destra su per la sua scheggia,
da quelle cerchie etterne ci partimmo.

Quando noi fummo là dov’ el vaneggia
di sotto per dar passo a li sferzati,
lo duca disse: «Attienti, e fa che feggia

lo viso in te di quest’ altri mal nati,
ai quali ancor non vedesti la faccia
però che son con noi insieme andati».

Del vecchio ponte guardavam la traccia
che venìa verso noi da l’altra banda,80
e che la ferza similmente scaccia.

E ’l buon maestro, sanza mia dimanda,
mi disse: «Guarda quel grande che vene,
e per dolor non par lagrime spanda:

quanto aspetto reale ancor ritene!
Quelli è Iasón, che per cuore e per senno
li Colchi del monton privati féne.

Ello passò per l’isola di Lenno
poi che l’ardite femmine spietate
tutti li maschi loro a morte dienno.90

Ivi con segni e con parole ornate
Isifile ingannò, la giovinetta
che prima avea tutte l’altre ingannate.

Lasciolla quivi, gravida, soletta;
tal colpa a tal martiro lui condanna;
e anche di Medea si fa vendetta.

Con lui sen va chi da tal parte inganna;
e questo basti de la prima valle
sapere e di color che ’n sé assanna».

Già eravam là ’ve lo stretto calle100
con l’argine secondo s’incrocicchia,
e fa di quello ad un altr’ arco spalle.

Quindi sentimmo gente che si nicchia
ne l’altra bolgia e che col muso scuffa,
e sé medesma con le palme picchia.

Le ripe eran grommate d’una muffa,
per l’alito di giù che vi s’appasta,
che con li occhi e col naso facea zuffa.

Lo fondo è cupo sì, che non ci basta
loco a veder sanza montare al dosso110
de l’arco, ove lo scoglio più sovrasta.

Quivi venimmo; e quindi giù nel fosso
vidi gente attuffata in uno sterco
che da li uman privadi parea mosso.

E mentre ch’io là giù con l’occhio cerco,
vidi un col capo sì di merda lordo,
che non parëa s’era laico o cherco.

Quei mi sgridò: «Perché se’ tu sì gordo
di riguardar più me che li altri brutti?».
E io a lui: «Perché, se ben ricordo,120

già t’ho veduto coi capelli asciutti,
e se’ Alessio Interminei da Lucca:
però t’adocchio più che li altri tutti».

Ed elli allor, battendosi la zucca:
«Qua giù m’hanno sommerso le lusinghe
ond’ io non ebbi mai la lingua stucca».

Appresso ciò lo duca «Fa che pinghe»,
mi disse, «il viso un poco più avante,
sì che la faccia ben con l’occhio attinghe

di quella sozza e scapigliata fante130
che là si graffia con l’unghie merdose,
e or s’accoscia e ora è in piedi stante.

Taïde è, la puttana che rispuose
al drudo suo quando disse "Ho io grazie
grandi apo te?": "Anzi maravigliose!".

E quinci sian le nostre viste sazie».

There is a place in Hell called Malebolge,
Wholly of stone and of an iron colour,
As is the circle that around it turns.

Right in the middle of the field malign
There yawns a well exceeding wide and deep,
Of which its place the structure will recount.

Round, then, is that enclosure which remains
Between the well and foot of the high, hard bank,
And has distinct in valleys ten its bottom.

As where for the protection of the walls10
Many and many moats surround the castles,
The part in which they are a figure forms,

Just such an image those presented there;
And as about such strongholds from their gates
Unto the outer bank are little bridges,

So from the precipice's base did crags
Project, which intersected dikes and moats,
Unto the well that truncates and collects them.

Within this place, down shaken from the back
Of Geryon, we found us; and the Poet20
Held to the left, and I moved on behind.

Upon my right hand I beheld new anguish,
New torments, and new wielders of the lash,
Wherewith the foremost Bolgia was replete.

Down at the bottom were the sinners naked;
This side the middle came they facing us,
Beyond it, with us, but with greater steps;

Even as the Romans, for the mighty host,
The year of Jubilee, upon the bridge,
Have chosen a mode to pass the people over;30

For all upon one side towards the Castle
Their faces have, and go unto St. Peter's;
On the other side they go towards the Mountain.

This side and that, along the livid stone
Beheld I horned demons with great scourges,
Who cruelly were beating them behind.

Ah me! how they did make them lift their legs
At the first blows! and sooth not any one
The second waited for, nor for the third.

While I was going on, mine eyes by one40
Encountered were; and straight I said: "Already
With sight of this one I am not unfed."

Therefore I stayed my feet to make him out,
And with me the sweet Guide came to a stand,
And to my going somewhat back assented;

And he, the scourged one, thought to hide himself,
Lowering his face, but little it availed him;
For said I: "Thou that castest down thine eyes,

If false are not the features which thou bearest,
Thou art Venedico Caccianimico;50
But what doth bring thee to such pungent sauces?"

And he to me: "Unwillingly I tell it;
But forces me thine utterance distinct,
Which makes me recollect the ancient world.

I was the one who the fair Ghisola
Induced to grant the wishes of the Marquis,
Howe'er the shameless story may be told.

Not the sole Bolognese am I who weeps here;
Nay, rather is this place so full of them,
That not so many tongues to-day are taught60

'Twixt Reno and Savena to say 'sipa;'
And if thereof thou wishest pledge or proof,
Bring to thy mind our avaricious heart."

While speaking in this manner, with his scourge
A demon smote him, and said: "Get thee gone
Pander, there are no women here for coin."

I joined myself again unto mine Escort;
Thereafterward with footsteps few we came
To where a crag projected from the bank.

This very easily did we ascend,70
And turning to the right along its ridge,
From those eternal circles we departed.

When we were there, where it is hollowed out
Beneath, to give a passage to the scourged,
The Guide said: "Wait, and see that on thee strike

The vision of those others evil-born,
Of whom thou hast not yet beheld the faces,
Because together with us they have gone."

From the old bridge we looked upon the train
Which tow'rds us came upon the other border,80
And which the scourges in like manner smite.

And the good Master, without my inquiring,
Said to me: "See that tall one who is coming,
And for his pain seems not to shed a tear;

Still what a royal aspect he retains!
That Jason is, who by his heart and cunning
The Colchians of the Ram made destitute.

He by the isle of Lemnos passed along
After the daring women pitiless
Had unto death devoted all their males.90

There with his tokens and with ornate words
Did he deceive Hypsipyle, the maiden
Who first, herself, had all the rest deceived.

There did he leave her pregnant and forlorn;
Such sin unto such punishment condemns him,
And also for Medea is vengeance done.

With him go those who in such wise deceive;
And this sufficient be of the first valley
To know, and those that in its jaws it holds."

We were already where the narrow path100
Crosses athwart the second dike, and forms
Of that a buttress for another arch.

Thence we heard people, who are making moan
In the next Bolgia, snorting with their muzzles,
And with their palms beating upon themselves

The margins were incrusted with a mould
By exhalation from below, that sticks there,
And with the eyes and nostrils wages war.

The bottom is so deep, no place suffices
To give us sight of it, without ascending110
The arch's back, where most the crag impends.

Thither we came, and thence down in the moat
I saw a people smothered in a filth
That out of human privies seemed to flow;

And whilst below there with mine eye I search,
I saw one with his head so foul with ordure,
It was not clear if he were clerk or layman.

He screamed to me: "Wherefore art thou so eager
To look at me more than the other foul ones?"
And I to him: "Because, if I remember,120

I have already seen thee with dry hair,
And thou'rt Alessio Interminei of Lucca;
Therefore I eye thee more than all the others."

And he thereon, belabouring his pumpkin:
"The flatteries have submerged me here below,
Wherewith my tongue was never surfeited."

Then said to me the Guide: "See that thou thrust
Thy visage somewhat farther in advance,
That with thine eyes thou well the face attain

Of that uncleanly and dishevelled drab,130
Who there doth scratch herself with filthy nails,
And crouches now, and now on foot is standing.

Thais the harlot is it, who replied
Unto her paramour, when he said, 'Have I
Great gratitude from thee?'--'Nay, marvellous;'

And herewith let our sight be satisfied."
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O Simon mago, o miseri seguaci
che le cose di Dio, che di bontate
deon essere spose, e voi rapaci

per oro e per argento avolterate,
or convien che per voi suoni la tromba,
però che ne la terza bolgia state.

Già eravamo, a la seguente tomba,
montati de lo scoglio in quella parte
ch’a punto sovra mezzo ’l fosso piomba.

O somma sapïenza, quanta è l’arte10
che mostri in cielo, in terra e nel mal mondo,
e quanto giusto tua virtù comparte!

Io vidi per le coste e per lo fondo
piena la pietra livida di fóri,
d’un largo tutti e ciascun era tondo.

Non mi parean men ampi né maggiori
che que’ che son nel mio bel San Giovanni,
fatti per loco d’i battezzatori;

l’un de li quali, ancor non è molt’ anni,
rupp’ io per un che dentro v’annegava:20
e questo sia suggel ch’ogn’ omo sganni.

Fuor de la bocca a ciascun soperchiava
d’un peccator li piedi e de le gambe
infino al grosso, e l’altro dentro stava.

Le piante erano a tutti accese intrambe;
per che sì forte guizzavan le giunte,
che spezzate averien ritorte e strambe.

Qual suole il fiammeggiar de le cose unte
muoversi pur su per la strema buccia,
tal era lì dai calcagni a le punte.30

«Chi è colui, maestro, che si cruccia
guizzando più che li altri suoi consorti»,
diss’ io, «e cui più roggia fiamma succia?».

Ed elli a me: «Se tu vuo’ ch’i’ ti porti
là giù per quella ripa che più giace,
da lui saprai di sé e de’ suoi torti».

E io: «Tanto m’è bel, quanto a te piace:
tu se’ segnore, e sai ch’i’ non mi parto
dal tuo volere, e sai quel che si tace».

Allor venimmo in su l’argine quarto;40
volgemmo e discendemmo a mano stanca
là giù nel fondo foracchiato e arto.

Lo buon maestro ancor de la sua anca
non mi dipuose, sì mi giunse al rotto
di quel che si piangeva con la zanca.

«O qual che se’ che ’l di sù tien di sotto,
anima trista come pal commessa»,
comincia’ io a dir, «se puoi, fa motto».

Io stava come ’l frate che confessa
lo perfido assessin, che, poi ch’è fitto,50
richiama lui per che la morte cessa.

Ed el gridò: «Se’ tu già costì ritto,
se’ tu già costì ritto, Bonifazio?
Di parecchi anni mi mentì lo scritto.

Se’ tu sì tosto di quell’ aver sazio
per lo qual non temesti tòrre a ’nganno
la bella donna, e poi di farne strazio?».

Tal mi fec’ io, quai son color che stanno,
per non intender ciò ch’è lor risposto,
quasi scornati, e risponder non sanno.60

Allor Virgilio disse: «Dilli tosto:
"Non son colui, non son colui che credi"»;
e io rispuosi come a me fu imposto.

Per che lo spirto tutti storse i piedi;
poi, sospirando e con voce di pianto,
mi disse: «Dunque che a me richiedi?

Se di saper ch’i’ sia ti cal cotanto,
che tu abbi però la ripa corsa,
sappi ch’i’ fui vestito del gran manto;

e veramente fui figliuol de l’orsa,70
cupido sì per avanzar li orsatti,
che sù l’avere e qui me misi in borsa.

Di sotto al capo mio son li altri tratti
che precedetter me simoneggiando,
per le fessure de la pietra piatti.

Là giù cascherò io altresì quando
verrà colui ch’i’ credea che tu fossi,
allor ch’i’ feci ’l sùbito dimando.

Ma più è ’l tempo già che i piè mi cossi
e ch’i’ son stato così sottosopra,80
ch’el non starà piantato coi piè rossi:

ché dopo lui verrà di più laida opra,
di ver’ ponente, un pastor sanza legge,
tal che convien che lui e me ricuopra.

Nuovo Iasón sarà, di cui si legge
ne’ Maccabei; e come a quel fu molle
suo re, così fia lui chi Francia regge».

Io non so s’i’ mi fui qui troppo folle,
ch’i’ pur rispuosi lui a questo metro:
«Deh, or mi dì: quanto tesoro volle90

Nostro Segnore in prima da san Pietro
ch’ei ponesse le chiavi in sua balìa?
Certo non chiese se non "Viemmi retro".

Né Pier né li altri tolsero a Matia
oro od argento, quando fu sortito
al loco che perdé l’anima ria.

Però ti sta, ché tu se’ ben punito;
e guarda ben la mal tolta moneta
ch’esser ti fece contra Carlo ardito.

E se non fosse ch’ancor lo mi vieta100
la reverenza de le somme chiavi
che tu tenesti ne la vita lieta,

io userei parole ancor più gravi;
ché la vostra avarizia il mondo attrista,
calcando i buoni e sollevando i pravi.

Di voi pastor s’accorse il Vangelista,
quando colei che siede sopra l’acque
puttaneggiar coi regi a lui fu vista;

quella che con le sette teste nacque,
e da le diece corna ebbe argomento,110
fin che virtute al suo marito piacque.

Fatto v’avete dio d’oro e d’argento;
e che altro è da voi a l’idolatre,
se non ch’elli uno, e voi ne orate cento?

Ahi, Costantin, di quanto mal fu matre,
non la tua conversion, ma quella dote
che da te prese il primo ricco patre!».

E mentr’ io li cantava cotai note,
o ira o coscïenza che ’l mordesse,
forte spingava con ambo le piote.120

I’ credo ben ch’al mio duca piacesse,
con sì contenta labbia sempre attese
lo suon de le parole vere espresse.

Però con ambo le braccia mi prese;
e poi che tutto su mi s’ebbe al petto,
rimontò per la via onde discese.

Né si stancò d’avermi a sé distretto,
sì men portò sovra ’l colmo de l’arco
che dal quarto al quinto argine è tragetto.

Quivi soavemente spuose il carco,130
soave per lo scoglio sconcio ed erto
che sarebbe a le capre duro varco.

Indi un altro vallon mi fu scoperto.

O Simon Magus, O forlorn disciples,
Ye who the things of God, which ought to be
The brides of holiness, rapaciously

For silver and for gold do prostitute,
Now it behoves for you the trumpet sound,
Because in this third Bolgia ye abide.

We had already on the following tomb
Ascended to that portion of the crag
Which o'er the middle of the moat hangs plumb.

Wisdom supreme, O how great art thou showest10
In heaven, in earth, and in the evil world,
And with what justice doth thy power distribute!

I saw upon the sides and on the bottom
The livid stone with perforations filled,
All of one size, and every one was round.

To me less ample seemed they not, nor greater
Than those that in my beautiful Saint John
Are fashioned for the place of the baptisers,

And one of which, not many years ago,
I broke for some one, who was drowning in it;20
Be this a seal all men to undeceive.

Out of the mouth of each one there protruded
The feet of a transgressor, and the legs
Up to the calf, the rest within remained.

In all of them the soles were both on fire;
Wherefore the joints so violently quivered,
They would have snapped asunder withes and bands.

Even as the flame of unctuous things is wont
To move upon the outer surface only,
So likewise was it there from heel to point.30

"Master, who is that one who writhes himself,
More than his other comrades quivering,"
I said, "and whom a redder flame is sucking?"

And he to me: "If thou wilt have me bear thee
Down there along that bank which lowest lies,
From him thou'lt know his errors and himself."

And I: "What pleases thee, to me is pleasing;
Thou art my Lord, and knowest that I depart not
From thy desire, and knowest what is not spoken."

Straightway upon the fourth dike we arrived;40
We turned, and on the left-hand side descended
Down to the bottom full of holes and narrow.

And the good Master yet from off his haunch
Deposed me not, till to the hole he brought me
Of him who so lamented with his shanks.

"Whoe'er thou art, that standest upside down,
O doleful soul, implanted like a stake,"
To say began I, "if thou canst, speak out."

I stood even as the friar who is confessing
The false assassin, who, when he is fixed,50
Recalls him, so that death may be delayed.

And he cried out: "Dost thou stand there already,
Dost thou stand there already, Boniface?
By many years the record lied to me.

Art thou so early satiate with that wealth,
For which thou didst not fear to take by fraud
The beautiful Lady, and then work her woe?"

Such I became, as people are who stand,
Not comprehending what is answered them,
As if bemocked, and know not how to answer.60

Then said Virgilius: "Say to him straightway,
'I am not he, I am not he thou thinkest.'"
And I replied as was imposed on me.

Whereat the spirit writhed with both his feet,
Then, sighing, with a voice of lamentation
Said to me: "Then what wantest thou of me?

If who I am thou carest so much to know,
That thou on that account hast crossed the bank,
Know that I vested was with the great mantle;

And truly was I son of the She-bear,70
So eager to advance the cubs, that wealth
Above, and here myself, I pocketed.

Beneath my head the others are dragged down
Who have preceded me in simony,
Flattened along the fissure of the rock.

Below there I shall likewise fall, whenever
That one shall come who I believed thou wast,
What time the sudden question I proposed.

But longer I my feet already toast,
And here have been in this way upside down,80
Than he will planted stay with reddened feet;

For after him shall come of fouler deed
From tow'rds the west a Pastor without law,
Such as befits to cover him and me.

New Jason will he be, of whom we read
In Maccabees; and as his king was pliant,
So he who governs France shall be to this one."

I do not know if I were here too bold,
That him I answered only in this metre:
"I pray thee tell me now how great a treasure90

Our Lord demanded of Saint Peter first,
Before he put the keys into his keeping?
Truly he nothing asked but 'Follow me.'

Nor Peter nor the rest asked of Matthias
Silver or gold, when he by lot was chosen
Unto the place the guilty soul had lost.

Therefore stay here, for thou art justly punished,
And keep safe guard o'er the ill-gotten money,
Which caused thee to be valiant against Charles.

And were it not that still forbids it me100
The reverence for the keys superlative
Thou hadst in keeping in the gladsome life,

I would make use of words more grievous still;
Because your avarice afflicts the world,
Trampling the good and lifting the depraved.

The Evangelist you Pastors had in mind,
When she who sitteth upon many waters
To fornicate with kings by him was seen;

The same who with the seven heads was born,
And power and strength from the ten horns received,110
So long as virtue to her spouse was pleasing.

Ye have made yourselves a god of gold and silver;
And from the idolater how differ ye,
Save that he one, and ye a hundred worship?

Ah, Constantine! of how much ill was mother,
Not thy conversion, but that marriage dower
Which the first wealthy Father took from thee!"

And while I sang to him such notes as these,
Either that anger or that conscience stung him,
He struggled violently with both his feet.120

I think in sooth that it my Leader pleased,
With such contented lip he listened ever
Unto the sound of the true words expressed.

Therefore with both his arms he took me up,
And when he had me all upon his breast,
Remounted by the way where he descended.

Nor did he tire to have me clasped to him;
But bore me to the summit of the arch
Which from the fourth dike to the fifth is passage.

There tenderly he laid his burden down,130
Tenderly on the crag uneven and steep,
That would have been hard passage for the goats:

Thence was unveiled to me another valley.
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Di nova pena mi conven far versi
e dar matera al ventesimo canto
de la prima canzon, ch’è d’i sommersi.

Io era già disposto tutto quanto
a riguardar ne lo scoperto fondo,
che si bagnava d’angoscioso pianto;

e vidi gente per lo vallon tondo
venir, tacendo e lagrimando, al passo
che fanno le letane in questo mondo.

Come ’l viso mi scese in lor più basso,10
mirabilmente apparve esser travolto
ciascun tra ’l mento e ’l principio del casso,

ché da le reni era tornato ’l volto,
e in dietro venir li convenia,
perché ’l veder dinanzi era lor tolto.

Forse per forza già di parlasia
si travolse così alcun del tutto;
ma io nol vidi, né credo che sia.

Se Dio ti lasci, lettor, prender frutto
di tua lezione, or pensa per te stesso20
com’ io potea tener lo viso asciutto,

quando la nostra imagine di presso
vidi sì torta, che ’l pianto de li occhi
le natiche bagnava per lo fesso.

Certo io piangea, poggiato a un de’ rocchi
del duro scoglio, sì che la mia scorta
mi disse: «Ancor se’ tu de li altri sciocchi?

Qui vive la pietà quand’ è ben morta;
chi è più scellerato che colui
che al giudicio divin passion comporta?30

Drizza la testa, drizza, e vedi a cui
s’aperse a li occhi d’i Teban la terra;
per ch’ei gridavan tutti: "Dove rui,

Anfïarao? perché lasci la guerra?".
E non restò di ruinare a valle
fino a Minòs che ciascheduno afferra.

Mira c’ha fatto petto de le spalle;
perché volle veder troppo davante,
di retro guarda e fa retroso calle.

Vedi Tiresia, che mutò sembiante40
quando di maschio femmina divenne,
cangiandosi le membra tutte quante;

e prima, poi, ribatter li convenne
li duo serpenti avvolti, con la verga,
che rïavesse le maschili penne.

Aronta è quel ch’al ventre li s’atterga,
che ne’ monti di Luni, dove ronca
lo Carrarese che di sotto alberga,

ebbe tra ’ bianchi marmi la spelonca
per sua dimora; onde a guardar le stelle50
e ’l mar non li era la veduta tronca.

E quella che ricuopre le mammelle,
che tu non vedi, con le trecce sciolte,
e ha di là ogne pilosa pelle,

Manto fu, che cercò per terre molte;
poscia si puose là dove nacqu’ io;
onde un poco mi piace che m’ascolte.

Poscia che ’l padre suo di vita uscìo
e venne serva la città di Baco,
questa gran tempo per lo mondo gio.60

Suso in Italia bella giace un laco,
a piè de l’Alpe che serra Lamagna
sovra Tiralli, c’ha nome Benaco.

Per mille fonti, credo, e più si bagna
tra Garda e Val Camonica e Pennino
de l’acqua che nel detto laco stagna.

Loco è nel mezzo là dove ’l trentino
pastore e quel di Brescia e ’l veronese
segnar poria, s’e’ fesse quel cammino.

Siede Peschiera, bello e forte arnese70
da fronteggiar Bresciani e Bergamaschi,
ove la riva ’ntorno più discese.

Ivi convien che tutto quanto caschi
ciò che ’n grembo a Benaco star non può,
e fassi fiume giù per verdi paschi.

Tosto che l’acqua a correr mette co,
non più Benaco, ma Mencio si chiama
fino a Governol, dove cade in Po.

Non molto ha corso, ch’el trova una lama,
ne la qual si distende e la ’mpaluda;80
e suol di state talor essere grama.

Quindi passando la vergine cruda
vide terra, nel mezzo del pantano,
sanza coltura e d’abitanti nuda.

Lì, per fuggire ogne consorzio umano,
ristette con suoi servi a far sue arti,
e visse, e vi lasciò suo corpo vano.

Li uomini poi che ’ntorno erano sparti
s’accolsero a quel loco, ch’era forte
per lo pantan ch’avea da tutte parti.90

Fer la città sovra quell’ ossa morte;
e per colei che ’l loco prima elesse,
Mantüa l’appellar sanz’ altra sorte.

Già fuor le genti sue dentro più spesse,
prima che la mattia da Casalodi
da Pinamonte inganno ricevesse.

Però t’assenno che, se tu mai odi
originar la mia terra altrimenti,
la verità nulla menzogna frodi».

E io: «Maestro, i tuoi ragionamenti100
mi son sì certi e prendon sì mia fede,
che li altri mi sarien carboni spenti.

Ma dimmi, de la gente che procede,
se tu ne vedi alcun degno di nota;
ché solo a ciò la mia mente rifiede».

Allor mi disse: «Quel che da la gota
porge la barba in su le spalle brune,
fu—quando Grecia fu di maschi vòta,

sì ch’a pena rimaser per le cune—
augure, e diede ’l punto con Calcanta110
in Aulide a tagliar la prima fune.

Euripilo ebbe nome, e così ’l canta
l’alta mia tragedìa in alcun loco:
ben lo sai tu che la sai tutta quanta.

Quell’ altro che ne’ fianchi è così poco,
Michele Scotto fu, che veramente
de le magiche frode seppe ’l gioco.

Vedi Guido Bonatti; vedi Asdente,
ch’avere inteso al cuoio e a lo spago
ora vorrebbe, ma tardi si pente.120

Vedi le triste che lasciaron l’ago,
la spuola e ’l fuso, e fecersi ’ndivine;
fecer malie con erbe e con imago.

Ma vienne omai, ché già tiene ’l confine
d’amendue li emisperi e tocca l’onda
sotto Sobilia Caino e le spine;

e già iernotte fu la luna tonda:
ben ten de’ ricordar, ché non ti nocque
alcuna volta per la selva fonda».

Sì mi parlava, e andavamo introcque.130

Of a new pain behoves me to make verses
And give material to the twentieth canto
Of the first song, which is of the submerged.

I was already thoroughly disposed
To peer down into the uncovered depth,
Which bathed itself with tears of agony;

And people saw I through the circular valley,
Silent and weeping, coming at the pace
Which in this world the Litanies assume.

As lower down my sight descended on them,10
Wondrously each one seemed to be distorted
From chin to the beginning of the chest;

For tow'rds the reins the countenance was turned,
And backward it behoved them to advance,
As to look forward had been taken from them.

Perchance indeed by violence of palsy
Some one has been thus wholly turned awry;
But I ne'er saw it, nor believe it can be.

As God may let thee, Reader, gather fruit
From this thy reading, think now for thyself20
How I could ever keep my face unmoistened,

When our own image near me I beheld
Distorted so, the weeping of the eyes
Along the fissure bathed the hinder parts.

Truly I wept, leaning upon a peak
Of the hard crag, so that my Escort said
To me: "Art thou, too, of the other fools?

Here pity lives when it is wholly dead;
Who is a greater reprobate than he
Who feels compassion at the doom divine?30

Lift up, lift up thy head, and see for whom
Opened the earth before the Thebans' eyes;
Wherefore they all cried: 'Whither rushest thou,

Amphiaraus? Why dost leave the war?'
And downward ceased he not to fall amain
As far as Minos, who lays hold on all.

See, he has made a bosom of his shoulders!
Because he wished to see too far before him
Behind he looks, and backward goes his way:

Behold Tiresias, who his semblance changed,40
When from a male a female he became,
His members being all of them transformed;

And afterwards was forced to strike once more
The two entangled serpents with his rod,
Ere he could have again his manly plumes.

That Aruns is, who backs the other's belly,
Who in the hills of Luni, there where grubs
The Carrarese who houses underneath,

Among the marbles white a cavern had
For his abode; whence to behold the stars50
And sea, the view was not cut off from him.

And she there, who is covering up her breasts,
Which thou beholdest not, with loosened tresses,
And on that side has all the hairy skin,

Was Manto, who made quest through many lands,
Afterwards tarried there where I was born;
Whereof I would thou list to me a little.

After her father had from life departed,
And the city of Bacchus had become enslaved,
She a long season wandered through the world.60

Above in beauteous Italy lies a lake
At the Alp's foot that shuts in Germany
Over Tyrol, and has the name Benaco.

By a thousand springs, I think, and more, is bathed,
'Twixt Garda and Val Camonica, Pennino,
With water that grows stagnant in that lake.

Midway a place is where the Trentine Pastor,
And he of Brescia, and the Veronese
Might give his blessing, if he passed that way.

Sitteth Peschiera, fortress fair and strong,70
To front the Brescians and the Bergamasks,
Where round about the bank descendeth lowest.

There of necessity must fall whatever
In bosom of Benaco cannot stay,
And grows a river down through verdant pastures.

Soon as the water doth begin to run,
No more Benaco is it called, but Mincio,
Far as Governo, where it falls in Po.

Not far it runs before it finds a plain
In which it spreads itself, and makes it marshy,80
And oft 'tis wont in summer to be sickly.

Passing that way the virgin pitiless
Land in the middle of the fen descried,
Untilled and naked of inhabitants;

There to escape all human intercourse,
She with her servants stayed, her arts to practise
And lived, and left her empty body there.

The men, thereafter, who were scattered round,
Collected in that place, which was made strong
By the lagoon it had on every side;90

They built their city over those dead bones,
And, after her who first the place selected,
Mantua named it, without other omen.

Its people once within more crowded were,
Ere the stupidity of Casalodi
From Pinamonte had received deceit.

Therefore I caution thee, if e'er thou hearest
Originate my city otherwise,
No falsehood may the verity defraud."

And I: "My Master, thy discourses are100
To me so certain, and so take my faith,
That unto me the rest would be spent coals.

But tell me of the people who are passing,
If any one note-worthy thou beholdest,
For only unto that my mind reverts."

Then said he to me: "He who from the cheek
Thrusts out his beard upon his swarthy shoulders
Was, at the time when Greece was void of males,

So that there scarce remained one in the cradle,
An augur, and with Calchas gave the moment,110
In Aulis, when to sever the first cable.

Eryphylus his name was, and so sings
My lofty Tragedy in some part or other;
That knowest thou well, who knowest the whole of it.

The next, who is so slender in the flanks,
Was Michael Scott, who of a verity
Of magical illusions knew the game.

Behold Guido Bonatti, behold Asdente,
Who now unto his leather and his thread
Would fain have stuck, but he too late repents.120

Behold the wretched ones, who left the needle,
The spool and rock, and made them fortune-tellers;
They wrought their magic spells with herb and image.

But come now, for already holds the confines
Of both the hemispheres, and under Seville
Touches the ocean-wave, Cain and the thorns,

And yesternight the moon was round already;
Thou shouldst remember well it did not harm thee
From time to time within the forest deep."

Thus spake he to me, and we walked the while.130
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Così di ponte in ponte, altro parlando
che la mia comedìa cantar non cura,
venimmo; e tenavamo ’l colmo, quando

restammo per veder l’altra fessura
di Malebolge e li altri pianti vani;
e vidila mirabilmente oscura.

Quale ne l’arzanà de’ Viniziani
bolle l’inverno la tenace pece
a rimpalmare i legni lor non sani,

ché navicar non ponnoóin quella vece10
chi fa suo legno novo e chi ristoppa
le coste a quel che più vïaggi fece;

chi ribatte da proda e chi da poppa;
altri fa remi e altri volge sarte;
chi terzeruolo e artimon rintoppaó:

tal, non per foco ma per divin’ arte,
bollia là giuso una pegola spessa,
che ’nviscava la ripa d’ogne parte.

I’ vedea lei, ma non vedëa in essa
mai che le bolle che ’l bollor levava,20
e gonfiar tutta, e riseder compressa.

Mentr’ io là giù fisamente mirava,
lo duca mio, dicendo «Guarda, guarda!»,
mi trasse a sé del loco dov’ io stava.

Allor mi volsi come l’uom cui tarda
di veder quel che li convien fuggire
e cui paura sùbita sgagliarda,

che, per veder, non indugia ’l partire:
e vidi dietro a noi un diavol nero
correndo su per lo scoglio venire.30

Ahi quant’ elli era ne l’aspetto fero!
e quanto mi parea ne l’atto acerbo,
con l’ali aperte e sovra i piè leggero!

L’omero suo, ch’era aguto e superbo,
carcava un peccator con ambo l’anche,
e quei tenea de’ piè ghermito ’l nerbo.

Del nostro ponte disse: «O Malebranche,
ecco un de li anzïan di Santa Zita!
Mettetel sotto, ch’i’ torno per anche

a quella terra, che n’è ben fornita:40
ogn’ uom v’è barattier, fuor che Bonturo;
del no, per li denar, vi si fa ita».

Là giù ’l buttò, e per lo scoglio duro
si volse; e mai non fu mastino sciolto
con tanta fretta a seguitar lo furo.

Quel s’attuffò, e tornò sù convolto;
ma i demon che del ponte avean coperchio,
gridar: «Qui non ha loco il Santo Volto!

qui si nuota altrimenti che nel Serchio!
Però, se tu non vuo’ di nostri graffi,50
non far sopra la pegola soverchio».

Poi l’addentar con più di cento raffi,
disser: «Coverto convien che qui balli,
sì che, se puoi, nascosamente accaffi».

Non altrimenti i cuoci a’ lor vassalli
fanno attuffare in mezzo la caldaia
la carne con li uncin, perché non galli.

Lo buon maestro «Acciò che non si paia
che tu ci sia», mi disse, «giù t’acquatta
dopo uno scheggio, ch’alcun schermo t’aia;60

e per nulla offension che mi sia fatta,
non temer tu, ch’i’ ho le cose conte,
perch’ altra volta fui a tal baratta».

Poscia passò di là dal co del ponte;
e com’ el giunse in su la ripa sesta,
mestier li fu d’aver sicura fronte.

Con quel furore e con quella tempesta
ch’escono i cani a dosso al poverello
che di sùbito chiede ove s’arresta,

usciron quei di sotto al ponticello,70
e volser contra lui tutt’ i runcigli;
ma el gridò: «Nessun di voi sia fello!

Innanzi che l’uncin vostro mi pigli,
traggasi avante l’un di voi che m’oda,
e poi d’arruncigliarmi si consigli».

Tutti gridaron: «Vada Malacoda!»;
per ch’un si mosseóe li altri stetter fermió
e venne a lui dicendo: «Che li approda?».

«Credi tu, Malacoda, qui vedermi
esser venuto», disse ’l mio maestro,80
«sicuro già da tutti vostri schermi,

sanza voler divino e fato destro?
Lascian’ andar, ché nel cielo è voluto
ch’i’ mostri altrui questo cammin silvestro».

Allor li fu l’orgoglio sì caduto,
ch’e’ si lasciò cascar l’uncino a’ piedi,
e disse a li altri: «Omai non sia feruto».

E ’l duca mio a me: «O tu che siedi
tra li scheggion del ponte quatto quatto,
sicuramente omai a me ti riedi».90

Per ch’io mi mossi e a lui venni ratto;
e i diavoli si fecer tutti avanti,
sì ch’io temetti ch’ei tenesser patto;

così vid’ ïo già temer li fanti
ch’uscivan patteggiati di Caprona,
veggendo sé tra nemici cotanti.

I’ m’accostai con tutta la persona
lungo ’l mio duca, e non torceva li occhi
da la sembianza lor ch’era non buona.

Ei chinavan li raffi e «Vuo’ che ’l tocchi»,100
diceva l’un con l’altro, «in sul groppone?».
E rispondien: «Sì, fa che gliel’ accocchi».

Ma quel demonio che tenea sermone
col duca mio, si volse tutto presto
e disse: «Posa, posa, Scarmiglione!».

Poi disse a noi: «Più oltre andar per questo
iscoglio non si può, però che giace
tutto spezzato al fondo l’arco sesto.

E se l’andare avante pur vi piace,
andatevene su per questa grotta;110
presso è un altro scoglio che via face.

Ier, più oltre cinqu’ ore che quest’ otta,
mille dugento con sessanta sei
anni compié che qui la via fu rotta.

Io mando verso là di questi miei
a riguardar s’alcun se ne sciorina;
gite con lor, che non saranno rei».

«Tra’ti avante, Alichino, e Calcabrina»,
cominciò elli a dire, «e tu, Cagnazzo;
e Barbariccia guidi la decina.120

Libicocco vegn’ oltre e Draghignazzo,
Cirïatto sannuto e Graffiacane
e Farfarello e Rubicante pazzo.

Cercate ’ntorno le boglienti pane;
costor sian salvi infino a l’altro scheggio
che tutto intero va sovra le tane».

«Omè, maestro, che è quel ch’i’ veggio?»,
diss’ io, «deh, sanza scorta andianci soli,
se tu sa’ ir; ch’i’ per me non la cheggio.

Se tu se’ sì accorto come suoli,130
non vedi tu ch’e’ digrignan li denti
e con le ciglia ne minaccian duoli?».

Ed elli a me: «Non vo’ che tu paventi;
lasciali digrignar pur a lor senno,
ch’e’ fanno ciò per li lessi dolenti».

Per l’argine sinistro volta dienno;
ma prima avea ciascun la lingua stretta
coi denti, verso lor duca, per cenno;

ed elli avea del cul fatto trombetta.

From bridge to bridge thus, speaking other things
Of which my Comedy cares not to sing,
We came along, and held the summit, when

We halted to behold another fissure
Of Malebolge and other vain laments;
And I beheld it marvellously dark.

As in the Arsenal of the Venetians
Boils in the winter the tenacious pitch
To smear their unsound vessels o'er again,

For sail they cannot; and instead thereof10
One makes his vessel new, and one recaulks
The ribs of that which many a voyage has made;

One hammers at the prow, one at the stern,
This one makes oars, and that one cordage twists,
Another mends the mainsail and the mizzen;

Thus, not by fire, but by the art divine,
Was boiling down below there a dense pitch
Which upon every side the bank belimed.

I saw it, but I did not see within it
Aught but the bubbles that the boiling raised,20
And all swell up and resubside compressed.

The while below there fixedly I gazed,
My Leader, crying out: "Beware, beware!"
Drew me unto himself from where I stood.

Then I turned round, as one who is impatient
To see what it behoves him to escape,
And whom a sudden terror doth unman,

Who, while he looks, delays not his departure;
And I beheld behind us a black devil,
Running along upon the crag, approach.30

Ah, how ferocious was he in his aspect!
And how he seemed to me in action ruthless,
With open wings and light upon his feet!

His shoulders, which sharp-pointed were and high,
A sinner did encumber with both haunches,
And he held clutched the sinews of the feet.

From off our bridge, he said: "O Malebranche,
Behold one of the elders of Saint Zita;
Plunge him beneath, for I return for others

Unto that town, which is well furnished with them.40
All there are barrators, except Bonturo;
No into Yes for money there is changed."

He hurled him down, and over the hard crag
Turned round, and never was a mastiff loosened
In so much hurry to pursue a thief.

The other sank, and rose again face downward;
But the demons, under cover of the bridge,
Cried: "Here the Santo Volto has no place!

Here swims one otherwise than in the Serchio;
Therefore, if for our gaffs thou wishest not,50
Do not uplift thyself above the pitch."

They seized him then with more than a hundred rakes;
They said: "It here behoves thee to dance covered,
That, if thou canst, thou secretly mayest pilfer."

Not otherwise the cooks their scullions make
Immerse into the middle of the caldron
The meat with hooks, so that it may not float.

Said the good Master to me: "That it be not
Apparent thou art here, crouch thyself down
Behind a jag, that thou mayest have some screen;60

And for no outrage that is done to me
Be thou afraid, because these things I know,
For once before was I in such a scuffle."

Then he passed on beyond the bridge's head,
And as upon the sixth bank he arrived,
Need was for him to have a steadfast front.

With the same fury, and the same uproar,
As dogs leap out upon a mendicant,
Who on a sudden begs, where'er he stops,

They issued from beneath the little bridge,70
And turned against him all their grappling-irons;
But he cried out: "Be none of you malignant!

Before those hooks of yours lay hold of me,
Let one of you step forward, who may hear me,
And then take counsel as to grappling me."

They all cried out: "Let Malacoda go;"
Whereat one started, and the rest stood still,
And he came to him, saying: "What avails it?"

"Thinkest thou, Malacoda, to behold me
Advanced into this place," my Master said,80
"Safe hitherto from all your skill of fence,

Without the will divine, and fate auspicious?
Let me go on, for it in Heaven is willed
That I another show this savage road."

Then was his arrogance so humbled in him,
That he let fall his grapnel at his feet,
And to the others said: "Now strike him not."

And unto me my Guide: "O thou, who sittest
Among the splinters of the bridge crouched down,
Securely now return to me again."90

Wherefore I started and came swiftly to him;
And all the devils forward thrust themselves,
So that I feared they would not keep their compact.

And thus beheld I once afraid the soldiers
Who issued under safeguard from Caprona,
Seeing themselves among so many foes.

Close did I press myself with all my person
Beside my Leader, and turned not mine eyes
From off their countenance, which was not good.

They lowered their rakes, and "Wilt thou have me hit him,"100
They said to one another, "on the rump?"
And answered: "Yes; see that thou nick him with it."

But the same demon who was holding parley
With my Conductor turned him very quickly,
And said: "Be quiet, be quiet, Scarmiglione;"

Then said to us: "You can no farther go
Forward upon this crag, because is lying
All shattered, at the bottom, the sixth arch.

And if it still doth please you to go onward,
Pursue your way along upon this rock;110
Near is another crag that yields a path.

Yesterday, five hours later than this hour,
One thousand and two hundred sixty-six
Years were complete, that here the way was broken.

I send in that direction some of mine
To see if any one doth air himself;
Go ye with them; for they will not be vicious.

Step forward, Alichino and Calcabrina,"
Began he to cry out, "and thou, Cagnazzo;
And Barbariccia, do thou guide the ten.120

Come forward, Libicocco and Draghignazzo,
And tusked Ciriatto and Graffiacane,
And Farfarello and mad Rubicante;

Search ye all round about the boiling pitch;
Let these be safe as far as the next crag,
That all unbroken passes o'er the dens."

"O me! what is it, Master, that I see?
Pray let us go," I said, "without an escort,
If thou knowest how, since for myself I ask none.

If thou art as observant as thy wont is,130
Dost thou not see that they do gnash their teeth,
And with their brows are threatening woe to us?"

And he to me: "I will not have thee fear;
Let them gnash on, according to their fancy,
Because they do it for those boiling wretches."

Along the left-hand dike they wheeled about;
But first had each one thrust his tongue between
His teeth towards their leader for a signal;

And he had made a trumpet of his rump.
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Io vidi già cavalier muover campo,
e cominciare stormo e far lor mostra,
e talvolta partir per loro scampo;

corridor vidi per la terra vostra,
o Aretini, e vidi gir gualdane,
fedir torneamenti e correr giostra;

quando con trombe, e quando con campane,
con tamburi e con cenni di castella,
e con cose nostrali e con istrane;

né già con sì diversa cennamella10
cavalier vidi muover né pedoni,
né nave a segno di terra o di stella.

Noi andavam con li diece demoni.
Ahi fiera compagnia! ma ne la chiesa
coi santi, e in taverna coi ghiottoni.

Pur a la pegola era la mia ’ntesa,
per veder de la bolgia ogne contegno
e de la gente ch’entro v’era incesa.

Come i dalfini, quando fanno segno
a’ marinar con l’arco de la schiena20
che s’argomentin di campar lor legno,

talor così, ad alleggiar la pena,
mostrav’ alcun de’ peccatori ’l dosso
e nascondea in men che non balena.

E come a l’orlo de l’acqua d’un fosso
stanno i ranocchi pur col muso fuori,
sì che celano i piedi e l’altro grosso,

sì stavan d’ogne parte i peccatori;
ma come s’appressava Barbariccia,
così si ritraén sotto i bollori.30

I’ vidi, e anco il cor me n’accapriccia,
uno aspettar così, com’ elli ’ncontra
ch’una rana rimane e l’altra spiccia;

e Graffiacan, che li era più di contra,
li arruncigliò le ’mpegolate chiome
e trassel sù, che mi parve una lontra.

I’ sapea già di tutti quanti ’l nome,
sì li notai quando fuorono eletti,
e poi ch’e’ si chiamaro, attesi come.

«O Rubicante, fa che tu li metti40
li unghioni a dosso, sì che tu lo scuoi!»,
gridavan tutti insieme i maladetti.

E io: «Maestro mio, fa, se tu puoi,
che tu sappi chi è lo sciagurato
venuto a man de li avversari suoi».

Lo duca mio li s’accostò allato;
domandollo ond’ ei fosse, e quei rispuose:
«I’ fui del regno di Navarra nato.

Mia madre a servo d’un segnor mi puose,
che m’avea generato d’un ribaldo,50
distruggitor di sé e di sue cose.

Poi fui famiglia del buon re Tebaldo;
quivi mi misi a far baratteria,
di ch’io rendo ragione in questo caldo».

E Cirïatto, a cui di bocca uscia
d’ogne parte una sanna come a porco,
li fé sentir come l’una sdruscia.

Tra male gatte era venuto ’l sorco;
ma Barbariccia il chiuse con le braccia
e disse: «State in là, mentr’ io lo ’nforco».60

E al maestro mio volse la faccia;
«Domanda», disse, «ancor, se più disii
saper da lui, prima ch’altri ’l disfaccia».

Lo duca dunque: «Or dì: de li altri rii
conosci tu alcun che sia latino
sotto la pece?». E quelli: «I’ mi partii,

poco è, da un che fu di là vicino.
Così foss’ io ancor con lui coperto,
ch’i’ non temerei unghia né uncino!».

E Libicocco «Troppo avem sofferto»,70
disse; e preseli ’l braccio col runciglio,
sì che, stracciando, ne portò un lacerto.

Draghignazzo anco i volle dar di piglio
giuso a le gambe; onde ’l decurio loro
si volse intorno intorno con mal piglio.

Quand’ elli un poco rappaciati fuoro,
a lui, ch’ancor mirava sua ferita,
domandò ’l duca mio sanza dimoro:

«Chi fu colui da cui mala partita
di’ che facesti per venire a proda?»80
. Ed ei rispuose: «Fu frate Gomita,

quel di Gallura, vasel d’ogne froda,
ch’ebbe i nemici di suo donno in mano,
e fé sì lor, che ciascun se ne loda.

Danar si tolse e lasciolli di piano,
sì com’ e’ dice; e ne li altri offici anche
barattier fu non picciol, ma sovrano.

Usa con esso donno Michel Zanche
di Logodoro; e a dir di Sardigna
le lingue lor non si sentono stanche.90

Omè, vedete l’altro che digrigna;
i’ direi anche, ma i’ temo ch’ello
non s’apparecchi a grattarmi la tigna».

E ’l gran proposto, vòlto a Farfarello
che stralunava li occhi per fedire,
disse: «Fatti ’n costà, malvagio uccello!».

«Se voi volete vedere o udire»,
ricominciò lo spaürato appresso,
«Toschi o Lombardi, io ne farò venire;

ma stieno i Malebranche un poco in cesso,100
sì ch’ei non teman de le lor vendette;
e io, seggendo in questo loco stesso,

per un ch’io son, ne farò venir sette
quand’ io suffolerò, com’ è nostro uso
di fare allor che fori alcun si mette».

Cagnazzo a cotal motto levò ’l muso,
crollando ’l capo, e disse: «Odi malizia
ch’elli ha pensata per gittarsi giuso!».

Ond’ ei, ch’avea lacciuoli a gran divizia,
rispuose: «Malizioso son io troppo,110
quand’ io procuro a’ mia maggior trestizia».

Alichin non si tenne e, di rintoppo
a li altri, disse a lui: «Se tu ti cali,
io non ti verrò dietro di gualoppo,

ma batterò sovra la pece l’ali.
Lascisi ’l collo, e sia la ripa scudo,
a veder se tu sol più di noi vali».

O tu che leggi, udirai nuovo ludo:
ciascun da l’altra costa li occhi volse,
quel prima, ch’a ciò fare era più crudo.120

Lo Navarrese ben suo tempo colse;
fermò le piante a terra, e in un punto
saltò e dal proposto lor si sciolse.

Di che ciascun di colpa fu compunto,
ma quei più che cagion fu del difetto;
però si mosse e gridò: «Tu se’ giunto!».

Ma poco i valse: ché l’ali al sospetto
non potero avanzar; quelli andò sotto,
e quei drizzò volando suso il petto:

non altrimenti l’anitra di botto,130
quando ’l falcon s’appressa, giù s’attuffa,
ed ei ritorna sù crucciato e rotto.

Irato Calcabrina de la buffa,
volando dietro li tenne, invaghito
che quei campasse per aver la zuffa;

e come ’l barattier fu disparito,
così volse li artigli al suo compagno,
e fu con lui sopra ’l fosso ghermito.

Ma l’altro fu bene sparvier grifagno
ad artigliar ben lui, e amendue140
cadder nel mezzo del bogliente stagno.

Lo caldo sghermitor sùbito fue;
ma però di levarsi era neente,
sì avieno inviscate l’ali sue.

Barbariccia, con li altri suoi dolente,
quattro ne fé volar da l’altra costa
con tutt’ i raffi, e assai prestamente

di qua, di là discesero a la posta;
porser li uncini verso li ’mpaniati,
ch’eran già cotti dentro da la crosta.150

E noi lasciammo lor così ’mpacciati.

I have erewhile seen horsemen moving camp,
Begin the storming, and their muster make,
And sometimes starting off for their escape;

Vaunt-couriers have I seen upon your land,
O Aretines, and foragers go forth,
Tournaments stricken, and the joustings run,

Sometimes with trumpets and sometimes with bells,
With kettle-drums, and signals of the castles,
And with our own, and with outlandish things,

But never yet with bagpipe so uncouth10
Did I see horsemen move, nor infantry,
Nor ship by any sign of land or star.

We went upon our way with the ten demons;
Ah, savage company! but in the church
With saints, and in the tavern with the gluttons!

Ever upon the pitch was my intent,
To see the whole condition of that Bolgia,
And of the people who therein were burned.

Even as the dolphins, when they make a sign
To mariners by arching of the back,20
That they should counsel take to save their vessel,

Thus sometimes, to alleviate his pain,
One of the sinners would display his back,
And in less time conceal it than it lightens.

As on the brink of water in a ditch
The frogs stand only with their muzzles out,
So that they hide their feet and other bulk,

So upon every side the sinners stood;
But ever as Barbariccia near them came,
Thus underneath the boiling they withdrew.30

I saw, and still my heart doth shudder at it,
One waiting thus, even as it comes to pass
One frog remains, and down another dives;

And Graffiacan, who most confronted him,
Grappled him by his tresses smeared with pitch,
And drew him up, so that he seemed an otter.

I knew, before, the names of all of them,
So had I noted them when they were chosen,
And when they called each other, listened how.

"O Rubicante, see that thou do lay40
Thy claws upon him, so that thou mayst flay him,"
Cried all together the accursed ones.

And I: "My Master, see to it, if thou canst,
That thou mayst know who is the luckless wight,
Thus come into his adversaries' hands."

Near to the side of him my Leader drew,
Asked of him whence he was; and he replied:
"I in the kingdom of Navarre was born;

My mother placed me servant to a lord,
For she had borne me to a ribald knave,50
Destroyer of himself and of his things.

Then I domestic was of good King Thibault;
I set me there to practise barratry,
For which I pay the reckoning in this heat."

And Ciriatto, from whose mouth projected,
On either side, a tusk, as in a boar,
Caused him to feel how one of them could rip.

Among malicious cats the mouse had come;
But Barbariccia clasped him in his arms,
And said: "Stand ye aside, while I enfork him."60

And to my Master he turned round his head;
"Ask him again," he said, "if more thou wish
To know from him, before some one destroy him."

The Guide: "Now tell then of the other culprits;
Knowest thou any one who is a Latian,
Under the pitch?" And he: "I separated

Lately from one who was a neighbour to it;
Would that I still were covered up with him,
For I should fear not either claw nor hook!"

And Libicocco: "We have borne too much;"70
And with his grapnel seized him by the arm,
So that, by rending, he tore off a tendon.

Eke Draghignazzo wished to pounce upon him
Down at the legs; whence their Decurion
Turned round and round about with evil look.

When they again somewhat were pacified,
Of him, who still was looking at his wound,
Demanded my Conductor without stay:

"Who was that one, from whom a luckless parting
Thou sayest thou hast made, to come ashore?"80
And he replied: "It was the Friar Gomita,

He of Gallura, vessel of all fraud,
Who had the enemies of his Lord in hand,
And dealt so with them each exults thereat;

Money he took, and let them smoothly off,
As he says; and in other offices
A barrator was he, not mean but sovereign.

Foregathers with him one Don Michael Zanche
Of Logodoro; and of Sardinia
To gossip never do their tongues feel tired.90

O me! see that one, how he grinds his teeth;
Still farther would I speak, but am afraid
Lest he to scratch my itch be making ready."

And the grand Provost, turned to Farfarello,
Who rolled his eyes about as if to strike,
Said: "Stand aside there, thou malicious bird."

"If you desire either to see or hear,"
The terror-stricken recommenced thereon,
"Tuscans or Lombards, I will make them come.

But let the Malebranche cease a little,100
So that these may not their revenges fear,
And I, down sitting in this very place,

For one that I am will make seven come,
When I shall whistle, as our custom is
To do whenever one of us comes out."

Cagnazzo at these words his muzzle lifted,
Shaking his head, and said: "Just hear the trick
Which he has thought of, down to throw himself!"

Whence he, who snares in great abundance had,
Responded: "I by far too cunning am,110
When I procure for mine a greater sadness."

Alichin held not in, but running counter
Unto the rest, said to him: "If thou dive,
I will not follow thee upon the gallop,

But I will beat my wings above the pitch;
The height be left, and be the bank a shield
To see if thou alone dost countervail us."

O thou who readest, thou shalt hear new sport!
Each to the other side his eyes averted;
He first, who most reluctant was to do it.120

The Navarrese selected well his time;
Planted his feet on land, and in a moment
Leaped, and released himself from their design.

Whereat each one was suddenly stung with shame,
But he most who was cause of the defeat;
Therefore he moved, and cried: "Thou art o'ertakern."

But little it availed, for wings could not
Outstrip the fear; the other one went under,
And, flying, upward he his breast directed;

Not otherwise the duck upon a sudden130
Dives under, when the falcon is approaching,
And upward he returneth cross and weary.

Infuriate at the mockery, Calcabrina
Flying behind him followed close, desirous
The other should escape, to have a quarrel.

And when the barrator had disappeared,
He turned his talons upon his companion,
And grappled with him right above the moat.

But sooth the other was a doughty sparhawk
To clapperclaw him well; and both of them140
Fell in the middle of the boiling pond.

A sudden intercessor was the heat;
But ne'ertheless of rising there was naught,
To such degree they had their wings belimed.

Lamenting with the others, Barbariccia
Made four of them fly to the other side
With all their gaffs, and very speedily

This side and that they to their posts descended;
They stretched their hooks towards the pitch-ensnared,
Who were already baked within the crust,150

And in this manner busied did we leave them.
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Taciti, soli, sanza compagnia
n’andavam l’un dinanzi e l’altro dopo,
come frati minor vanno per via.

Vòlt’ era in su la favola d’Isopo
lo mio pensier per la presente rissa,
dov’ el parlò de la rana e del topo;

ché più non si pareggia ‘mo’ e ‘issa’
che l’un con l’altro fa, se ben s’accoppia
principio e fine con la mente fissa.

E come l’un pensier de l’altro scoppia,10
così nacque di quello un altro poi,
che la prima paura mi fé doppia.

Io pensava così: ‘Questi per noi
sono scherniti con danno e con beffa
sì fatta, ch’assai credo che lor nòi.

Se l’ira sovra ’l mal voler s’aggueffa,
ei ne verranno dietro più crudeli
che ’l cane a quella lievre ch’elli acceffa’.

Già mi sentia tutti arricciar li peli
de la paura e stava in dietro intento,20
quand’ io dissi: «Maestro, se non celi

te e me tostamente, i’ ho pavento
d’i Malebranche. Noi li avem già dietro;
io li ’magino sì, che già li sento».

E quei: «S’i’ fossi di piombato vetro,
l’imagine di fuor tua non trarrei
più tosto a me, che quella dentro ’mpetro.

Pur mo venieno i tuo’ pensier tra ’ miei,
con simile atto e con simile faccia,
sì che d’intrambi un sol consiglio fei.30

S’elli è che sì la destra costa giaccia,
che noi possiam ne l’altra bolgia scendere,
noi fuggirem l’imaginata caccia».

Già non compié di tal consiglio rendere,
ch’io li vidi venir con l’ali tese
non molto lungi, per volerne prendere.

Lo duca mio di sùbito mi prese,
come la madre ch’al romore è desta
e vede presso a sé le fiamme accese,

che prende il figlio e fugge e non s’arresta,40
avendo più di lui che di sé cura,
tanto che solo una camiscia vesta;

e giù dal collo de la ripa dura
supin si diede a la pendente roccia,
che l’un de’ lati a l’altra bolgia tura.

Non corse mai sì tosto acqua per doccia
a volger ruota di molin terragno,
quand’ ella più verso le pale approccia,

come ’l maestro mio per quel vivagno,
portandosene me sovra ’l suo petto,50
come suo figlio, non come compagno.

A pena fuoro i piè suoi giunti al letto
del fondo giù, ch’e’ furon in sul colle
sovresso noi; ma non lì era sospetto:

ché l’alta provedenza che lor volle
porre ministri de la fossa quinta,
poder di partirs’ indi a tutti tolle.

Là giù trovammo una gente dipinta
che giva intorno assai con lenti passi,
piangendo e nel sembiante stanca e vinta.60

Elli avean cappe con cappucci bassi
dinanzi a li occhi, fatte de la taglia
che in Clugnì per li monaci fassi.

Di fuor dorate son, sì ch’elli abbaglia;
ma dentro tutte piombo, e gravi tanto,
che Federigo le mettea di paglia.

Oh in etterno faticoso manto!
Noi ci volgemmo ancor pur a man manca
con loro insieme, intenti al tristo pianto;

ma per lo peso quella gente stanca70
venìa sì pian, che noi eravam nuovi
di compagnia ad ogne mover d’anca.

Per ch’io al duca mio: «Fa che tu trovi
alcun ch’al fatto o al nome si conosca,
e li occhi, sì andando, intorno movi».

E un che ’ntese la parola tosca,
di retro a noi gridò: «Tenete i piedi,
voi che correte sì per l’aura fosca!

Forse ch’avrai da me quel che tu chiedi».
Onde ’l duca si volse e disse: «Aspetta,80
e poi secondo il suo passo procedi».

Ristetti, e vidi due mostrar gran fretta
de l’animo, col viso, d’esser meco;
ma tardavali ’l carco e la via stretta.

Quando fuor giunti, assai con l’occhio bieco
mi rimiraron sanza far parola;
poi si volsero in sé, e dicean seco:

«Costui par vivo a l’atto de la gola;
e s’e’ son morti, per qual privilegio
vanno scoperti de la grave stola?».90

Poi disser me: «O Tosco, ch’al collegio
de l’ipocriti tristi se’ venuto,
dir chi tu se’ non avere in dispregio».

E io a loro: «I’ fui nato e cresciuto
sovra ’l bel fiume d’Arno a la gran villa,
e son col corpo ch’i’ ho sempre avuto.

Ma voi chi siete, a cui tanto distilla
quant’ i’ veggio dolor giù per le guance?
e che pena è in voi che sì sfavilla?».

E l’un rispuose a me: «Le cappe rance100
son di piombo sì grosse, che li pesi
fan così cigolar le lor bilance.

Frati godenti fummo, e bolognesi;
io Catalano e questi Loderingo
nomati, e da tua terra insieme presi

come suole esser tolto un uom solingo,
per conservar sua pace; e fummo tali,
ch’ancor si pare intorno dal Gardingo».

Io cominciai: «O frati, i vostri mali...»;
ma più non dissi, ch’a l’occhio mi corse110
un, crucifisso in terra con tre pali.

Quando mi vide, tutto si distorse,
soffiando ne la barba con sospiri;
e ’l frate Catalan, ch’a ciò s’accorse,

mi disse: «Quel confitto che tu miri,
consigliò i Farisei che convenia
porre un uom per lo popolo a’ martìri.

Attraversato è, nudo, ne la via,
come tu vedi, ed è mestier ch’el senta
qualunque passa, come pesa, pria.120

E a tal modo il socero si stenta
in questa fossa, e li altri dal concilio
che fu per li Giudei mala sementa».

Allor vid’ io maravigliar Virgilio
sovra colui ch’era disteso in croce
tanto vilmente ne l’etterno essilio.

Poscia drizzò al frate cotal voce:
«Non vi dispiaccia, se vi lece, dirci
s’a la man destra giace alcuna foce

onde noi amendue possiamo uscirci,130
sanza costrigner de li angeli neri
che vegnan d’esto fondo a dipartirci».

Rispuose adunque: «Più che tu non speri
s’appressa un sasso che da la gran cerchia
si move e varca tutt’ i vallon feri,

salvo che ’n questo è rotto e nol coperchia;
montar potrete su per la ruina,
che giace in costa e nel fondo soperchia».

Lo duca stette un poco a testa china;
poi disse: «Mal contava la bisogna140
colui che i peccator di qua uncina».

E ’l frate: «Io udi’ già dire a Bologna
del diavol vizi assai, tra ’ quali udi’
ch’elli è bugiardo, e padre di menzogna».

Appresso il duca a gran passi sen gì,
turbato un poco d’ira nel sembiante;
ond’ io da li ’ncarcati mi parti’

dietro a le poste de le care piante.

Silent, alone, and without company
We went, the one in front, the other after,
As go the Minor Friars along their way.

Upon the fable of Aesop was directed
My thought, by reason of the present quarrel,
Where he has spoken of the frog and mouse;

For 'mo' and 'issa' are not more alike
Than this one is to that, if well we couple
End and beginning with a steadfast mind.

And even as one thought from another springs,10
So afterward from that was born another,
Which the first fear within me double made.

Thus did I ponder: "These on our account
Are laughed to scorn, with injury and scoff
So great, that much I think it must annoy them.

If anger be engrafted on ill-will,
They will come after us more merciless
Than dog upon the leveret which he seizes,"

I felt my hair stand all on end already
With terror, and stood backwardly intent,20
When said I: "Master, if thou hidest not

Thyself and me forthwith, of Malebranche
I am in dread; we have them now behind us;
I so imagine them, I already feel them."

And he: "If I were made of leaded glass,
Thine outward image I should not attract
Sooner to me than I imprint the inner.

Just now thy thoughts came in among my own,
With similar attitude and similar face,
So that of both one counsel sole I made.30

If peradventure the right bank so slope
That we to the next Bolgia can descend,
We shall escape from the imagined chase."

Not yet he finished rendering such opinion,
When I beheld them come with outstretched wings,
Not far remote, with will to seize upon us.

My Leader on a sudden seized me up,
Even as a mother who by noise is wakened,
And close beside her sees the enkindled flames,

Who takes her son, and flies, and does not stop,40
Having more care of him than of herself,
So that she clothes her only with a shift;

And downward from the top of the hard bank
Supine he gave him to the pendent rock,
That one side of the other Bolgia walls.

Ne'er ran so swiftly water through a sluice
To turn the wheel of any land-built mill,
When nearest to the paddles it approaches,

As did my Master down along that border,
Bearing me with him on his breast away,50
As his own son, and not as a companion.

Hardly the bed of the ravine below
His feet had reached, ere they had reached the hill
Right over us; but he was not afraid;

For the high Providence, which had ordained
To place them ministers of the fifth moat,
The power of thence departing took from all.

A painted people there below we found,
Who went about with footsteps very slow,
Weeping and in their semblance tired and vanquished.60

They had on mantles with the hoods low down
Before their eyes, and fashioned of the cut
That in Cologne they for the monks are made.

Without, they gilded are so that it dazzles;
But inwardly all leaden and so heavy
That Frederick used to put them on of straw.

O everlastingly fatiguing mantle!
Again we turned us, still to the left hand
Along with them, intent on their sad plaint;

But owing to the weight, that weary folk70
Came on so tardily, that we were new
In company at each motion of the haunch.

Whence I unto my Leader: "See thou find
Some one who may by deed or name be known,
And thus in going move thine eye about."

And one, who understood the Tuscan speech,
Cried to us from behind: "Stay ye your feet,
Ye, who so run athwart the dusky air!

Perhaps thou'lt have from me what thou demandest."
Whereat the Leader turned him, and said: "Wait,80
And then according to his pace proceed."

I stopped, and two beheld I show great haste
Of spirit, in their faces, to be with me;
But the burden and the narrow way delayed them.

When they came up, long with an eye askance
They scanned me without uttering a word.
Then to each other turned, and said together:

"He by the action of his throat seems living;
And if they dead are, by what privilege
Go they uncovered by the heavy stole?"90

Then said to me: "Tuscan, who to the college
Of miserable hypocrites art come,
Do not disdain to tell us who thou art."

And I to them: "Born was I, and grew up
In the great town on the fair river of Arno,
And with the body am I've always had.

But who are ye, in whom there trickles down
Along your cheeks such grief as I behold?
And what pain is upon you, that so sparkles?"

And one replied to me: "These orange cloaks100
Are made of lead so heavy, that the weights
Cause in this way their balances to creak.

Frati Gaudenti were we, and Bolognese;
I Catalano, and he Loderingo
Named, and together taken by thy city,

As the wont is to take one man alone,
For maintenance of its peace; and we were such
That still it is apparent round Gardingo."

"O Friars," began I, "your iniquitous. . ."
But said no more; for to mine eyes there rushed110
One crucified with three stakes on the ground.

When me he saw, he writhed himself all over,
Blowing into his beard with suspirations;
And the Friar Catalan, who noticed this,

Said to me: "This transfixed one, whom thou seest,
Counselled the Pharisees that it was meet
To put one man to torture for the people.

Crosswise and naked is he on the path,
As thou perceivest; and he needs must feel,
Whoever passes, first how much he weighs;120

And in like mode his father-in-law is punished
Within this moat, and the others of the council,
Which for the Jews was a malignant seed."

And thereupon I saw Virgilius marvel
O'er him who was extended on the cross
So vilely in eternal banishment.

Then he directed to the Friar this voice:
"Be not displeased, if granted thee, to tell us
If to the right hand any pass slope down

By which we two may issue forth from here,130
Without constraining some of the black angels
To come and extricate us from this deep."

Then he made answer: "Nearer than thou hopest
There is a rock, that forth from the great circle
Proceeds, and crosses all the cruel valleys,

Save that at this 'tis broken, and does not bridge it;
You will be able to mount up the ruin,
That sidelong slopes and at the bottom rises."

The Leader stood awhile with head bowed down;
Then said: "The business badly he recounted140
Who grapples with his hook the sinners yonder."

And the Friar: "Many of the Devil's vices
Once heard I at Bologna, and among them,
That he's a liar and the father of lies."

Thereat my Leader with great strides went on,
Somewhat disturbed with anger in his looks;
Whence from the heavy-laden I departed

After the prints of his beloved feet.
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In quella parte del giovanetto anno
che ’l sole i crin sotto l’Aquario tempra
e già le notti al mezzo dì sen vanno,

quando la brina in su la terra assempra
l’imagine di sua sorella bianca,
ma poco dura a la sua penna tempra,

lo villanello a cui la roba manca,
si leva, e guarda, e vede la campagna
biancheggiar tutta; ond’ ei si batte l’anca,

ritorna in casa, e qua e là si lagna,10
come ’l tapin che non sa che si faccia;
poi riede, e la speranza ringavagna,

veggendo ’l mondo aver cangiata faccia
in poco d’ora, e prende suo vincastro
e fuor le pecorelle a pascer caccia.

Così mi fece sbigottir lo mastro
quand’ io li vidi sì turbar la fronte,
e così tosto al mal giunse lo ’mpiastro;

ché, come noi venimmo al guasto ponte,
lo duca a me si volse con quel piglio20
dolce ch’io vidi prima a piè del monte.

Le braccia aperse, dopo alcun consiglio
eletto seco riguardando prima
ben la ruina, e diedemi di piglio.

E come quei ch’adopera ed estima,
che sempre par che ’nnanzi si proveggia,
così, levando me sù ver’ la cima

d’un ronchione, avvisava un’altra scheggia
dicendo: «Sovra quella poi t’aggrappa;
ma tenta pria s’è tal ch’ella ti reggia».30

Non era via da vestito di cappa,
ché noi a pena, ei lieve e io sospinto,
potavam sù montar di chiappa in chiappa.

E se non fosse che da quel precinto
più che da l’altro era la costa corta,
non so di lui, ma io sarei ben vinto.

Ma perché Malebolge inver’ la porta
del bassissimo pozzo tutta pende,
lo sito di ciascuna valle porta

che l’una costa surge e l’altra scende;40
noi pur venimmo al fine in su la punta
onde l’ultima pietra si scoscende.

La lena m’era del polmon sì munta
quand’ io fui sù, ch’i’ non potea più oltre,
anzi m’assisi ne la prima giunta.

«Omai convien che tu così ti spoltre»,
disse ’l maestro; «ché, seggendo in piuma,
in fama non si vien, né sotto coltre;

sanza la qual chi sua vita consuma,
cotal vestigio in terra di sé lascia,50
qual fummo in aere e in acqua la schiuma.

E però leva sù; vinci l’ambascia
con l’animo che vince ogne battaglia,
se col suo grave corpo non s’accascia.

Più lunga scala convien che si saglia;
non basta da costoro esser partito.
Se tu mi ’ntendi, or fa sì che ti vaglia».

Leva’mi allor, mostrandomi fornito
meglio di lena ch’i’ non mi sentia,
e dissi: «Va, ch’i’ son forte e ardito».60

Su per lo scoglio prendemmo la via,
ch’era ronchioso, stretto e malagevole,
ed erto più assai che quel di pria.

Parlando andava per non parer fievole;
onde una voce uscì de l’altro fosso,
a parole formar disconvenevole.

Non so che disse, ancor che sovra ’l dosso
fossi de l’arco già che varca quivi;
ma chi parlava ad ire parea mosso.

Io era vòlto in giù, ma li occhi vivi70
non poteano ire al fondo per lo scuro;
per ch’io: «Maestro, fa che tu arrivi

da l’altro cinghio e dismontiam lo muro;
ché, com’ i’ odo quinci e non intendo,
così giù veggio e neente affiguro».

«Altra risposta», disse, «non ti rendo
se non lo far; ché la dimanda onesta
si de’ seguir con l’opera tacendo».

Noi discendemmo il ponte da la testa
dove s’aggiugne con l’ottava ripa,80
e poi mi fu la bolgia manifesta:

e vidivi entro terribile stipa
di serpenti, e di sì diversa mena
che la memoria il sangue ancor mi scipa.

Più non si vanti Libia con sua rena;
ché se chelidri, iaculi e faree
produce, e cencri con anfisibena,

né tante pestilenzie né sì ree
mostrò già mai con tutta l’Etïopia
né con ciò che di sopra al Mar Rosso èe.90

Tra questa cruda e tristissima copia
corrëan genti nude e spaventate,
sanza sperar pertugio o elitropia:

con serpi le man dietro avean legate;
quelle ficcavan per le ren la coda
e ’l capo, ed eran dinanzi aggroppate.

Ed ecco a un ch’era da nostra proda,
s’avventò un serpente che ’l trafisse
là dove ’l collo a le spalle s’annoda.

Né O sì tosto mai né I si scrisse,100
com’ el s’accese e arse, e cener tutto
convenne che cascando divenisse;

e poi che fu a terra sì distrutto,
la polver si raccolse per sé stessa
e ’n quel medesmo ritornò di butto.

Così per li gran savi si confessa
che la fenice more e poi rinasce,
quando al cinquecentesimo anno appressa;

erba né biado in sua vita non pasce,
ma sol d’incenso lagrime e d’amomo,110
e nardo e mirra son l’ultime fasce.

E qual è quel che cade, e non sa como,
per forza di demon ch’a terra il tira,
o d’altra oppilazion che lega l’omo,

quando si leva, che ’ntorno si mira
tutto smarrito de la grande angoscia
ch’elli ha sofferta, e guardando sospira:

tal era ’l peccator levato poscia.
Oh potenza di Dio, quant’ è severa,
che cotai colpi per vendetta croscia!120

Lo duca il domandò poi chi ello era;
per ch’ei rispuose: «Io piovvi di Toscana,
poco tempo è, in questa gola fiera.

Vita bestial mi piacque e non umana,
sì come a mul ch’i’ fui; son Vanni Fucci
bestia, e Pistoia mi fu degna tana».

E ïo al duca: «Dilli che non mucci,
e domanda che colpa qua giù ’l pinse;
ch’io ’l vidi uomo di sangue e di crucci».

E ’l peccator, che ’ntese, non s’infinse,130
ma drizzò verso me l’animo e ’l volto,
e di trista vergogna si dipinse;

poi disse: «Più mi duol che tu m’hai colto
ne la miseria dove tu mi vedi,
che quando fui de l’altra vita tolto.

Io non posso negar quel che tu chiedi;
in giù son messo tanto perch’ io fui
ladro a la sagrestia d’i belli arredi,

e falsamente già fu apposto altrui.
Ma perché di tal vista tu non godi,140
se mai sarai di fuor da’ luoghi bui,

apri li orecchi al mio annunzio, e odi.
Pistoia in pria d’i Neri si dimagra;
poi Fiorenza rinova gente e modi.

Tragge Marte vapor di Val di Magra
ch’è di torbidi nuvoli involuto;
e con tempesta impetüosa e agra

sovra Campo Picen fia combattuto;
ond’ ei repente spezzerà la nebbia,
sì ch’ogne Bianco ne sarà feruto.150

E detto l’ho perché doler ti debbia!».

In that part of the youthful year wherein
The Sun his locks beneath Aquarius tempers,
And now the nights draw near to half the day,

What time the hoar-frost copies on the ground
The outward semblance of her sister white,
But little lasts the temper of her pen,

The husbandman, whose forage faileth him,
Rises, and looks, and seeth the champaign
All gleaming white, whereat he beats his flank,

Returns in doors, and up and down laments,10
Like a poor wretch, who knows not what to do;
Then he returns and hope revives again,

Seeing the world has changed its countenance
In little time, and takes his shepherd's crook,
And forth the little lambs to pasture drives.

Thus did the Master fill me with alarm,
When I beheld his forehead so disturbed,
And to the ailment came as soon the plaster.

For as we came unto the ruined bridge,
The Leader turned to me with that sweet look20
Which at the mountain's foot I first beheld.

His arms he opened, after some advisement
Within himself elected, looking first
Well at the ruin, and laid hold of me.

And even as he who acts and meditates,
For aye it seems that he provides beforehand,
So upward lifting me towards the summit

Of a huge rock, he scanned another crag,
Saying: "To that one grapple afterwards,
But try first if 'tis such that it will hold thee."30

This was no way for one clothed with a cloak;
For hardly we, he light, and I pushed upward,
Were able to ascend from jag to jag.

And had it not been, that upon that precinct
Shorter was the ascent than on the other,
He I know not, but I had been dead beat.

But because Malebolge tow'rds the mouth
Of the profoundest well is all inclining,
The structure of each valley doth import

That one bank rises and the other sinks.40
Still we arrived at length upon the point
Wherefrom the last stone breaks itself asunder.

The breath was from my lungs so milked away,
When I was up, that I could go no farther,
Nay, I sat down upon my first arrival.

"Now it behoves thee thus to put off sloth,"
My Master said; "for sitting upon down,
Or under quilt, one cometh not to fame,

Withouten which whoso his life consumes
Such vestige leaveth of himself on earth,50
As smoke in air or in the water foam.

And therefore raise thee up, o'ercome the anguish
With spirit that o'ercometh every battle,
If with its heavy body it sink not.

A longer stairway it behoves thee mount;
'Tis not enough from these to have departed;
Let it avail thee, if thou understand me."

Then I uprose, showing myself provided
Better with breath than I did feel myself,
And said: "Go on, for I am strong and bold."60

Upward we took our way along the crag,
Which jagged was, and narrow, and difficult,
And more precipitous far than that before.

Speaking I went, not to appear exhausted;
Whereat a voice from the next moat came forth,
Not well adapted to articulate words.

I know not what it said, though o'er the back
I now was of the arch that passes there;
But he seemed moved to anger who was speaking.

I was bent downward, but my living eyes70
Could not attain the bottom, for the dark;
Wherefore I: "Master, see that thou arrive

At the next round, and let us descend the wall;
For as from hence I hear and understand not,
So I look down and nothing I distinguish."

"Other response," he said, "I make thee not,
Except the doing; for the modest asking
Ought to be followed by the deed in silence."

We from the bridge descended at its head,
Where it connects itself with the eighth bank,80
And then was manifest to me the Bolgia;

And I beheld therein a terrible throng
Of serpents, and of such a monstrous kind,
That the remembrance still congeals my blood

Let Libya boast no longer with her sand;
For if Chelydri, Jaculi, and Phareae
She breeds, with Cenchri and with Amphisbaena,

Neither so many plagues nor so malignant
E'er showed she with all Ethiopia,
Nor with whatever on the Red Sea is!90

Among this cruel and most dismal throng
People were running naked and affrighted.
Without the hope of hole or heliotrope.

They had their hands with serpents bound behind them;
These riveted upon their reins the tail
And head, and were in front of them entwined.

And lo! at one who was upon our side
There darted forth a serpent, which transfixed him
There where the neck is knotted to the shoulders.

Nor 'O' so quickly e'er, nor 'I' was written,100
As he took fire, and burned; and ashes wholly
Behoved it that in falling he became.

And when he on the ground was thus destroyed,
The ashes drew together, and of themselves
Into himself they instantly returned.

Even thus by the great sages 'tis confessed
The phoenix dies, and then is born again,
When it approaches its five-hundredth year;

On herb or grain it feeds not in its life,
But only on tears of incense and amomum,110
And nard and myrrh are its last winding-sheet.

And as he is who falls, and knows not how,
By force of demons who to earth down drag him,
Or other oppilation that binds man,

When he arises and around him looks,
Wholly bewildered by the mighty anguish
Which he has suffered, and in looking sighs;

Such was that sinner after he had risen.
Justice of God! O how severe it is,
That blows like these in vengeance poureth down!120

The Guide thereafter asked him who he was;
Whence he replied: "I rained from Tuscany
A short time since into this cruel gorge.

A bestial life, and not a human, pleased me,
Even as the mule I was; I'm Vanni Fucci,
Beast, and Pistoia was my worthy den."

And I unto the Guide: "Tell him to stir not,
And ask what crime has thrust him here below,
For once a man of blood and wrath I saw him."

And the sinner, who had heard, dissembled not,130
But unto me directed mind and face,
And with a melancholy shame was painted.

Then said: "It pains me more that thou hast caught me
Amid this misery where thou seest me,
Than when I from the other life was taken.

What thou demandest I cannot deny;
So low am I put down because I robbed
The sacristy of the fair ornaments,

And falsely once 'twas laid upon another;
But that thou mayst not such a sight enjoy,140
If thou shalt e'er be out of the dark places,

Thine ears to my announcement ope and hear:
Pistoia first of Neri groweth meagre;
Then Florence doth renew her men and manners;

Mars draws a vapour up from Val di Magra,
Which is with turbid clouds enveloped round,
And with impetuous and bitter tempest

Over Campo Picen shall be the battle;
When it shall suddenly rend the mist asunder,
So that each Bianco shall thereby be smitten.150

And this I've said that it may give thee pain."
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Al fine de le sue parole il ladro
le mani alzò con amendue le fiche,
gridando: «Togli, Dio, ch’a te le squadro!».

Da indi in qua mi fuor le serpi amiche,
perch’ una li s’avvolse allora al collo,
come dicesse ‘Non vo’ che più diche’;

e un’altra a le braccia, e rilegollo,
ribadendo sé stessa sì dinanzi,
che non potea con esse dare un crollo.

Ahi Pistoia, Pistoia, ché non stanzi10
d’incenerarti sì che più non duri,
poi che ’n mal fare il seme tuo avanzi?

Per tutt’ i cerchi de lo ’nferno scuri
non vidi spirto in Dio tanto superbo,
non quel che cadde a Tebe giù da’ muri.

El si fuggì che non parlò più verbo;
e io vidi un centauro pien di rabbia
venir chiamando: «Ov’ è, ov’ è l’acerbo?».

Maremma non cred’ io che tante n’abbia,
quante bisce elli avea su per la groppa20
infin ove comincia nostra labbia.

Sovra le spalle, dietro da la coppa,
con l’ali aperte li giacea un draco;
e quello affuoca qualunque s’intoppa.

Lo mio maestro disse: «Questi è Caco,
che, sotto ’l sasso di monte Aventino,
di sangue fece spesse volte laco.

Non va co’ suoi fratei per un cammino,
per lo furto che frodolente fece
del grande armento ch’elli ebbe a vicino;30

onde cessar le sue opere biece
sotto la mazza d’Ercule, che forse
gliene diè cento, e non sentì le diece».

Mentre che sì parlava, ed el trascorse,
e tre spiriti venner sotto noi,
de’ quai né io né ’l duca mio s’accorse,

se non quando gridar: «Chi siete voi?»;
per che nostra novella si ristette,
e intendemmo pur ad essi poi.

Io non li conoscea; ma ei seguette,40
come suol seguitar per alcun caso,
che l’un nomar un altro convenette,

dicendo: «Cianfa dove fia rimaso?»;
per ch’io, acciò che ’l duca stesse attento,
mi puosi ’l dito su dal mento al naso.

Se tu se’ or, lettore, a creder lento
ciò ch’io dirò, non sarà maraviglia,
ché io che ’l vidi, a pena il mi consento.

Com’ io tenea levate in lor le ciglia,
e un serpente con sei piè si lancia50
dinanzi a l’uno, e tutto a lui s’appiglia.

Co’ piè di mezzo li avvinse la pancia
e con li anterïor le braccia prese;
poi li addentò e l’una e l’altra guancia;

li diretani a le cosce distese,
e miseli la coda tra ’mbedue
e dietro per le ren sù la ritese.

Ellera abbarbicata mai non fue
ad alber sì, come l’orribil fiera
per l’altrui membra avviticchiò le sue.60

Poi s’appiccar, come di calda cera
fossero stati, e mischiar lor colore,
né l’un né l’altro già parea quel ch’era:

come procede innanzi da l’ardore,
per lo papiro suso, un color bruno
che non è nero ancora e ’l bianco more.

Li altri due ’l riguardavano, e ciascuno
gridava: «Omè, Agnel, come ti muti!
Vedi che già non se’ né due né uno».

Già eran li due capi un divenuti,70
quando n’apparver due figure miste
in una faccia, ov’ eran due perduti.

Fersi le braccia due di quattro liste;
le cosce con le gambe e ’l ventre e ’l casso
divenner membra che non fuor mai viste.

Ogne primaio aspetto ivi era casso:
due e nessun l’imagine perversa
parea; e tal sen gio con lento passo.

Come ’l ramarro sotto la gran fersa
dei dì canicular, cangiando sepe,80
folgore par se la via attraversa,

sì pareva, venendo verso l’epe
de li altri due, un serpentello acceso,
livido e nero come gran di pepe;

e quella parte onde prima è preso
nostro alimento, a l’un di lor trafisse;
poi cadde giuso innanzi lui disteso.

Lo trafitto ’l mirò, ma nulla disse;
anzi, co’ piè fermati, sbadigliava
pur come sonno o febbre l’assalisse.90

Elli ’l serpente e quei lui riguardava;
l’un per la piaga e l’altro per la bocca
fummavan forte, e ’l fummo si scontrava.

Taccia Lucano ormai là dov’ e’ tocca
del misero Sabello e di Nasidio,
e attenda a udir quel ch’or si scocca.

Taccia di Cadmo e d’Aretusa Ovidio,
ché se quello in serpente e quella in fonte
converte poetando, io non lo ’nvidio;

ché due nature mai a fronte a fronte100
non trasmutò sì ch’amendue le forme
a cambiar lor matera fosser pronte.

Insieme si rispuosero a tai norme,
che ’l serpente la coda in forca fesse,
e ’l feruto ristrinse insieme l’orme.

Le gambe con le cosce seco stesse
s’appiccar sì, che ’n poco la giuntura
non facea segno alcun che si paresse.

Togliea la coda fessa la figura
che si perdeva là, e la sua pelle110
si facea molle, e quella di là dura.

Io vidi intrar le braccia per l’ascelle,
e i due piè de la fiera, ch’eran corti,
tanto allungar quanto accorciavan quelle.

Poscia li piè di rietro, insieme attorti,
diventaron lo membro che l’uom cela,
e ’l misero del suo n’avea due porti.

Mentre che ’l fummo l’uno e l’altro vela
di color novo, e genera ’l pel suso
per l’una parte e da l’altra il dipela,120

l’un si levò e l’altro cadde giuso,
non torcendo però le lucerne empie,
sotto le quai ciascun cambiava muso.

Quel ch’era dritto, il trasse ver’ le tempie,
e di troppa matera ch’in là venne
uscir li orecchi de le gote scempie;

ciò che non corse in dietro e si ritenne
di quel soverchio, fé naso a la faccia
e le labbra ingrossò quanto convenne.

Quel che giacëa, il muso innanzi caccia,130
e li orecchi ritira per la testa
come face le corna la lumaccia;

e la lingua, ch’avëa unita e presta
prima a parlar, si fende, e la forcuta
ne l’altro si richiude; e ’l fummo resta.

L’anima ch’era fiera divenuta,
suffolando si fugge per la valle,
e l’altro dietro a lui parlando sputa.

Poscia li volse le novelle spalle,
e disse a l’altro: «I’ vo’ che Buoso corra,140
com’ ho fatt’ io, carpon per questo calle».

Così vid’ io la settima zavorra
mutare e trasmutare; e qui mi scusi
la novità se fior la penna abborra.

E avvegna che li occhi miei confusi
fossero alquanto e l’animo smagato,
non poter quei fuggirsi tanto chiusi,

ch’i’ non scorgessi ben Puccio Sciancato;
ed era quel che sol, di tre compagni
che venner prima, non era mutato;150

l’altr’ era quel che tu, Gaville, piagni.

At the conclusion of his words, the thief
Lifted his hands aloft with both the figs,
Crying: "Take that, God, for at thee I aim them."

From that time forth the serpents were my friends;
For one entwined itself about his neck
As if it said: "I will not thou speak more;"

And round his arms another, and rebound him,
Clinching itself together so in front,
That with them he could not a motion make.

Pistoia, ah, Pistoia! why resolve not10
To burn thyself to ashes and so perish,
Since in ill-doing thou thy seed excellest?

Through all the sombre circles of this Hell,
Spirit I saw not against God so proud,
Not he who fell at Thebes down from the walls!

He fled away, and spake no further word;
And I beheld a Centaur full of rage
Come crying out: "Where is, where is the scoffer?"

I do not think Maremma has so many
Serpents as he had all along his back,20
As far as where our countenance begins.

Upon the shoulders, just behind the nape,
With wings wide open was a dragon lying,
And he sets fire to all that he encounters.

My Master said: "That one is Cacus, who
Beneath the rock upon Mount Aventine
Created oftentimes a lake of blood.

He goes not on the same road with his brothers,
By reason of the fraudulent theft he made
Of the great herd, which he had near to him;30

Whereat his tortuous actions ceased beneath
The mace of Hercules, who peradventure
Gave him a hundred, and he felt not ten."

While he was speaking thus, he had passed by,
And spirits three had underneath us come,
Of which nor I aware was, nor my Leader,

Until what time they shouted: "Who are you?"
On which account our story made a halt,
And then we were intent on them alone.

I did not know them; but it came to pass,40
As it is wont to happen by some chance,
That one to name the other was compelled,

Exclaiming: "Where can Cianfa have remained?"
Whence I, so that the Leader might attend,
Upward from chin to nose my finger laid.

If thou art, Reader, slow now to believe
What I shall say, it will no marvel be,
For I who saw it hardly can admit it.

As I was holding raised on them my brows,
Behold! a serpent with six feet darts forth50
In front of one, and fastens wholly on him.

With middle feet it bound him round the paunch,
And with the forward ones his arms it seized;
Then thrust its teeth through one cheek and the other;

The hindermost it stretched upon his thighs,
And put its tail through in between the two,
And up behind along the reins outspread it.

Ivy was never fastened by its barbs
Unto a tree so, as this horrible reptile
Upon the other's limbs entwined its own.60

Then they stuck close, as if of heated wax
They had been made, and intermixed their colour;
Nor one nor other seemed now what he was;

E'en as proceedeth on before the flame
Upward along the paper a brown colour,
Which is not black as yet, and the white dies.

The other two looked on, and each of them
Cried out: "O me, Agnello, how thou changest!
Behold, thou now art neither two nor one."

Already the two heads had one become,70
When there appeared to us two figures mingled
Into one face, wherein the two were lost.

Of the four lists were fashioned the two arms,
The thighs and legs, the belly and the chest
Members became that never yet were seen.

Every original aspect there was cancelled;
Two and yet none did the perverted image
Appear, and such departed with slow pace.

Even as a lizard, under the great scourge
Of days canicular, exchanging hedge,80
Lightning appeareth if the road it cross;

Thus did appear, coming towards the bellies
Of the two others, a small fiery serpent,
Livid and black as is a peppercorn.

And in that part whereat is first received
Our aliment, it one of them transfixed;
Then downward fell in front of him extended.

The one transfixed looked at it, but said naught;
Nay, rather with feet motionless he yawned,
Just as if sleep or fever had assailed him.90

He at the serpent gazed, and it at him;
One through the wound, the other through the mouth
Smoked violently, and the smoke commingled.

Henceforth be silent Lucan, where he mentions
Wretched Sabellus and Nassidius,
And wait to hear what now shall be shot forth.

Be silent Ovid, of Cadmus and Arethusa;
For if him to a snake, her to fountain,
Converts he fabling, that I grudge him not;

Because two natures never front to front100
Has he transmuted, so that both the forms
To interchange their matter ready were.

Together they responded in such wise,
That to a fork the serpent cleft his tail,
And eke the wounded drew his feet together.

The legs together with the thighs themselves
Adhered so, that in little time the juncture
No sign whatever made that was apparent.

He with the cloven tail assumed the figure
The other one was losing, and his skin110
Became elastic, and the other's hard.

I saw the arms draw inward at the armpits,
And both feet of the reptile, that were short,
Lengthen as much as those contracted were.

Thereafter the hind feet, together twisted,
Became the member that a man conceals,
And of his own the wretch had two created.

While both of them the exhalation veils
With a new colour, and engenders hair
On one of them and depilates the other,120

The one uprose and down the other fell,
Though turning not away their impious lamps,
Underneath which each one his muzzle changed.

He who was standing drew it tow'rds the temples,
And from excess of matter, which came thither,
Issued the ears from out the hollow cheeks;

What did not backward run and was retained
Of that excess made to the face a nose,
And the lips thickened far as was befitting.

He who lay prostrate thrusts his muzzle forward,130
And backward draws the ears into his head,
In the same manner as the snail its horns;

And so the tongue, which was entire and apt
For speech before, is cleft, and the bi-forked
In the other closes up, and the smoke ceases.

The soul, which to a reptile had been changed,
Along the valley hissing takes to flight,
And after him the other speaking sputters.

Then did he turn upon him his new shoulders,
And said to the other: "I'll have Buoso run,140
Crawling as I have done, along this road."

In this way I beheld the seventh ballast
Shift and reshift, and here be my excuse
The novelty, if aught my pen transgress.

And notwithstanding that mine eyes might be
Somewhat bewildered, and my mind dismayed,
They could not flee away so secretly

But that I plainly saw Puccio Sciancato;
And he it was who sole of three companions,
Which came in the beginning, was not changed;150

The other was he whom thou, Gaville, weepest.
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Godi, Fiorenza, poi che se’ sì grande
che per mare e per terra batti l’ali,
e per lo ’nferno tuo nome si spande!

Tra li ladron trovai cinque cotali
tuoi cittadini onde mi ven vergogna,
e tu in grande orranza non ne sali.

Ma se presso al mattin del ver si sogna,
tu sentirai, di qua da picciol tempo,
di quel che Prato, non ch’altri, t’agogna.

E se già fosse, non saria per tempo.10
Così foss’ ei, da che pur esser dee!
ché più mi graverà, com’ più m’attempo.

Noi ci partimmo, e su per le scalee
che n’avea fatto iborni a scender pria,
rimontò ’l duca mio e trasse mee;

e proseguendo la solinga via,
tra le schegge e tra ’ rocchi de lo scoglio
lo piè sanza la man non si spedia.

Allor mi dolsi, e ora mi ridoglio
quando drizzo la mente a ciò ch’io vidi,20
e più lo ’ngegno affreno ch’i’ non soglio,

perché non corra che virtù nol guidi;
sì che, se stella bona o miglior cosa
m’ha dato ’l ben, ch’io stessi nol m’invidi.

Quante ’l villan ch’al poggio si riposa,
nel tempo che colui che ’l mondo schiara
la faccia sua a noi tien meno ascosa,

come la mosca cede a la zanzara,
vede lucciole giù per la vallea,
forse colà dov’ e’ vendemmia e ara:30

di tante fiamme tutta risplendea
l’ottava bolgia, sì com’ io m’accorsi
tosto che fui là ’ve ’l fondo parea.

E qual colui che si vengiò con li orsi
vide ’l carro d’Elia al dipartire,
quando i cavalli al cielo erti levorsi,

che nol potea sì con li occhi seguire,
ch’el vedesse altro che la fiamma sola,
sì come nuvoletta, in sù salire:

tal si move ciascuna per la gola40
del fosso, ché nessuna mostra ’l furto,
e ogne fiamma un peccatore invola.

Io stava sovra ’l ponte a veder surto,
sì che s’io non avessi un ronchion preso,
caduto sarei giù sanz’ esser urto.

E ’l duca che mi vide tanto atteso,
disse: «Dentro dai fuochi son li spirti;
catun si fascia di quel ch’elli è inceso».

«Maestro mio», rispuos’ io, «per udirti
son io più certo; ma già m’era avviso50
che così fosse, e già voleva dirti:

chi è ’n quel foco che vien sì diviso
di sopra, che par surger de la pira
dov’ Eteòcle col fratel fu miso?».

Rispuose a me: «Là dentro si martira
Ulisse e Dïomede, e così insieme
a la vendetta vanno come a l’ira;

e dentro da la lor fiamma si geme
l’agguato del caval che fé la porta
onde uscì de’ Romani il gentil seme.60

Piangevisi entro l’arte per che, morta,
Deïdamìa ancor si duol d’Achille,
e del Palladio pena vi si porta».

«S’ei posson dentro da quelle faville
parlar», diss’ io, «maestro, assai ten priego
e ripriego, che ’l priego vaglia mille,

che non mi facci de l’attender niego
fin che la fiamma cornuta qua vegna;
vedi che del disio ver’ lei mi piego!».

Ed elli a me: «La tua preghiera è degna70
di molta loda, e io però l’accetto;
ma fa che la tua lingua si sostegna.

Lascia parlare a me, ch’i’ ho concetto
ciò che tu vuoi; ch’ei sarebbero schivi,
perch’ e’ fuor greci, forse del tuo detto».

Poi che la fiamma fu venuta quivi
dove parve al mio duca tempo e loco,
in questa forma lui parlare audivi:

«O voi che siete due dentro ad un foco,
s’io meritai di voi mentre ch’io vissi,80
s’io meritai di voi assai o poco

quando nel mondo li alti versi scrissi,
non vi movete; ma l’un di voi dica
dove, per lui, perduto a morir gissi».

Lo maggior corno de la fiamma antica
cominciò a crollarsi mormorando,
pur come quella cui vento affatica;

indi la cima qua e là menando,
come fosse la lingua che parlasse,
gittò voce di fuori e disse: «Quando90

mi diparti’ da Circe, che sottrasse
me più d’un anno là presso a Gaeta,
prima che sì Enëa la nomasse,

né dolcezza di figlio, né la pieta
del vecchio padre, né ’l debito amore
lo qual dovea Penelopè far lieta,

vincer potero dentro a me l’ardore
ch’i’ ebbi a divenir del mondo esperto
e de li vizi umani e del valore;

ma misi me per l’alto mare aperto100
sol con un legno e con quella compagna
picciola da la qual non fui diserto.

L’un lito e l’altro vidi infin la Spagna,
fin nel Morrocco, e l’isola d’i Sardi,
e l’altre che quel mare intorno bagna.

Io e ’ compagni eravam vecchi e tardi
quando venimmo a quella foce stretta
dov’ Ercule segnò li suoi riguardi

acciò che l’uom più oltre non si metta;
da la man destra mi lasciai Sibilia,110
da l’altra già m’avea lasciata Setta.

"O frati", dissi "che per cento milia
perigli siete giunti a l’occidente,
a questa tanto picciola vigilia

d’i nostri sensi ch’è del rimanente
non vogliate negar l’esperïenza,
di retro al sol, del mondo sanza gente.

Considerate la vostra semenza:
fatti non foste a viver come bruti,
ma per seguir virtute e canoscenza".120

Li miei compagni fec’ io sì aguti,
con questa orazion picciola, al cammino,
che a pena poscia li avrei ritenuti;

e volta nostra poppa nel mattino,
de’ remi facemmo ali al folle volo,
sempre acquistando dal lato mancino.

Tutte le stelle già de l’altro polo
vedea la notte, e ’l nostro tanto basso,
che non surgëa fuor del marin suolo.

Cinque volte racceso e tante casso130
lo lume era di sotto da la luna,
poi che ’ntrati eravam ne l’alto passo,

quando n’apparve una montagna, bruna
per la distanza, e parvemi alta tanto
quanto veduta non avëa alcuna.

Noi ci allegrammo, e tosto tornò in pianto;
ché de la nova terra un turbo nacque
e percosse del legno il primo canto.

Tre volte il fé girar con tutte l’acque;
a la quarta levar la poppa in suso140
e la prora ire in giù, com’ altrui piacque,

infin che ’l mar fu sovra noi richiuso».

Rejoice, O Florence, since thou art so great,
That over sea and land thou beatest thy wings,
And throughout Hell thy name is spread abroad!

Among the thieves five citizens of thine
Like these I found, whence shame comes unto me,
And thou thereby to no great honour risest.

But if when morn is near our dreams are true,
Feel shalt thou in a little time from now
What Prato, if none other, craves for thee.

And if it now were, it were not too soon;10
Would that it were, seeing it needs must be,
For 'twill aggrieve me more the more I age.

We went our way, and up along the stairs
The bourns had made us to descend before,
Remounted my Conductor and drew me.

And following the solitary path
Among the rocks and ridges of the crag,
The foot without the hand sped not at all.

Then sorrowed I, and sorrow now again,
When I direct my mind to what I saw,20
And more my genius curb than I am wont,

That it may run not unless virtue guide it;
So that if some good star, or better thing,
Have given me good, I may myself not grudge it.

As many as the hind (who on the hill
Rests at the time when he who lights the world
His countenance keeps least concealed from us,

While as the fly gives place unto the gnat)
Seeth the glow-worms down along the valley,
Perchance there where he ploughs and makes his vintage;30

With flames as manifold resplendent all
Was the eighth Bolgia, as I grew aware
As soon as I was where the depth appeared.

And such as he who with the bears avenged him
Beheld Elijah's chariot at departing,
What time the steeds to heaven erect uprose,

For with his eye he could not follow it
So as to see aught else than flame alone,
Even as a little cloud ascending upward,

Thus each along the gorge of the intrenchment40
Was moving; for not one reveals the theft,
And every flame a sinner steals away.

I stood upon the bridge uprisen to see,
So that, if I had seized not on a rock,
Down had I fallen without being pushed.

And the Leader, who beheld me so attent,
Exclaimed: "Within the fires the spirits are;
Each swathes himself with that wherewith he burns."

"My Master," I replied, "by hearing thee
I am more sure; but I surmised already50
It might be so, and already wished to ask thee

Who is within that fire, which comes so cleft
At top, it seems uprising from the pyre
Where was Eteocles with his brother placed."

He answered me: "Within there are tormented
Ulysses and Diomed, and thus together
They unto vengeance run as unto wrath.

And there within their flame do they lament
The ambush of the horse, which made the door
Whence issued forth the Romans' gentle seed;60

Therein is wept the craft, for which being dead
Deidamia still deplores Achilles,
And pain for the Palladium there is borne."

"If they within those sparks possess the power
To speak," I said, "thee, Master, much I pray,
And re-pray, that the prayer be worth a thousand,

That thou make no denial of awaiting
Until the horned flame shall hither come;
Thou seest that with desire I lean towards it."

And he to me: "Worthy is thy entreaty70
Of much applause, and therefore I accept it;
But take heed that thy tongue restrain itself.

Leave me to speak, because I have conceived
That which thou wishest; for they might disdain
Perchance, since they were Greeks, discourse of thine."

When now the flame had come unto that point,
Where to my Leader it seemed time and place,
After this fashion did I hear him speak:

"O ye, who are twofold within one fire,
If I deserved of you, while I was living,80
If I deserved of you or much or little

When in the world I wrote the lofty verses,
Do not move on, but one of you declare
Whither, being lost, he went away to die."

Then of the antique flame the greater horn,
Murmuring, began to wave itself about
Even as a flame doth which the wind fatigues.

Thereafterward, the summit to and fro
Moving as if it were the tongue that spake,
It uttered forth a voice, and said: "When I90

From Circe had departed, who concealed me
More than a year there near unto Gaeta,
Or ever yet Aeneas named it so,

Nor fondness for my son, nor reverence
For my old father, nor the due affection
Which joyous should have made Penelope,

Could overcome within me the desire
I had to be experienced of the world,
And of the vice and virtue of mankind;

But I put forth on the high open sea100
With one sole ship, and that small company
By which I never had deserted been.

Both of the shores I saw as far as Spain,
Far as Morocco, and the isle of Sardes,
And the others which that sea bathes round about.

I and my company were old and slow
When at that narrow passage we arrived
Where Hercules his landmarks set as signals,

That man no farther onward should adventure.
On the right hand behind me left I Seville,110
And on the other already had left Ceuta.

'O brothers, who amid a hundred thousand
Perils,' I said, 'have come unto the West,
To this so inconsiderable vigil

Which is remaining of your senses still
Be ye unwilling to deny the knowledge,
Following the sun, of the unpeopled world.

Consider ye the seed from which ye sprang;
Ye were not made to live like unto brutes,
But for pursuit of virtue and of knowledge.'120

So eager did I render my companions,
With this brief exhortation, for the voyage,
That then I hardly could have held them back.

And having turned our stern unto the morning,
We of the oars made wings for our mad flight,
Evermore gaining on the larboard side.

Already all the stars of the other pole
The night beheld, and ours so very low
It did not rise above the ocean floor.

Five times rekindled and as many quenched130
Had been the splendour underneath the moon,
Since we had entered into the deep pass,

When there appeared to us a mountain, dim
From distance, and it seemed to me so high
As I had never any one beheld.

Joyful were we, and soon it turned to weeping;
For out of the new land a whirlwind rose,
And smote upon the fore part of the ship.

Three times it made her whirl with all the waters,
At the fourth time it made the stern uplift,140
And the prow downward go, as pleased Another,

Until the sea above us closed again."
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Già era dritta in sù la fiamma e queta
per non dir più, e già da noi sen gia
con la licenza del dolce poeta,

quand’ un’altra, che dietro a lei venìa,
ne fece volger li occhi a la sua cima
per un confuso suon che fuor n’uscia.

Come ’l bue cicilian che mugghiò prima
col pianto di colui, e ciò fu dritto,
che l’avea temperato con sua lima,

mugghiava con la voce de l’afflitto,10
sì che, con tutto che fosse di rame,
pur el pareva dal dolor trafitto;

così, per non aver via né forame
dal principio nel foco, in suo linguaggio
si convertïan le parole grame.

Ma poscia ch’ebber colto lor vïaggio
su per la punta, dandole quel guizzo
che dato avea la lingua in lor passaggio,

udimmo dire: «O tu a cu’ io drizzo
la voce e che parlavi mo lombardo,20
dicendo "Istra ten va, più non t’adizzo",

perch’ io sia giunto forse alquanto tardo,
non t’incresca restare a parlar meco;
vedi che non incresce a me, e ardo!

Se tu pur mo in questo mondo cieco
caduto se’ di quella dolce terra
latina ond’ io mia colpa tutta reco,

dimmi se Romagnuoli han pace o guerra;
ch’io fui d’i monti là intra Orbino
e ’l giogo di che Tever si diserra».30

Io era in giuso ancora attento e chino,
quando il mio duca mi tentò di costa,
dicendo: «Parla tu; questi è latino».

E io, ch’avea già pronta la risposta,
sanza indugio a parlare incominciai:
«O anima che se’ là giù nascosta,

Romagna tua non è, e non fu mai,
sanza guerra ne’ cuor de’ suoi tiranni;
ma ’n palese nessuna or vi lasciai.

Ravenna sta come stata è molt’ anni:40
l’aguglia da Polenta la si cova,
sì che Cervia ricuopre co’ suoi vanni.

La terra che fé già la lunga prova
e di Franceschi sanguinoso mucchio,
sotto le branche verdi si ritrova.

E ’l mastin vecchio e ’l nuovo da Verrucchio,
che fecer di Montagna il mal governo,
là dove soglion fan d’i denti succhio.

Le città di Lamone e di Santerno
conduce il lïoncel dal nido bianco,50
che muta parte da la state al verno.

E quella cu’ il Savio bagna il fianco,
così com’ ella sie’ tra ’l piano e ’l monte,
tra tirannia si vive e stato franco.

Ora chi se’, ti priego che ne conte;
non esser duro più ch’altri sia stato,
se ’l nome tuo nel mondo tegna fronte».

Poscia che ’l foco alquanto ebbe rugghiato
al modo suo, l’aguta punta mosse
di qua, di là, e poi diè cotal fiato:60

«S’i’ credesse che mia risposta fosse
a persona che mai tornasse al mondo,
questa fiamma staria sanza più scosse;

ma però che già mai di questo fondo
non tornò vivo alcun, s’i’ odo il vero,
sanza tema d’infamia ti rispondo.

Io fui uom d’arme, e poi fui cordigliero,
credendomi, sì cinto, fare ammenda;
e certo il creder mio venìa intero,

se non fosse il gran prete, a cui mal prenda!,70
che mi rimise ne le prime colpe;
e come e quare, voglio che m’intenda.

Mentre ch’io forma fui d’ossa e di polpe
che la madre mi diè, l’opere mie
non furon leonine, ma di volpe.

Li accorgimenti e le coperte vie
io seppi tutte, e sì menai lor arte,
ch’al fine de la terra il suono uscie.

Quando mi vidi giunto in quella parte
di mia etade ove ciascun dovrebbe80
calar le vele e raccoglier le sarte,

ciò che pria mi piacëa, allor m’increbbe,
e pentuto e confesso mi rendei;
ahi miser lasso! e giovato sarebbe.

Lo principe d’i novi Farisei,
avendo guerra presso a Laterano,
e non con Saracin né con Giudei,

ché ciascun suo nimico era cristiano,
e nessun era stato a vincer Acri
né mercatante in terra di Soldano,90

né sommo officio né ordini sacri
guardò in sé, né in me quel capestro
che solea fare i suoi cinti più macri.

Ma come Costantin chiese Silvestro
d’entro Siratti a guerir de la lebbre,
così mi chiese questi per maestro

a guerir de la sua superba febbre;
domandommi consiglio, e io tacetti
perché le sue parole parver ebbre.

E’ poi ridisse: "Tuo cuor non sospetti;100
finor t’assolvo, e tu m’insegna fare
sì come Penestrino in terra getti.

Lo ciel poss’ io serrare e diserrare,
come tu sai; però son due le chiavi
che ’l mio antecessor non ebbe care".

Allor mi pinser li argomenti gravi
là ’ve ’l tacer mi fu avviso ’l peggio,
e dissi: "Padre, da che tu mi lavi

di quel peccato ov’ io mo cader deggio,
lunga promessa con l’attender corto110
ti farà trïunfar ne l’alto seggio".

Francesco venne poi, com’ io fu’ morto,
per me; ma un d’i neri cherubini
li disse: "Non portar: non mi far torto.

Venir se ne dee giù tra ’ miei meschini
perché diede ’l consiglio frodolente,
dal quale in qua stato li sono a’ crini;

ch’assolver non si può chi non si pente,
né pentere e volere insieme puossi
per la contradizion che nol consente".120

Oh me dolente! come mi riscossi
quando mi prese dicendomi: "Forse
tu non pensavi ch’io l–ico fossi!".

A Minòs mi portò; e quelli attorse
otto volte la coda al dosso duro;
e poi che per gran rabbia la si morse,

disse: "Questi è d’i rei del foco furo";
per ch’io là dove vedi son perduto,
e sì vestito, andando, mi rancuro».

Quand’ elli ebbe ’l suo dir così compiuto,130
la fiamma dolorando si partio,
torcendo e dibattendo ’l corno aguto.

Noi passamm’ oltre, e io e ’l duca mio,
su per lo scoglio infino in su l’altr’ arco
che cuopre ’l fosso in che si paga il fio

a quei che scommettendo acquistan carco.

Already was the flame erect and quiet,
To speak no more, and now departed from us
With the permission of the gentle Poet;

When yet another, which behind it came,
Caused us to turn our eyes upon its top
By a confused sound that issued from it.

As the Sicilian bull (that bellowed first
With the lament of him, and that was right,
Who with his file had modulated it)

Bellowed so with the voice of the afflicted,10
That, notwithstanding it was made of brass,
Still it appeared with agony transfixed;

Thus, by not having any way or issue
At first from out the fire, to its own language
Converted were the melancholy words.

But afterwards, when they had gathered way
Up through the point, giving it that vibration
The tongue had given them in their passage out,

We heard it said: "O thou, at whom I aim
My voice, and who but now wast speaking Lombard,20
Saying, 'Now go thy way, no more I urge thee,'

Because I come perchance a little late,
To stay and speak with me let it not irk thee;
Thou seest it irks not me, and I am burning.

If thou but lately into this blind world
Hast fallen down from that sweet Latian land,
Wherefrom I bring the whole of my transgression,

Say, if the Romagnuols have peace or war,
For I was from the mountains there between
Urbino and the yoke whence Tiber bursts."30

I still was downward bent and listening,
When my Conductor touched me on the side,
Saying: "Speak thou: this one a Latian is."

And I, who had beforehand my reply
In readiness, forthwith began to speak:
"O soul, that down below there art concealed,

Romagna thine is not and never has been
Without war in the bosom of its tyrants;
But open war I none have left there now.

Ravenna stands as it long years has stood;40
The Eagle of Polenta there is brooding,
So that she covers Cervia with her vans.

The city which once made the long resistance,
And of the French a sanguinary heap,
Beneath the Green Paws finds itself again;

Verrucchio's ancient Mastiff and the new,
Who made such bad disposal of Montagna,
Where they are wont make wimbles of their teeth.

The cities of Lamone and Santerno
Governs the Lioncel of the white lair,50
Who changes sides 'twixt summer-time and winter;

And that of which the Savio bathes the flank,
Even as it lies between the plain and mountain,
Lives between tyranny and a free state.

Now I entreat thee tell us who thou art;
Be not more stubborn than the rest have been,
So may thy name hold front there in the world."

After the fire a little more had roared
In its own fashion, the sharp point it moved
This way and that, and then gave forth such breath:60

"If I believed that my reply were made
To one who to the world would e'er return,
This flame without more flickering would stand still;

But inasmuch as never from this depth
Did any one return, if I hear true,
Without the fear of infamy I answer,

I was a man of arms, then Cordelier,
Believing thus begirt to make amends;
And truly my belief had been fulfilled

But for the High Priest, whom may ill betide,70
Who put me back into my former sins;
And how and wherefore I will have thee hear.

While I was still the form of bone and pulp
My mother gave to me, the deeds I did
Were not those of a lion, but a fox.

The machinations and the covert ways
I knew them all, and practised so their craft,
That to the ends of earth the sound went forth.

When now unto that portion of mine age
I saw myself arrived, when each one ought80
To lower the sails, and coil away the ropes,

That which before had pleased me then displeased me;
And penitent and confessing I surrendered,
Ah woe is me! and it would have bestead me;

The Leader of the modern Pharisees
Having a war near unto Lateran,
And not with Saracens nor with the Jews,

For each one of his enemies was Christian,
And none of them had been to conquer Acre,
Nor merchandising in the Sultan's land,90

Nor the high office, nor the sacred orders,
In him regarded, nor in me that cord
Which used to make those girt with it more meagre;

But even as Constantine sought out Sylvester
To cure his leprosy, within Soracte,
So this one sought me out as an adept

To cure him of the fever of his pride.
Counsel he asked of me, and I was silent,
Because his words appeared inebriate.

And then he said: 'Be not thy heart afraid;100
Henceforth I thee absolve; and thou instruct me
How to raze Palestrina to the ground.

Heaven have I power to lock and to unlock,
As thou dost know; therefore the keys are two,
The which my predecessor held not dear.'

Then urged me on his weighty arguments
There, where my silence was the worst advice;
And said I: 'Father, since thou washest me

Of that sin into which I now must fall,
The promise long with the fulfilment short110
Will make thee triumph in thy lofty seat.'

Francis came afterward, when I was dead,
For me; but one of the black Cherubim
Said to him: 'Take him not; do me no wrong;

He must come down among my servitors,
Because he gave the fraudulent advice
From which time forth I have been at his hair;

For who repents not cannot be absolved,
Nor can one both repent and will at once,
Because of the contradiction which consents not.'120

O miserable me! how I did shudder
When he seized on me, saying: 'Peradventure
Thou didst not think that I was a logician!'

He bore me unto Minos, who entwined
Eight times his tail about his stubborn back,
And after he had bitten it in great rage,

Said: 'Of the thievish fire a culprit this;'
Wherefore, here where thou seest, am I lost,
And vested thus in going I bemoan me."

When it had thus completed its recital,130
The flame departed uttering lamentations,
Writhing and flapping its sharp-pointed horn.

Onward we passed, both I and my Conductor,
Up o'er the crag above another arch,
Which the moat covers, where is paid the fee

By those who, sowing discord, win their burden.
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Chi poria mai pur con parole sciolte
dicer del sangue e de le piaghe a pieno
ch’i’ ora vidi, per narrar più volte?

Ogne lingua per certo verria meno
per lo nostro sermone e per la mente
c’hanno a tanto comprender poco seno.

S’el s’aunasse ancor tutta la gente
che già, in su la fortunata terra
di Puglia, fu del suo sangue dolente

per li Troiani e per la lunga guerra10
che de l’anella fé sì alte spoglie,
come Livïo scrive, che non erra,

con quella che sentio di colpi doglie
per contastare a Ruberto Guiscardo;
e l’altra il cui ossame ancor s’accoglie

a Ceperan, là dove fu bugiardo
ciascun Pugliese, e là da Tagliacozzo,
dove sanz’ arme vinse il vecchio Alardo;

e qual forato suo membro e qual mozzo
mostrasse, d’aequar sarebbe nulla20
il modo de la nona bolgia sozzo.

Già veggia, per mezzul perdere o lulla,
com’ io vidi un, così non si pertugia,
rotto dal mento infin dove si trulla.

Tra le gambe pendevan le minugia;
la corata pareva e ’l tristo sacco
che merda fa di quel che si trangugia.

Mentre che tutto in lui veder m’attacco,
guardommi e con le man s’aperse il petto,
dicendo: «Or vedi com’ io mi dilacco!30

vedi come storpiato è Mäometto!
Dinanzi a me sen va piangendo Alì,
fesso nel volto dal mento al ciuffetto.

E tutti li altri che tu vedi qui,
seminator di scandalo e di scisma
fuor vivi, e però son fessi così.

Un diavolo è qua dietro che n’accisma
sì crudelmente, al taglio de la spada
rimettendo ciascun di questa risma,

quand’ avem volta la dolente strada;40
però che le ferite son richiuse
prima ch’altri dinanzi li rivada.

Ma tu chi se’ che ’n su lo scoglio muse,
forse per indugiar d’ire a la pena
ch’è giudicata in su le tue accuse?».

«Né morte ’l giunse ancor, né colpa ’l mena»,
rispuose ’l mio maestro, «a tormentarlo;
ma per dar lui esperïenza piena,

a me, che morto son, convien menarlo
per lo ’nferno qua giù di giro in giro;50
e quest’ è ver così com’ io ti parlo».

Più fuor di cento che, quando l’udiro,
s’arrestaron nel fosso a riguardarmi
per maraviglia, oblïando il martiro.

«Or dì a fra Dolcin dunque che s’armi,
tu che forse vedra’ il sole in breve,
s’ello non vuol qui tosto seguitarmi,

sì di vivanda, che stretta di neve
non rechi la vittoria al Noarese,
ch’altrimenti acquistar non saria leve».60

Poi che l’un piè per girsene sospese,
Mäometto mi disse esta parola;
indi a partirsi in terra lo distese.

Un altro, che forata avea la gola
e tronco ’l naso infin sotto le ciglia,
e non avea mai ch’una orecchia sola,

ristato a riguardar per maraviglia
con li altri, innanzi a li altri aprì la canna,
ch’era di fuor d’ogne parte vermiglia,

e disse: «O tu cui colpa non condanna70
e cu’ io vidi su in terra latina,
se troppa simiglianza non m’inganna,

rimembriti di Pier da Medicina,
se mai torni a veder lo dolce piano
che da Vercelli a Marcabò dichina.

E fa saper a’ due miglior da Fano,
a messer Guido e anco ad Angiolello,
che, se l’antiveder qui non è vano,

gittati saran fuor di lor vasello
e mazzerati presso a la Cattolica80
per tradimento d’un tiranno fello.

Tra l’isola di Cipri e di Maiolica
non vide mai sì gran fallo Nettuno,
non da pirate, non da gente argolica.

Quel traditor che vede pur con l’uno,
e tien la terra che tale qui meco
vorrebbe di vedere esser digiuno,

farà venirli a parlamento seco;
poi farà sì, ch’al vento di Focara
non sarà lor mestier voto né preco».90

E io a lui: «Dimostrami e dichiara,
se vuo’ ch’i’ porti sù di te novella,
chi è colui da la veduta amara».

Allor puose la mano a la mascella
d’un suo compagno e la bocca li aperse,
gridando: «Questi è desso, e non favella.

Questi, scacciato, il dubitar sommerse
in Cesare, affermando che ’l fornito
sempre con danno l’attender sofferse».

Oh quanto mi pareva sbigottito100
con la lingua tagliata ne la strozza
Curïo, ch’a dir fu così ardito!

E un ch’avea l’una e l’altra man mozza,
levando i moncherin per l’aura fosca,
sì che ’l sangue facea la faccia sozza,

gridò: «Ricordera’ti anche del Mosca,
che disse, lasso!, "Capo ha cosa fatta",
che fu mal seme per la gente tosca».

E io li aggiunsi: «E morte di tua schiatta»;
per ch’elli, accumulando duol con duolo,110
sen gio come persona trista e matta.

Ma io rimasi a riguardar lo stuolo,
e vidi cosa ch’io avrei paura,
sanza più prova, di contarla solo;

se non che coscïenza m’assicura,
la buona compagnia che l’uom francheggia
sotto l’asbergo del sentirsi pura.

Io vidi certo, e ancor par ch’io ’l veggia,
un busto sanza capo andar sì come
andavan li altri de la trista greggia;120

e ’l capo tronco tenea per le chiome,
pesol con mano a guisa di lanterna:
e quel mirava noi e dicea: «Oh me!».

Di sé facea a sé stesso lucerna,
ed eran due in uno e uno in due;
com’ esser può, quei sa che sì governa.

Quando diritto al piè del ponte fue,
levò ’l braccio alto con tutta la testa
per appressarne le parole sue,

che fuoro: «Or vedi la pena molesta,130
tu che, spirando, vai veggendo i morti:
vedi s’alcuna è grande come questa.

E perché tu di me novella porti,
sappi ch’i’ son Bertram dal Bornio, quelli
che diedi al re giovane i ma’ conforti.

Io feci il padre e ’l figlio in sé ribelli;
Achitofèl non fé più d’Absalone
e di Davìd coi malvagi punzelli.

Perch’ io parti’ così giunte persone,
partito porto il mio cerebro, lasso!,140
dal suo principio ch’è in questo troncone.

Così s’osserva in me lo contrapasso».

Who ever could, e'en with untrammelled words,
Tell of the blood and of the wounds in full
Which now I saw, by many times narrating?

Each tongue would for a certainty fall short
By reason of our speech and memory,
That have small room to comprehend so much.

If were again assembled all the people
Which formerly upon the fateful land
Of Puglia were lamenting for their blood

Shed by the Romans and the lingering war10
That of the rings made such illustrious spoils,
As Livy has recorded, who errs not,

With those who felt the agony of blows
By making counterstand to Robert Guiscard,
And all the rest, whose bones are gathered still

At Ceperano, where a renegade
Was each Apulian, and at Tagliacozzo,
Where without arms the old Alardo conquered,

And one his limb transpierced, and one lopped off,
Should show, it would be nothing to compare20
With the disgusting mode of the ninth Bolgia.

A cask by losing centre-piece or cant
Was never shattered so, as I saw one
Rent from the chin to where one breaketh wind.

Between his legs were hanging down his entrails;
His heart was visible, and the dismal sack
That maketh excrement of what is eaten.

While I was all absorbed in seeing him,
He looked at me, and opened with his hands
His bosom, saying: "See now how I rend me;30

How mutilated, see, is Mahomet;
In front of me doth Ali weeping go,
Cleft in the face from forelock unto chin;

And all the others whom thou here beholdest,
Disseminators of scandal and of schism
While living were, and therefore are cleft thus.

A devil is behind here, who doth cleave us
Thus cruelly, unto the falchion's edge
Putting again each one of all this ream,

When we have gone around the doleful road;40
By reason that our wounds are closed again
Ere any one in front of him repass.

But who art thou, that musest on the crag,
Perchance to postpone going to the pain
That is adjudged upon thine accusations?"

"Nor death hath reached him yet, nor guilt doth bring him,"
My Master made reply, "to be tormented;
But to procure him full experience,

Me, who am dead, behoves it to conduct him
Down here through Hell, from circle unto circle;50
And this is true as that I speak to thee."

More than a hundred were there when they heard him,
Who in the moat stood still to look at me,
Through wonderment oblivious of their torture.

"Now say to Fra Dolcino, then, to arm him,
Thou, who perhaps wilt shortly see the sun,
If soon he wish not here to follow me,

So with provisions, that no stress of snow
May give the victory to the Novarese,
Which otherwise to gain would not be easy."60

After one foot to go away he lifted,
This word did Mahomet say unto me,
Then to depart upon the ground he stretched it.

Another one, who had his throat pierced through,
And nose cut off close underneath the brows,
And had no longer but a single ear,

Staying to look in wonder with the others,
Before the others did his gullet open,
Which outwardly was red in every part,

And said: "O thou, whom guilt doth not condemn,70
And whom I once saw up in Latian land,
Unless too great similitude deceive me,

Call to remembrance Pier da Medicina,
If e'er thou see again the lovely plain
That from Vercelli slopes to Marcabo,

And make it known to the best two of Fano,
To Messer Guido and Angiolello likewise,
That if foreseeing here be not in vain,

Cast over from their vessel shall they be,
And drowned near unto the Cattolica,80
By the betrayal of a tyrant fell.

Between the isles of Cyprus and Majorca
Neptune ne'er yet beheld so great a crime,
Neither of pirates nor Argolic people.

That traitor, who sees only with one eye,
And holds the land, which some one here with me
Would fain be fasting from the vision of,

Will make them come unto a parley with him;
Then will do so, that to Focara's wind
They will not stand in need of vow or prayer."90

And I to him: "Show to me and declare,
If thou wouldst have me bear up news of thee,
Who is this person of the bitter vision."

Then did he lay his hand upon the jaw
Of one of his companions, and his mouth
Oped, crying: "This is he, and he speaks not.

This one, being banished, every doubt submerged
In Caesar by affirming the forearmed
Always with detriment allowed delay."

O how bewildered unto me appeared,100
With tongue asunder in his windpipe slit,
Curio, who in speaking was so bold!

And one, who both his hands dissevered had,
The stumps uplifting through the murky air,
So that the blood made horrible his face,

Cried out: "Thou shalt remember Mosca also,
Who said, alas! 'A thing done has an end!'
Which was an ill seed for the Tuscan people."

"And death unto thy race," thereto I added;
Whence he, accumulating woe on woe,110
Departed, like a person sad and crazed.

But I remained to look upon the crowd;
And saw a thing which I should be afraid,
Without some further proof, even to recount,

If it were not that conscience reassures me,
That good companion which emboldens man
Beneath the hauberk of its feeling pure.

I truly saw, and still I seem to see it,
A trunk without a head walk in like manner
As walked the others of the mournful herd.120

And by the hair it held the head dissevered,
Hung from the hand in fashion of a lantern,
And that upon us gazed and said: "O me!"

It of itself made to itself a lamp,
And they were two in one, and one in two;
How that can be, He knows who so ordains it.

When it was come close to the bridge's foot,
It lifted high its arm with all the head,
To bring more closely unto us its words,

Which were: "Behold now the sore penalty,130
Thou, who dost breathing go the dead beholding;
Behold if any be as great as this.

And so that thou may carry news of me,
Know that Bertram de Born am I, the same
Who gave to the Young King the evil comfort.

I made the father and the son rebellious;
Achitophel not more with Absalom
And David did with his accursed goadings.

Because I parted persons so united,
Parted do I now bear my brain, alas!140
From its beginning, which is in this trunk.

Thus is observed in me the counterpoise."
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La molta gente e le diverse piaghe
avean le luci mie sì inebrïate,
che de lo stare a piangere eran vaghe.

Ma Virgilio mi disse: «Che pur guate?
perché la vista tua pur si soffolge
là giù tra l’ombre triste smozzicate?

Tu non hai fatto sì a l’altre bolge;
pensa, se tu annoverar le credi,
che miglia ventidue la valle volge.

E già la luna è sotto i nostri piedi;10
lo tempo è poco omai che n’è concesso,
e altro è da veder che tu non vedi».

«Se tu avessi», rispuos’ io appresso,
«atteso a la cagion per ch’io guardava,
forse m’avresti ancor lo star dimesso».

Parte sen giva, e io retro li andava,
lo duca, già faccendo la risposta,
e soggiugnendo: «Dentro a quella cava

dov’ io tenea or li occhi sì a posta,
credo ch’un spirto del mio sangue pianga20
la colpa che là giù cotanto costa».

Allor disse ’l maestro: «Non si franga
lo tuo pensier da qui innanzi sovr’ ello.
Attendi ad altro, ed ei là si rimanga;

ch’io vidi lui a piè del ponticello
mostrarti e minacciar forte col dito,
e udi’ ’l nominar Geri del Bello.

Tu eri allor sì del tutto impedito
sovra colui che già tenne Altaforte,
che non guardasti in là, sì fu partito».30

«O duca mio, la vïolenta morte
che non li è vendicata ancor», diss’ io,
«per alcun che de l’onta sia consorte,

fece lui disdegnoso; ond’ el sen gio
sanza parlarmi, sì com’ ïo estimo:
e in ciò m’ha el fatto a sé più pio».

Così parlammo infino al loco primo
che de lo scoglio l’altra valle mostra,
se più lume vi fosse, tutto ad imo.

Quando noi fummo sor l’ultima chiostra40
di Malebolge, sì che i suoi conversi
potean parere a la veduta nostra,

lamenti saettaron me diversi,
che di pietà ferrati avean li strali;
ond’ io li orecchi con le man copersi.

Qual dolor fora, se de li spedali
di Valdichiana tra ’l luglio e ’l settembre
e di Maremma e di Sardigna i mali

fossero in una fossa tutti ’nsembre,
tal era quivi, e tal puzzo n’usciva50
qual suol venir de le marcite membre.

Noi discendemmo in su l’ultima riva
del lungo scoglio, pur da man sinistra;
e allor fu la mia vista più viva

giù ver’ lo fondo, la ’ve la ministra
de l’alto Sire infallibil giustizia
punisce i falsador che qui registra.

Non credo ch’a veder maggior tristizia
fosse in Egina il popol tutto infermo,
quando fu l’aere sì pien di malizia,60

che li animali, infino al picciol vermo,
cascaron tutti, e poi le genti antiche,
secondo che i poeti hanno per fermo,

si ristorar di seme di formiche;
ch’era a veder per quella oscura valle
languir li spirti per diverse biche.

Qual sovra ’l ventre e qual sovra le spalle
l’un de l’altro giacea, e qual carpone
si trasmutava per lo tristo calle.

Passo passo andavam sanza sermone,70
guardando e ascoltando li ammalati,
che non potean levar le lor persone.

Io vidi due sedere a sé poggiati,
com’ a scaldar si poggia tegghia a tegghia,
dal capo al piè di schianze macolati;

e non vidi già mai menare stregghia
a ragazzo aspettato dal segnorso,
né a colui che mal volontier vegghia,

come ciascun menava spesso il morso
de l’unghie sopra sé per la gran rabbia80
del pizzicor, che non ha più soccorso;

e sì traevan giù l’unghie la scabbia,
come coltel di scardova le scaglie
o d’altro pesce che più larghe l’abbia.

«O tu che con le dita ti dismaglie»,
cominciò ’l duca mio a l’un di loro,
«e che fai d’esse talvolta tanaglie,

dinne s’alcun Latino è tra costoro
che son quinc’ entro, se l’unghia ti basti
etternalmente a cotesto lavoro».90

«Latin siam noi, che tu vedi sì guasti
qui ambedue», rispuose l’un piangendo;
«ma tu chi se’ che di noi dimandasti?».

E ’l duca disse: «I’ son un che discendo
con questo vivo giù di balzo in balzo,
e di mostrar lo ’nferno a lui intendo».

Allor si ruppe lo comun rincalzo;
e tremando ciascuno a me si volse
con altri che l’udiron di rimbalzo.

Lo buon maestro a me tutto s’accolse,100
dicendo: «Dì a lor ciò che tu vuoli»;
e io incominciai, poscia ch’ei volse:

«Se la vostra memoria non s’imboli
nel primo mondo da l’umane menti,
ma s’ella viva sotto molti soli,

ditemi chi voi siete e di che genti;
la vostra sconcia e fastidiosa pena
di palesarvi a me non vi spaventi».

«Io fui d’Arezzo, e Albero da Siena»,
rispuose l’un, «mi fé mettere al foco;110
ma quel per ch’io mori’ qui non mi mena.

Vero è ch’i’ dissi lui, parlando a gioco:
"I’ mi saprei levar per l’aere a volo";
e quei, ch’avea vaghezza e senno poco,

volle ch’i’ li mostrassi l’arte; e solo
perch’ io nol feci Dedalo, mi fece
ardere a tal che l’avea per figliuolo.

Ma ne l’ultima bolgia de le diece
me per l’alchìmia che nel mondo usai
dannò Minòs, a cui fallar non lece».120

E io dissi al poeta: «Or fu già mai
gente sì vana come la sanese?
Certo non la francesca sì d’assai!».

Onde l’altro lebbroso, che m’intese,
rispuose al detto mio: «Tra’mene Stricca
che seppe far le temperate spese,

e Niccolò che la costuma ricca
del garofano prima discoverse
ne l’orto dove tal seme s’appicca;

e tra’ne la brigata in che disperse130
Caccia d’Ascian la vigna e la gran fonda,
e l’Abbagliato suo senno proferse.

Ma perché sappi chi sì ti seconda
contra i Sanesi, aguzza ver’ me l’occhio,
sì che la faccia mia ben ti risponda:

sì vedrai ch’io son l’ombra di Capocchio,
che falsai li metalli con l’alchìmia;
e te dee ricordar, se ben t’adocchio,

com’ io fui di natura buona scimia».

The many people and the divers wounds
These eyes of mine had so inebriated,
That they were wishful to stand still and weep;

But said Virgilius: "What dost thou still gaze at?
Why is thy sight still riveted down there
Among the mournful, mutilated shades?

Thou hast not done so at the other Bolge;
Consider, if to count them thou believest,
That two-and-twenty miles the valley winds,

And now the moon is underneath our feet;10
Henceforth the time allotted us is brief,
And more is to be seen than what thou seest."

"If thou hadst," I made answer thereupon,
"Attended to the cause for which I looked,
Perhaps a longer stay thou wouldst have pardoned."

Meanwhile my Guide departed, and behind him
I went, already making my reply,
And superadding: "In that cavern where

I held mine eyes with such attention fixed,
I think a spirit of my blood laments20
The sin which down below there costs so much."

Then said the Master: "Be no longer broken
Thy thought from this time forward upon him;
Attend elsewhere, and there let him remain;

For him I saw below the little bridge,
Pointing at thee, and threatening with his finger
Fiercely, and heard him called Geri del Bello.

So wholly at that time wast thou impeded
By him who formerly held Altaforte,
Thou didst not look that way; so he departed."30

"O my Conductor, his own violent death,
Which is not yet avenged for him," I said,
"By any who is sharer in the shame,

Made him disdainful; whence he went away,
As I imagine, without speaking to me,
And thereby made me pity him the more."

Thus did we speak as far as the first place
Upon the crag, which the next valley shows
Down to the bottom, if there were more light.

When we were now right over the last cloister40
Of Malebolge, so that its lay-brothers
Could manifest themselves unto our sight,

Divers lamentings pierced me through and through,
Which with compassion had their arrows barbed,
Whereat mine ears I covered with my hands.

What pain would be, if from the hospitals
Of Valdichiana, 'twixt July and September,
And of Maremma and Sardinia

All the diseases in one moat were gathered,
Such was it here, and such a stench came from it50
As from putrescent limbs is wont to issue.

We had descended on the furthest bank
From the long crag, upon the left hand still,
And then more vivid was my power of sight

Down tow'rds the bottom, where the ministress
Of the high Lord, Justice infallible,
Punishes forgers, which she here records.

I do not think a sadder sight to see
Was in Aegina the whole people sick,
(When was the air so full of pestilence,60

The animals, down to the little worm,
All fell, and afterwards the ancient people,
According as the poets have affirmed,

Were from the seed of ants restored again,)
Than was it to behold through that dark valley
The spirits languishing in divers heaps.

This on the belly, that upon the back
One of the other lay, and others crawling
Shifted themselves along the dismal road.

We step by step went onward without speech,70
Gazing upon and listening to the sick
Who had not strength enough to lift their bodies.

I saw two sitting leaned against each other,
As leans in heating platter against platter,
From head to foot bespotted o'er with scabs;

And never saw I plied a currycomb
By stable-boy for whom his master waits,
Or him who keeps awake unwillingly,

As every one was plying fast the bite
Of nails upon himself, for the great rage80
Of itching which no other succour had.

And the nails downward with them dragged the scab,
In fashion as a knife the scales of bream,
Or any other fish that has them largest.

"O thou, that with thy fingers dost dismail thee,"
Began my Leader unto one of them,
"And makest of them pincers now and then,

Tell me if any Latian is with those
Who are herein; so may thy nails suffice thee
To all eternity unto this work."90

"Latians are we, whom thou so wasted seest,
Both of us here," one weeping made reply;
"But who art thou, that questionest about us?"

And said the Guide: "One am I who descends
Down with this living man from cliff to cliff,
And I intend to show Hell unto him."

Then broken was their mutual support,
And trembling each one turned himself to me,
With others who had heard him by rebound.

Wholly to me did the good Master gather,100
Saying: "Say unto them whate'er thou wishest."
And I began, since he would have it so:

"So may your memory not steal away
In the first world from out the minds of men,
But so may it survive 'neath many suns,

Say to me who ye are, and of what people;
Let not your foul and loathsome punishment
Make you afraid to show yourselves to me."

"I of Arezzo was," one made reply,
"And Albert of Siena had me burned;110
But what I died for does not bring me here.

'Tis true I said to him, speaking in jest,
That I could rise by flight into the air,
And he who had conceit, but little wit,

Would have me show to him the art; and only
Because no Daedalus I made him, made me
Be burned by one who held him as his son.

But unto the last Bolgia of the ten,
For alchemy, which in the world I practised,
Minos, who cannot err, has me condemned."120

And to the Poet said I: "Now was ever
So vain a people as the Sienese?
Not for a certainty the French by far."

Whereat the other leper, who had heard me,
Replied unto my speech: "Taking out Stricca,
Who knew the art of moderate expenses,

And Niccolo, who the luxurious use
Of cloves discovered earliest of all
Within that garden where such seed takes root;

And taking out the band, among whom squandered130
Caccia d'Ascian his vineyards and vast woods,
And where his wit the Abbagliato proffered!

But, that thou know who thus doth second thee
Against the Sienese, make sharp thine eye
Tow'rds me, so that my face well answer thee,

And thou shalt see I am Capocchio's shade,
Who metals falsified by alchemy;
Thou must remember, if I well descry thee,

How I a skilful ape of nature was."
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Nel tempo che Iunone era crucciata
per Semelè contra ’l sangue tebano,
come mostrò una e altra fïata,

Atamante divenne tanto insano,
che veggendo la moglie con due figli
andar carcata da ciascuna mano,

gridò: «Tendiam le reti, sì ch’io pigli
la leonessa e ’ leoncini al varco»;
e poi distese i dispietati artigli,

prendendo l’un ch’avea nome Learco,10
e rotollo e percosselo ad un sasso;
e quella s’annegò con l’altro carco.

E quando la fortuna volse in basso
l’altezza de’ Troian che tutto ardiva,
sì che ’nsieme col regno il re fu casso,

Ecuba trista, misera e cattiva,
poscia che vide Polissena morta,
e del suo Polidoro in su la riva

del mar si fu la dolorosa accorta,
forsennata latrò sì come cane;20
tanto il dolor le fé la mente torta.

Ma né di Tebe furie né troiane
si vider mäi in alcun tanto crude,
non punger bestie, nonché membra umane,

quant’ io vidi in due ombre smorte e nude,
che mordendo correvan di quel modo
che ’l porco quando del porcil si schiude.

L’una giunse a Capocchio, e in sul nodo
del collo l’assannò, sì che, tirando,
grattar li fece il ventre al fondo sodo.30

E l’Aretin che rimase, tremando
mi disse: «Quel folletto è Gianni Schicchi,
e va rabbioso altrui così conciando».

«Oh», diss’ io lui, «se l’altro non ti ficchi
li denti a dosso, non ti sia fatica
a dir chi è, pria che di qui si spicchi».

Ed elli a me: «Quell’ è l’anima antica
di Mirra scellerata, che divenne
al padre, fuor del dritto amore, amica.

Questa a peccar con esso così venne,40
falsificando sé in altrui forma,
come l’altro che là sen va, sostenne,

per guadagnar la donna de la torma,
falsificare in sé Buoso Donati,
testando e dando al testamento norma».

E poi che i due rabbiosi fuor passati
sovra cu’ io avea l’occhio tenuto,
rivolsilo a guardar li altri mal nati.

Io vidi un, fatto a guisa di lëuto,
pur ch’elli avesse avuta l’anguinaia50
tronca da l’altro che l’uomo ha forcuto.

La grave idropesì, che sì dispaia
le membra con l’omor che mal converte,
che ’l viso non risponde a la ventraia,

faceva lui tener le labbra aperte
come l’etico fa, che per la sete
l’un verso ’l mento e l’altro in sù rinverte.

«O voi che sanz’ alcuna pena siete,
e non so io perché, nel mondo gramo»,
diss’ elli a noi, «guardate e attendete60

a la miseria del maestro Adamo;
io ebbi, vivo, assai di quel ch’i’ volli,
e ora, lasso!, un gocciol d’acqua bramo.

Li ruscelletti che d’i verdi colli
del Casentin discendon giuso in Arno,
faccendo i lor canali freddi e molli,

sempre mi stanno innanzi, e non indarno,
ché l’imagine lor vie più m’asciuga
che ’l male ond’ io nel volto mi discarno.

La rigida giustizia che mi fruga70
tragge cagion del loco ov’ io peccai
a metter più li miei sospiri in fuga.

Ivi è Romena, là dov’ io falsai
la lega suggellata del Batista;
per ch’io il corpo sù arso lasciai.

Ma s’io vedessi qui l’anima trista
di Guido o d’Alessandro o di lor frate,
per Fonte Branda non darei la vista.

Dentro c’è l’una già, se l’arrabbiate
ombre che vanno intorno dicon vero;80
ma che mi val, c’ho le membra legate?

S’io fossi pur di tanto ancor leggero
ch’i’ potessi in cent’ anni andare un’oncia,
io sarei messo già per lo sentiero,

cercando lui tra questa gente sconcia,
con tutto ch’ella volge undici miglia,
e men d’un mezzo di traverso non ci ha.

Io son per lor tra sì fatta famiglia;
e’ m’indussero a batter li fiorini
ch’avevan tre carati di mondiglia».90

E io a lui: «Chi son li due tapini
che fumman come man bagnate ’l verno,
giacendo stretti a’ tuoi destri confini?».

«Qui li trovai—e poi volta non dierno—»,
rispuose, «quando piovvi in questo greppo,
e non credo che dieno in sempiterno.

L’una è la falsa ch’accusò Gioseppo;
l’altr’ è ’l falso Sinon greco di Troia:
per febbre aguta gittan tanto leppo».

E l’un di lor, che si recò a noia100
forse d’esser nomato sì oscuro,
col pugno li percosse l’epa croia.

Quella sonò come fosse un tamburo;
e mastro Adamo li percosse il volto
col braccio suo, che non parve men duro,

dicendo a lui: «Ancor che mi sia tolto
lo muover per le membra che son gravi,
ho io il braccio a tal mestiere sciolto».

Ond’ ei rispuose: «Quando tu andavi
al fuoco, non l’avei tu così presto;110
ma sì e più l’avei quando coniavi».

E l’idropico: «Tu di’ ver di questo:
ma tu non fosti sì ver testimonio
là ’ve del ver fosti a Troia richesto».

«S’io dissi falso, e tu falsasti il conio»,
disse Sinon; «e son qui per un fallo,
e tu per più ch’alcun altro demonio!».

«Ricorditi, spergiuro, del cavallo»,
rispuose quel ch’avëa infiata l’epa;
«e sieti reo che tutto il mondo sallo!».120

«E te sia rea la sete onde ti crepa»,
disse ’l Greco, «la lingua, e l’acqua marcia
che ’l ventre innanzi a li occhi sì t’assiepa!».

Allora il monetier: «Così si squarcia
la bocca tua per tuo mal come suole;
ché, s’i’ ho sete e omor mi rinfarcia,

tu hai l’arsura e ’l capo che ti duole,
e per leccar lo specchio di Narcisso,
non vorresti a ’nvitar molte parole».

Ad ascoltarli er’ io del tutto fisso,130
quando ’l maestro mi disse: «Or pur mira,
che per poco che teco non mi risso!».

Quand’ io ’l senti’ a me parlar con ira,
volsimi verso lui con tal vergogna,
ch’ancor per la memoria mi si gira.

Qual è colui che suo dannaggio sogna,
che sognando desidera sognare,
sì che quel ch’è, come non fosse, agogna,

tal mi fec’ io, non possendo parlare,
che disïava scusarmi, e scusava140
me tuttavia, e nol mi credea fare.

«Maggior difetto men vergogna lava»,
disse ’l maestro, «che ’l tuo non è stato;
però d’ogne trestizia ti disgrava.

E fa ragion ch’io ti sia sempre allato,
se più avvien che fortuna t’accoglia
dove sien genti in simigliante piato:

ché voler ciò udire è bassa voglia».

'Twas at the time when Juno was enraged,
For Semele, against the Theban blood,
As she already more than once had shown,

So reft of reason Athamas became,
That, seeing his own wife with children twain
Walking encumbered upon either hand,

He cried: "Spread out the nets, that I may take
The lioness and her whelps upon the passage;"
And then extended his unpitying claws,

Seizing the first, who had the name Learchus,10
And whirled him round, and dashed him on a rock;
And she, with the other burthen, drowned herself;--

And at the time when fortune downward hurled
The Trojan's arrogance, that all things dared,
So that the king was with his kingdom crushed,

Hecuba sad, disconsolate, and captive,
When lifeless she beheld Polyxena,
And of her Polydorus on the shore

Of ocean was the dolorous one aware,
Out of her senses like a dog she barked,20
So much the anguish had her mind distorted;

But not of Thebes the furies nor the Trojan
Were ever seen in any one so cruel
In goading beasts, and much more human members,

As I beheld two shadows pale and naked,
Who, biting, in the manner ran along
That a boar does, when from the sty turned loose.

One to Capocchio came, and by the nape
Seized with its teeth his neck, so that in dragging
It made his belly grate the solid bottom.30

And the Aretine, who trembling had remained,
Said to me: "That mad sprite is Gianni Schicchi,
And raving goes thus harrying other people."

"O," said I to him, "so may not the other
Set teeth on thee, let it not weary thee
To tell us who it is, ere it dart hence."

And he to me: "That is the ancient ghost
Of the nefarious Myrrha, who became
Beyond all rightful love her father's lover.

She came to sin with him after this manner,40
By counterfeiting of another's form;
As he who goeth yonder undertook,

That he might gain the lady of the herd,
To counterfeit in himself Buoso Donati,
Making a will and giving it due form."

And after the two maniacs had passed
On whom I held mine eye, I turned it back
To look upon the other evil-born.

I saw one made in fashion of a lute,
If he had only had the groin cut off50
Just at the point at which a man is forked.

The heavy dropsy, that so disproportions
The limbs with humours, which it ill concocts,
That the face corresponds not to the belly,

Compelled him so to hold his lips apart
As does the hectic, who because of thirst
One tow'rds the chin, the other upward turns.

"O ye, who without any torment are,
And why I know not, in the world of woe,"
He said to us, "behold, and be attentive60

Unto the misery of Master Adam;
I had while living much of what I wished,
And now, alas! a drop of water crave.

The rivulets, that from the verdant hills
Of Cassentin descend down into Arno,
Making their channels to be cold and moist,

Ever before me stand, and not in vain;
For far more doth their image dry me up
Than the disease which strips my face of flesh.

The rigid justice that chastises me70
Draweth occasion from the place in which
I sinned, to put the more my sighs in flight.

There is Romena, where I counterfeited
The currency imprinted with the Baptist,
For which I left my body burned above.

But if I here could see the tristful soul
Of Guido, or Alessandro, or their brother,
For Branda's fount I would not give the sight.

One is within already, if the raving
Shades that are going round about speak truth;80
But what avails it me, whose limbs are tied?

If I were only still so light, that in
A hundred years I could advance one inch,
I had already started on the way,

Seeking him out among this squalid folk,
Although the circuit be eleven miles,
And be not less than half a mile across.

For them am I in such a family;
They did induce me into coining florins,
Which had three carats of impurity."90

And I to him: "Who are the two poor wretches
That smoke like unto a wet hand in winter,
Lying there close upon thy right-hand confines?"

"I found them here," replied he, "when I rained
Into this chasm, and since they have not turned,
Nor do I think they will for evermore.

One the false woman is who accused Joseph,
The other the false Sinon, Greek of Troy;
From acute fever they send forth such reek."

And one of them, who felt himself annoyed100
At being, peradventure, named so darkly,
Smote with the fist upon his hardened paunch.

It gave a sound, as if it were a drum;
And Master Adam smote him in the face,
With arm that did not seem to be less hard,

Saying to him: "Although be taken from me
All motion, for my limbs that heavy are,
I have an arm unfettered for such need."

Whereat he answer made: "When thou didst go
Unto the fire, thou hadst it not so ready:110
But hadst it so and more when thou wast coining."

The dropsical: "Thou sayest true in that;
But thou wast not so true a witness there,
Where thou wast questioned of the truth at Troy."

"If I spake false, thou falsifiedst the coin,"
Said Sinon; "and for one fault I am here,
And thou for more than any other demon."

"Remember, perjurer, about the horse,"
He made reply who had the swollen belly,
"And rueful be it thee the whole world knows it."120

"Rueful to thee the thirst be wherewith cracks
Thy tongue," the Greek said, "and the putrid water
That hedges so thy paunch before thine eyes."

Then the false-coiner: "So is gaping wide
Thy mouth for speaking evil, as 'tis wont;
Because if I have thirst, and humour stuff me

Thou hast the burning and the head that aches,
And to lick up the mirror of Narcissus
Thou wouldst not want words many to invite thee."

In listening to them was I wholly fixed,130
When said the Master to me: "Now just look,
For little wants it that I quarrel with thee."

When him I heard in anger speak to me,
I turned me round towards him with such shame
That still it eddies through my memory.

And as he is who dreams of his own harm,
Who dreaming wishes it may be a dream,
So that he craves what is, as if it were not;

Such I became, not having power to speak,
For to excuse myself I wished, and still140
Excused myself, and did not think I did it.

"Less shame doth wash away a greater fault,"
The Master said, "than this of thine has been;
Therefore thyself disburden of all sadness,

And make account that I am aye beside thee,
If e'er it come to pass that fortune bring thee
Where there are people in a like dispute;

For a base wish it is to wish to hear it."
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Una medesma lingua pria mi morse,
sì che mi tinse l’una e l’altra guancia,
e poi la medicina mi riporse;

così od’ io che solea far la lancia
d’Achille e del suo padre esser cagione
prima di trista e poi di buona mancia.

Noi demmo il dosso al misero vallone
su per la ripa che ’l cinge dintorno,
attraversando sanza alcun sermone.

Quiv’ era men che notte e men che giorno,10
sì che ’l viso m’andava innanzi poco;
ma io senti’ sonare un alto corno,

tanto ch’avrebbe ogne tuon fatto fioco,
che, contra sé la sua via seguitando,
dirizzò li occhi miei tutti ad un loco.

Dopo la dolorosa rotta, quando
Carlo Magno perdé la santa gesta,
non sonò sì terribilmente Orlando.

Poco portäi in là volta la testa,
che me parve veder molte alte torri;20
ond’ io: «Maestro, dì, che terra è questa?».

Ed elli a me: «Però che tu trascorri
per le tenebre troppo da la lungi,
avvien che poi nel maginare abborri.

Tu vedrai ben, se tu là ti congiungi,
quanto ’l senso s’inganna di lontano;
però alquanto più te stesso pungi».

Poi caramente mi prese per mano
e disse: «Pria che noi siam più avanti,
acciò che ’l fatto men ti paia strano,30

sappi che non son torri, ma giganti,
e son nel pozzo intorno da la ripa
da l’umbilico in giuso tutti quanti».

Come quando la nebbia si dissipa,
lo sguardo a poco a poco raffigura
ciò che cela ’l vapor che l’aere stipa,

così forando l’aura grossa e scura,
più e più appressando ver’ la sponda,
fuggiemi errore e cresciemi paura;

però che, come su la cerchia tonda40
Montereggion di torri si corona,
così la proda che ’l pozzo circonda

torreggiavan di mezza la persona
li orribili giganti, cui minaccia
Giove del cielo ancora quando tuona.

E io scorgeva già d’alcun la faccia,
le spalle e ’l petto e del ventre gran parte,
e per le coste giù ambo le braccia.

Natura certo, quando lasciò l’arte
di sì fatti animali, assai fé bene50
per tòrre tali essecutori a Marte.

E s’ella d’elefanti e di balene
non si pente, chi guarda sottilmente,
più giusta e più discreta la ne tene;

ché dove l’argomento de la mente
s’aggiugne al mal volere e a la possa,
nessun riparo vi può far la gente.

La faccia sua mi parea lunga e grossa
come la pina di San Pietro a Roma,
e a sua proporzione eran l’altre ossa;60

sì che la ripa, ch’era perizoma
dal mezzo in giù, ne mostrava ben tanto
di sovra, che di giugnere a la chioma

tre Frison s’averien dato mal vanto;
però ch’i’ ne vedea trenta gran palmi
dal loco in giù dov’ omo affibbia ’l manto.

«Raphèl maì amècche zabì almi»,
cominciò a gridar la fiera bocca,
cui non si convenia più dolci salmi.

E ’l duca mio ver’ lui: «Anima sciocca,70
tienti col corno, e con quel ti disfoga
quand’ ira o altra passïon ti tocca!

Cércati al collo, e troverai la soga
che ’l tien legato, o anima confusa,
e vedi lui che ’l gran petto ti doga».

Poi disse a me: «Elli stessi s’accusa;
questi è Nembrotto per lo cui mal coto
pur un linguaggio nel mondo non s’usa.

Lasciànlo stare e non parliamo a vòto;
ché così è a lui ciascun linguaggio80
come ’l suo ad altrui, ch’a nullo è noto».

Facemmo adunque più lungo vïaggio,
vòlti a sinistra; e al trar d’un balestro
trovammo l’altro assai più fero e maggio.

A cigner lui qual che fosse ’l maestro,
non so io dir, ma el tenea soccinto
dinanzi l’altro e dietro il braccio destro

d’una catena che ’l tenea avvinto
dal collo in giù, sì che ’n su lo scoperto
si ravvolgëa infino al giro quinto.90

«Questo superbo volle esser esperto
di sua potenza contra ’l sommo Giove»,
disse ’l mio duca, «ond’ elli ha cotal merto.

Fïalte ha nome, e fece le gran prove
quando i giganti fer paura a’ dèi;
le braccia ch’el menò, già mai non move».

E io a lui: «S’esser puote, io vorrei
che de lo smisurato Brïareo
esperïenza avesser li occhi mei».

Ond’ ei rispuose: «Tu vedrai Anteo100
presso di qui che parla ed è disciolto,
che ne porrà nel fondo d’ogne reo.

Quel che tu vuo’ veder, più là è molto
ed è legato e fatto come questo,
salvo che più feroce par nel volto».

Non fu tremoto già tanto rubesto,
che scotesse una torre così forte,
come Fïalte a scuotersi fu presto.

Allor temett’ io più che mai la morte,
e non v’era mestier più che la dotta,110
s’io non avessi viste le ritorte.

Noi procedemmo più avante allotta,
e venimmo ad Anteo, che ben cinque alle,
sanza la testa, uscia fuor de la grotta.

«O tu che ne la fortunata valle
che fece Scipïon di gloria reda,
quand’ Anibàl co’ suoi diede le spalle,

recasti già mille leon per preda,
e che, se fossi stato a l’alta guerra
de’ tuoi fratelli, ancor par che si creda120

ch’avrebber vinto i figli de la terra:
mettine giù, e non ten vegna schifo,
dove Cocito la freddura serra.

Non ci fare ire a Tizio né a Tifo:
questi può dar di quel che qui si brama;
però ti china e non torcer lo grifo.

Ancor ti può nel mondo render fama,
ch’el vive, e lunga vita ancor aspetta
se ’nnanzi tempo grazia a sé nol chiama».

Così disse ’l maestro; e quelli in fretta130
le man distese, e prese ’l duca mio,
ond’ Ercule sentì già grande stretta.

Virgilio, quando prender si sentio,
disse a me: «Fatti qua, sì ch’io ti prenda»;
poi fece sì ch’un fascio era elli e io.

Qual pare a riguardar la Carisenda
sotto ’l chinato, quando un nuvol vada
sovr’ essa sì, ched ella incontro penda:

tal parve Antëo a me che stava a bada
di vederlo chinare, e fu tal ora140
ch’i’ avrei voluto ir per altra strada.

Ma lievemente al fondo che divora
Lucifero con Giuda, ci sposò;
né, sì chinato, lì fece dimora,

e come albero in nave si levò.

One and the selfsame tongue first wounded me,
So that it tinged the one cheek and the other,
And then held out to me the medicine;

Thus do I hear that once Achilles' spear,
His and his father's, used to be the cause
First of a sad and then a gracious boon.

We turned our backs upon the wretched valley,
Upon the bank that girds it round about,
Going across it without any speech.

There it was less than night, and less than day,10
So that my sight went little in advance;
But I could hear the blare of a loud horn,

So loud it would have made each thunder faint,
Which, counter to it following its way,
Mine eyes directed wholly to one place.

After the dolorous discomfiture
When Charlemagne the holy emprise lost,
So terribly Orlando sounded not.

Short while my head turned thitherward I held
When many lofty towers I seemed to see,20
Whereat I: "Master, say, what town is this?"

And he to me: "Because thou peerest forth
Athwart the darkness at too great a distance,
It happens that thou errest in thy fancy.

Well shalt thou see, if thou arrivest there,
How much the sense deceives itself by distance;
Therefore a little faster spur thee on."

Then tenderly he took me by the hand,
And said: "Before we farther have advanced,
That the reality may seem to thee30

Less strange, know that these are not towers, but giants,
And they are in the well, around the bank,
From navel downward, one and all of them."

As, when the fog is vanishing away,
Little by little doth the sight refigure
Whate'er the mist that crowds the air conceals,

So, piercing through the dense and darksome air,
More and more near approaching tow'rd the verge,
My error fled, and fear came over me;

Because as on its circular parapets40
Montereggione crowns itself with towers,
E'en thus the margin which surrounds the well

With one half of their bodies turreted
The horrible giants, whom Jove menaces
E'en now from out the heavens when he thunders.

And I of one already saw the face,
Shoulders, and breast, and great part of the belly,
And down along his sides both of the arms.

Certainly Nature, when she left the making
Of animals like these, did well indeed,50
By taking such executors from Mars;

And if of elephants and whales she doth not
Repent her, whosoever looketh subtly
More just and more discreet will hold her for it;

For where the argument of intellect
Is added unto evil will and power,
No rampart can the people make against it.

His face appeared to me as long and large
As is at Rome the pine-cone of Saint Peter's,
And in proportion were the other bones;60

So that the margin, which an apron was
Down from the middle, showed so much of him
Above it, that to reach up to his hair

Three Frieslanders in vain had vaunted them;
For I beheld thirty great palms of him
Down from the place where man his mantle buckles.

"Raphael mai amech izabi almi,"
Began to clamour the ferocious mouth,
To which were not befitting sweeter psalms.

And unto him my Guide: "Soul idiotic,70
Keep to thy horn, and vent thyself with that,
When wrath or other passion touches thee.

Search round thy neck, and thou wilt find the belt
Which keeps it fastened, O bewildered soul,
And see it, where it bars thy mighty breast."

Then said to me: "He doth himself accuse;
This one is Nimrod, by whose evil thought
One language in the world is not still used.

Here let us leave him and not speak in vain;
For even such to him is every language80
As his to others, which to none is known."

Therefore a longer journey did we make,
Turned to the left, and a crossbow-shot oft
We found another far more fierce and large.

In binding him, who might the master be
I cannot say; but he had pinioned close
Behind the right arm, and in front the other,

With chains, that held him so begirt about
From the neck down, that on the part uncovered
It wound itself as far as the fifth gyre.90

"This proud one wished to make experiment
Of his own power against the Supreme Jove,"
My Leader said, "whence he has such a guerdon.

Ephialtes is his name; he showed great prowess.
What time the giants terrified the gods;
The arms he wielded never more he moves."

And I to him: "If possible, I should wish
That of the measureless Briareus
These eyes of mine might have experience."

Whence he replied: "Thou shalt behold Antaeus100
Close by here, who can speak and is unbound,
Who at the bottom of all crime shall place us.

Much farther yon is he whom thou wouldst see,
And he is bound, and fashioned like to this one,
Save that he seems in aspect more ferocious."

There never was an earthquake of such might
That it could shake a tower so violently,
As Ephialtes suddenly shook himself.

Then was I more afraid of death than ever,
For nothing more was needful than the fear,110
If I had not beheld the manacles.

Then we proceeded farther in advance,
And to Antaeus came, who, full five ells
Without the head, forth issued from the cavern.

"O thou, who in the valley fortunate,
Which Scipio the heir of glory made,
When Hannibal turned back with all his hosts,

Once brought'st a thousand lions for thy prey,
And who, hadst thou been at the mighty war
Among thy brothers, some it seems still think120

The sons of Earth the victory would have gained:
Place us below, nor be disdainful of it,
There where the cold doth lock Cocytus up.

Make us not go to Tityus nor Typhoeus;
This one can give of that which here is longed for;
Therefore stoop down, and do not curl thy lip.

Still in the world can he restore thy fame;
Because he lives, and still expects long life,
If to itself Grace call him not untimely."

So said the Master; and in haste the other130
His hands extended and took up my Guide,--
Hands whose great pressure Hercules once felt.

Virgilius, when he felt himself embraced,
Said unto me: "Draw nigh, that I may take thee;"
Then of himself and me one bundle made.

As seems the Carisenda, to behold
Beneath the leaning side, when goes a cloud
Above it so that opposite it hangs;

Such did Antaeus seem to me, who stood
Watching to see him stoop, and then it was140
I could have wished to go some other way.

But lightly in the abyss, which swallows up
Judas with Lucifer, he put us down;
Nor thus bowed downward made he there delay,

But, as a mast does in a ship, uprose.
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S’ïo avessi le rime aspre e chiocce,
come si converrebbe al tristo buco
sovra ’l qual pontan tutte l’altre rocce,

io premerei di mio concetto il suco
più pienamente; ma perch’ io non l’abbo,
non sanza tema a dicer mi conduco;

ché non è impresa da pigliare a gabbo
discriver fondo a tutto l’universo,
né da lingua che chiami mamma o babbo.

Ma quelle donne aiutino il mio verso10
ch’aiutaro Anfïone a chiuder Tebe,
sì che dal fatto il dir non sia diverso.

Oh sovra tutte mal creata plebe
che stai nel loco onde parlare è duro,
mei foste state qui pecore o zebe!

Come noi fummo giù nel pozzo scuro
sotto i piè del gigante assai più bassi,
e io mirava ancora a l’alto muro,

dicere udi’mi: «Guarda come passi:
va sì, che tu non calchi con le piante20
le teste de’ fratei miseri lassi».

Per ch’io mi volsi, e vidimi davante
e sotto i piedi un lago che per gelo
avea di vetro e non d’acqua sembiante.

Non fece al corso suo sì grosso velo
di verno la Danoia in Osterlicchi,
né Tanaï là sotto ’l freddo cielo,

com’ era quivi; che se Tambernicchi
vi fosse sù caduto, o Pietrapana,
non avria pur da l’orlo fatto cricchi.30

E come a gracidar si sta la rana
col muso fuor de l’acqua, quando sogna
di spigolar sovente la villana,

livide, insin là dove appar vergogna
eran l’ombre dolenti ne la ghiaccia,
mettendo i denti in nota di cicogna.

Ognuna in giù tenea volta la faccia;
da bocca il freddo, e da li occhi il cor tristo
tra lor testimonianza si procaccia.

Quand’ io m’ebbi dintorno alquanto visto,40
volsimi a’ piedi, e vidi due sì stretti,
che ’l pel del capo avieno insieme misto.

«Ditemi, voi che sì strignete i petti»,
diss’ io, «chi siete?». E quei piegaro i colli;
e poi ch’ebber li visi a me eretti,

li occhi lor, ch’eran pria pur dentro molli,
gocciar su per le labbra, e ’l gelo strinse
le lagrime tra essi e riserrolli.

Con legno legno spranga mai non cinse
forte così; ond’ ei come due becchi50
cozzaro insieme, tanta ira li vinse.

E un ch’avea perduti ambo li orecchi
per la freddura, pur col viso in giùe,
disse: «Perché cotanto in noi ti specchi?

Se vuoi saper chi son cotesti due,
la valle onde Bisenzo si dichina
del padre loro Alberto e di lor fue.

D’un corpo usciro; e tutta la Caina
potrai cercare, e non troverai ombra
degna più d’esser fitta in gelatina:60

non quelli a cui fu rotto il petto e l’ombra
con esso un colpo per la man d’Artù;
non Focaccia; non questi che m’ingombra

col capo sì, ch’i’ non veggio oltre più,
e fu nomato Sassol Mascheroni;
se tosco se’, ben sai omai chi fu.

E perché non mi metti in più sermoni,
sappi ch’i’ fu’ il Camiscion de’ Pazzi;
e aspetto Carlin che mi scagioni».

Poscia vid’ io mille visi cagnazzi70
fatti per freddo; onde mi vien riprezzo,
e verrà sempre, de’ gelati guazzi.

E mentre ch’andavamo inver’ lo mezzo
al quale ogne gravezza si rauna,
e io tremava ne l’etterno rezzo;

se voler fu o destino o fortuna,
non so; ma, passeggiando tra le teste,
forte percossi ’l piè nel viso ad una.

Piangendo mi sgridò: «Perché mi peste?
se tu non vieni a crescer la vendetta80
di Montaperti, perché mi moleste?».

E io: «Maestro mio, or qui m’aspetta,
sì ch’io esca d’un dubbio per costui;
poi mi farai, quantunque vorrai, fretta».

Lo duca stette, e io dissi a colui
che bestemmiava duramente ancora:
«Qual se’ tu che così rampogni altrui?».

«Or tu chi se’ che vai per l’Antenora,
percotendo», rispuose, «altrui le gote,
sì che, se fossi vivo, troppo fora?».90

«Vivo son io, e caro esser ti puote»,
fu mia risposta, «se dimandi fama,
ch’io metta il nome tuo tra l’altre note».

Ed elli a me: «Del contrario ho io brama.
Lèvati quinci e non mi dar più lagna,
ché mal sai lusingar per questa lama!».

Allor lo presi per la cuticagna
e dissi: «El converrà che tu ti nomi,
o che capel qui sù non ti rimagna».

Ond’ elli a me: «Perché tu mi dischiomi,100
né ti dirò ch’io sia, né mosterrolti,
se mille fiate in sul capo mi tomi».

Io avea già i capelli in mano avvolti,
e tratti glien’ avea più d’una ciocca,
latrando lui con li occhi in giù raccolti,

quando un altro gridò: «Che hai tu, Bocca?
non ti basta sonar con le mascelle,
se tu non latri? qual diavol ti tocca?».

«Omai», diss’ io, «non vo’ che più favelle,
malvagio traditor; ch’a la tua onta110
io porterò di te vere novelle».

«Va via», rispuose, «e ciò che tu vuoi conta;
ma non tacer, se tu di qua entro eschi,
di quel ch’ebbe or così la lingua pronta.

El piange qui l’argento de’ Franceschi:
"Io vidi", potrai dir, "quel da Duera
là dove i peccatori stanno freschi".

Se fossi domandato "Altri chi v’era?",
tu hai dallato quel di Beccheria
di cui segò Fiorenza la gorgiera.120

Gianni de’ Soldanier credo che sia
più là con Ganellone e Tebaldello,
ch’aprì Faenza quando si dormia».

Noi eravam partiti già da ello,
ch’io vidi due ghiacciati in una buca,
sì che l’un capo a l’altro era cappello;

e come ’l pan per fame si manduca,
così ’l sovran li denti a l’altro pose
là ’ve ’l cervel s’aggiugne con la nuca:

non altrimenti Tidëo si rose130
le tempie a Menalippo per disdegno,
che quei faceva il teschio e l’altre cose.

«O tu che mostri per sì bestial segno
odio sovra colui che tu ti mangi,
dimmi ’l perché», diss’ io, «per tal convegno,

che se tu a ragion di lui ti piangi,
sappiendo chi voi siete e la sua pecca,
nel mondo suso ancora io te ne cangi,

se quella con ch’io parlo non si secca».

If I had rhymes both rough and stridulous,
As were appropriate to the dismal hole
Down upon which thrust all the other rocks,

I would press out the juice of my conception
More fully; but because I have them not,
Not without fear I bring myself to speak;

For 'tis no enterprise to take in jest,
To sketch the bottom of all the universe,
Nor for a tongue that cries Mamma and Babbo.

But may those Ladies help this verse of mine,10
Who helped Amphion in enclosing Thebes,
That from the fact the word be not diverse.

O rabble ill-begotten above all,
Who're in the place to speak of which is hard,
'Twere better ye had here been sheep or goats!

When we were down within the darksome well,
Beneath the giant's feet, but lower far,
And I was scanning still the lofty wall,

I heard it said to me: "Look how thou steppest!
Take heed thou do not trample with thy feet20
The heads of the tired, miserable brothers!"

Whereat I turned me round, and saw before me
And underfoot a lake, that from the frost
The semblance had of glass, and not of water.

So thick a veil ne'er made upon its current
In winter-time Danube in Austria,
Nor there beneath the frigid sky the Don,

As there was here; so that if Tambernich
Had fallen upon it, or Pietrapana,
E'en at the edge 'twould not have given a creak.30

And as to croak the frog doth place himself
With muzzle out of water,--when is dreaming
Of gleaning oftentimes the peasant-girl,--

Livid, as far down as where shame appears,
Were the disconsolate shades within the ice,
Setting their teeth unto the note of storks.

Each one his countenance held downward bent;
From mouth the cold, from eyes the doleful heart
Among them witness of itself procures.

When round about me somewhat I had looked,40
I downward turned me, and saw two so close,
The hair upon their heads together mingled.

"Ye who so strain your breasts together, tell me,"
I said, "who are you;" and they bent their necks,
And when to me their faces they had lifted,

Their eyes, which first were only moist within,
Gushed o'er the eyelids, and the frost congealed
The tears between, and locked them up again.

Clamp never bound together wood with wood
So strongly; whereat they, like two he-goats,50
Butted together, so much wrath o'ercame them.

And one, who had by reason of the cold
Lost both his ears, still with his visage downward,
Said: "Why dost thou so mirror thyself in us?

If thou desire to know who these two are,
The valley whence Bisenzio descends
Belonged to them and to their father Albert.

They from one body came, and all Caina
Thou shalt search through, and shalt not find a shade
More worthy to be fixed in gelatine;60

Not he in whom were broken breast and shadow
At one and the same blow by Arthur's hand;
Focaccia not; not he who me encumbers

So with his head I see no farther forward,
And bore the name of Sassol Mascheroni;
Well knowest thou who he was, if thou art Tuscan.

And that thou put me not to further speech,
Know that I Camicion de' Pazzi was,
And wait Carlino to exonerate me."

Then I beheld a thousand faces, made70
Purple with cold; whence o'er me comes a shudder,
And evermore will come, at frozen ponds.

And while we were advancing tow'rds the middle,
Where everything of weight unites together,
And I was shivering in the eternal shade,

Whether 'twere will, or destiny, or chance,
I know not; but in walking 'mong the heads
I struck my foot hard in the face of one.

Weeping he growled: "Why dost thou trample me?
Unless thou comest to increase the vengeance80
of Montaperti, why dost thou molest me?"

And I: "My Master, now wait here for me,
That I through him may issue from a doubt;
Then thou mayst hurry me, as thou shalt wish."

The Leader stopped; and to that one I said
Who was blaspheming vehemently still:
"Who art thou, that thus reprehendest others?"

"Now who art thou, that goest through Antenora
Smiting," replied he, "other people's cheeks,
So that, if thou wert living, 'twere too much?"90

"Living I am, and dear to thee it may be,"
Was my response, "if thou demandest fame,
That 'mid the other notes thy name I place."

And he to me: "For the reverse I long;
Take thyself hence, and give me no more trouble;
For ill thou knowest to flatter in this hollow."

Then by the scalp behind I seized upon him,
And said: "It must needs be thou name thyself,
Or not a hair remain upon thee here."

Whence he to me: "Though thou strip off my hair,100
I will not tell thee who I am, nor show thee,
If on my head a thousand times thou fall."

I had his hair in hand already twisted,
And more than one shock of it had pulled out,
He barking, with his eyes held firmly down,

When cried another: "What doth ail thee, Bocca?
Is't not enough to clatter with thy jaws,
But thou must bark? what devil touches thee?"

"Now," said I, "I care not to have thee speak,
Accursed traitor; for unto thy shame110
I will report of thee veracious news."

"Begone," replied he, "and tell what thou wilt,
But be not silent, if thou issue hence,
Of him who had just now his tongue so prompt;

He weepeth here the silver of the French;
'I saw,' thus canst thou phrase it, 'him of Duera
There where the sinners stand out in the cold.'

If thou shouldst questioned be who else was there,
Thou hast beside thee him of Beccaria,
Of whom the gorget Florence slit asunder;120

Gianni del Soldanier, I think, may be
Yonder with Ganellon, and Tebaldello
Who oped Faenza when the people slep."

Already we had gone away from him,
When I beheld two frozen in one hole,
So that one head a hood was to the other;

And even as bread through hunger is devoured,
The uppermost on the other set his teeth,
There where the brain is to the nape united.

Not in another fashion Tydeus gnawed130
The temples of Menalippus in disdain,
Than that one did the skull and the other things.

"O thou, who showest by such bestial sign
Thy hatred against him whom thou art eating,
Tell me the wherefore," said I, "with this compact,

That if thou rightfully of him complain,
In knowing who ye are, and his transgression,
I in the world above repay thee for it,

If that wherewith I speak be not dried up."
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La bocca sollevò dal fiero pasto
quel peccator, forbendola a’ capelli
del capo ch’elli avea di retro guasto.

Poi cominciò: «Tu vuo’ ch’io rinovelli
disperato dolor che ’l cor mi preme
già pur pensando, pria ch’io ne favelli.

Ma se le mie parole esser dien seme
che frutti infamia al traditor ch’i’ rodo,
parlar e lagrimar vedrai insieme.

Io non so chi tu se’ né per che modo10
venuto se’ qua giù; ma fiorentino
mi sembri veramente quand’ io t’odo.

Tu dei saper ch’i’ fui conte Ugolino,
e questi è l’arcivescovo Ruggieri:
or ti dirò perché i son tal vicino.

Che per l’effetto de’ suo’ mai pensieri,
fidandomi di lui, io fossi preso
e poscia morto, dir non è mestieri;

però quel che non puoi avere inteso,
cioè come la morte mia fu cruda,20
udirai, e saprai s’e’ m’ha offeso.

Breve pertugio dentro da la Muda,
la qual per me ha ’l titol de la fame,
e che conviene ancor ch’altrui si chiuda,

m’avea mostrato per lo suo forame
più lune già, quand’ io feci ’l mal sonno
che del futuro mi squarciò ’l velame.

Questi pareva a me maestro e donno,
cacciando il lupo e ’ lupicini al monte
per che i Pisan veder Lucca non ponno.30

Con cagne magre, studïose e conte
Gualandi con Sismondi e con Lanfranchi
s’avea messi dinanzi da la fronte.

In picciol corso mi parieno stanchi
lo padre e ’ figli, e con l’agute scane
mi parea lor veder fender li fianchi.

Quando fui desto innanzi la dimane,
pianger senti’ fra ’l sonno i miei figliuoli
ch’eran con meco, e dimandar del pane.

Ben se’ crudel, se tu già non ti duoli40
pensando ciò che ’l mio cor s’annunziava;
e se non piangi, di che pianger suoli?

Già eran desti, e l’ora s’appressava
che ’l cibo ne solëa essere addotto,
e per suo sogno ciascun dubitava;

e io senti’ chiavar l’uscio di sotto
a l’orribile torre; ond’ io guardai
nel viso a’ mie’ figliuoi sanza far motto.

Io non piangëa, sì dentro impetrai:
piangevan elli; e Anselmuccio mio50
disse: "Tu guardi sì, padre! che hai?".

Perciò non lagrimai né rispuos’ io
tutto quel giorno né la notte appresso,
infin che l’altro sol nel mondo uscìo.

Come un poco di raggio si fu messo
nel doloroso carcere, e io scorsi
per quattro visi il mio aspetto stesso,

ambo le man per lo dolor mi morsi;
ed ei, pensando ch’io ’l fessi per voglia
di manicar, di sùbito levorsi60

e disser: "Padre, assai ci fia men doglia
se tu mangi di noi: tu ne vestisti
queste misere carni, e tu le spoglia".

Queta’mi allor per non farli più tristi;
lo dì e l’altro stemmo tutti muti;
ahi dura terra, perché non t’apristi?

Poscia che fummo al quarto dì venuti,
Gaddo mi si gittò disteso a’ piedi,
dicendo: "Padre mio, ché non m’aiuti?".

Quivi morì; e come tu mi vedi,70
vid’ io cascar li tre ad uno ad uno
tra ’l quinto dì e ’l sesto; ond’ io mi diedi,

già cieco, a brancolar sovra ciascuno,
e due dì li chiamai, poi che fur morti.
Poscia, più che ’l dolor, poté ’l digiuno».

Quand’ ebbe detto ciò, con li occhi torti
riprese ’l teschio misero co’ denti,
che furo a l’osso, come d’un can, forti.

Ahi Pisa, vituperio de le genti
del bel paese là dove ’l sì suona,80
poi che i vicini a te punir son lenti,

muovasi la Capraia e la Gorgona,
e faccian siepe ad Arno in su la foce,
sì ch’elli annieghi in te ogne persona!

Che se ’l conte Ugolino aveva voce
d’aver tradita te de le castella,
non dovei tu i figliuoi porre a tal croce.

Innocenti facea l’età novella,
novella Tebe, Uguiccione e ’l Brigata
e li altri due che ’l canto suso appella.90

Noi passammo oltre, là ’ve la gelata
ruvidamente un’altra gente fascia,
non volta in giù, ma tutta riversata.

Lo pianto stesso lì pianger non lascia,
e ’l duol che truova in su li occhi rintoppo,
si volge in entro a far crescer l’ambascia;

ché le lagrime prime fanno groppo,
e sì come visiere di cristallo,
rïempion sotto ’l ciglio tutto il coppo.

E avvegna che, sì come d’un callo,100
per la freddura ciascun sentimento
cessato avesse del mio viso stallo,

già mi parea sentire alquanto vento;
per ch’io: «Maestro mio, questo chi move?
non è qua giù ogne vapore spento?».

Ond’ elli a me: «Avaccio sarai dove
di ciò ti farà l’occhio la risposta,
veggendo la cagion che ’l fiato piove».

E un de’ tristi de la fredda crosta
gridò a noi: «O anime crudeli110
tanto che data v’è l’ultima posta,

levatemi dal viso i duri veli,
sì ch’ïo sfoghi ’l duol che ’l cor m’impregna,
un poco, pria che ’l pianto si raggeli».

Per ch’io a lui: «Se vuo’ ch’i’ ti sovvegna,
dimmi chi se’, e s’io non ti disbrigo,
al fondo de la ghiaccia ir mi convegna».

Rispuose adunque: «I’ son frate Alberigo;
i’ son quel da le frutta del mal orto,
che qui riprendo dattero per figo».120

«Oh», diss’ io lui, «or se’ tu ancor morto?».
Ed elli a me: «Come ’l mio corpo stea
nel mondo sù, nulla scïenza porto.

Cotal vantaggio ha questa Tolomea,
che spesse volte l’anima ci cade
innanzi ch’Atropòs mossa le dea.

E perché tu più volentier mi rade
le ’nvetrïate lagrime dal volto,
sappie che, tosto che l’anima trade

come fec’ ïo, il corpo suo l’è tolto130
da un demonio, che poscia il governa
mentre che ’l tempo suo tutto sia vòlto.

Ella ruina in sì fatta cisterna;
e forse pare ancor lo corpo suso
de l’ombra che di qua dietro mi verna.

Tu ’l dei saper, se tu vien pur mo giuso:
elli è ser Branca Doria, e son più anni
poscia passati ch’el fu sì racchiuso».

«Io credo», diss’ io lui, «che tu m’inganni;
ché Branca Doria non morì unquanche,140
e mangia e bee e dorme e veste panni».

«Nel fosso sù», diss’ el, «de’ Malebranche,
là dove bolle la tenace pece,
non era ancora giunto Michel Zanche,

che questi lasciò il diavolo in sua vece
nel corpo suo, ed un suo prossimano
che ’l tradimento insieme con lui fece.

Ma distendi oggimai in qua la mano;
aprimi li occhi». E io non gliel’ apersi;
e cortesia fu lui esser villano.150

Ahi Genovesi, uomini diversi
d’ogne costume e pien d’ogne magagna,
perché non siete voi del mondo spersi?

Ché col peggiore spirto di Romagna
trovai di voi un tal, che per sua opra
in anima in Cocito già si bagna,

e in corpo par vivo ancor di sopra.

His mouth uplifted from his grim repast,
That sinner, wiping it upon the hair
Of the same head that he behind had wasted.

Then he began: "Thou wilt that I renew
The desperate grief, which wrings my heart already
To think of only, ere I speak of it;

But if my words be seed that may bear fruit
Of infamy to the traitor whom I gnaw,
Speaking and weeping shalt thou see together.

I know not who thou art, nor by what mode10
Thou hast come down here; but a Florentine
Thou seemest to me truly, when I hear thee.

Thou hast to know I was Count Ugolino,
And this one was Ruggieri the Archbishop;
Now I will tell thee why I am such a neighbour.

That, by effect of his malicious thoughts,
Trusting in him I was made prisoner,
And after put to death, I need not say;

But ne'ertheless what thou canst not have heard,
That is to say, how cruel was my death,20
Hear shalt thou, and shalt know if he has wronged me.

A narrow perforation in the mew,
Which bears because of me the title of Famine,
And in which others still must be locked up,

Had shown me through its opening many moons
Already, when I dreamed the evil dream
Which of the future rent for me the veil.

This one appeared to me as lord and master,
Hunting the wolf and whelps upon the mountain
For which the Pisans cannot Lucca see.30

With sleuth-hounds gaunt, and eager, and well trained,
Gualandi with Sismondi and Lanfianchi
He had sent out before him to the front.

After brief course seemed unto me forespent
The father and the sons, and with sharp tushes
It seemed to me I saw their flanks ripped open.

When I before the morrow was awake,
Moaning amid their sleep I heard my sons
Who with me were, and asking after bread.

Cruel indeed art thou, if yet thou grieve not,40
Thinking of what my heart foreboded me,
And weep'st thou not, what art thou wont to weep at?

They were awake now, and the hour drew nigh
At which our food used to be brought to us,
And through his dream was each one apprehensive;

And I heard locking up the under door
Of the horrible tower; whereat without a word
I gazed into the faces of my sons.

I wept not, I within so turned to stone;
They wept; and darling little Anselm mine50
Said: 'Thou dost gaze so, father, what doth ail thee?'

Still not a tear I shed, nor answer made
All of that day, nor yet the night thereafter,
Until another sun rose on the world.

As now a little glimmer made its way
Into the dolorous prison, and I saw
Upon four faces my own very aspect,

Both of my hands in agony I bit;
And, thinking that I did it from desire
Of eating, on a sudden they uprose,60

And said they: 'Father, much less pain 'twill give us
If thou do eat of us; thyself didst clothe us
With this poor flesh, and do thou strip it off.'

I calmed me then, not to make them more sad.
That day we all were silent, and the next.
Ah! obdurate earth, wherefore didst thou not open?

When we had come unto the fourth day, Gaddo
Threw himself down outstretched before my feet,
Saying, 'My father, why dost thou not help me?'

And there he died; and, as thou seest me,70
I saw the three fall, one by one, between
The fifth day and the sixth; whence I betook me,

Already blind, to groping over each,
And three days called them after they were dead;
Then hunger did what sorrow could not do."

When he had said this, with his eyes distorted,
The wretched skull resumed he with his teeth,
Which, as a dog's, upon the bone were strong.

Ah! Pisa, thou opprobrium of the people
Of the fair land there where the 'Si' doth sound,80
Since slow to punish thee thy neighbours are,

Let the Capraia and Gorgona move,
And make a hedge across the mouth of Arno
That every person in thee it may drown!

For if Count Ugolino had the fame
Of having in thy castles thee betrayed,
Thou shouldst not on such cross have put his sons.

Guiltless of any crime, thou modern Thebes!
Their youth made Uguccione and Brigata,
And the other two my song doth name above!90

We passed still farther onward, where the ice
Another people ruggedly enswathes,
Not downward turned, but all of them reversed.

Weeping itself there does not let them weep,
And grief that finds a barrier in the eyes
Turns itself inward to increase the anguish;

Because the earliest tears a cluster form,
And, in the manner of a crystal visor,
Fill all the cup beneath the eyebrow full.

And notwithstanding that, as in a callus,100
Because of cold all sensibility
Its station had abandoned in my face,

Still it appeared to me I felt some wind;
Whence I: "My Master, who sets this in motion?
Is not below here every vapour quenched?"

Whence he to me: "Full soon shalt thou be where
Thine eye shall answer make to thee of this,
Seeing the cause which raineth down the blast."

And one of the wretches of the frozen crust
Cried out to us: "O souls so merciless110
That the last post is given unto you,

Lift from mine eyes the rigid veils, that I
May vent the sorrow which impregns my heart
A little, e'er the weeping recongeal."

Whence I to him: "If thou wouldst have me help thee
Say who thou wast; and if I free thee not,
May I go to the bottom of the ice."

Then he replied: "I am Friar Alberigo;
He am I of the fruit of the bad garden,
Who here a date am getting for my fig."120

"O," said I to him, "now art thou, too, dead?"
And he to me: "How may my body fare
Up in the world, no knowledge I possess.

Such an advantage has this Ptolomaea,
That oftentimes the soul descendeth here
Sooner than Atropos in motion sets it.

And, that thou mayest more willingly remove
From off my countenance these glassy tears,
Know that as soon as any soul betrays

As I have done, his body by a demon130
Is taken from him, who thereafter rules it,
Until his time has wholly been revolved.

Itself down rushes into such a cistern;
And still perchance above appears the body
Of yonder shade, that winters here behind me.

This thou shouldst know, if thou hast just come down;
It is Ser Branca d' Oria, and many years
Have passed away since he was thus locked up."

"I think," said I to him, "thou dost deceive me;
For Branca d' Oria is not dead as yet,140
And eats, and drinks, and sleeps, and puts on clothes."

"In moat above," said he, "of Malebranche,
There where is boiling the tenacious pitch,
As yet had Michel Zanche not arrived,

When this one left a devil in his stead
In his own body and one near of kin,
Who made together with him the betrayal.

But hitherward stretch out thy hand forthwith,
Open mine eyes;"--and open them I did not,
And to be rude to him was courtesy.150

Ah, Genoese! ye men at variance
With every virtue, full of every vice
Wherefore are ye not scattered from the world?

For with the vilest spirit of Romagna
I found of you one such, who for his deeds
In soul already in Cocytus bathes,

And still above in body seems alive!
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«Vexilla regis prodeunt inferni
verso di noi; però dinanzi mira»,
disse ’l maestro mio, «se tu ’l discerni».

Come quando una grossa nebbia spira,
o quando l’emisperio nostro annotta,
par di lungi un molin che ’l vento gira,

veder mi parve un tal dificio allotta;
poi per lo vento mi ristrinsi retro
al duca mio, ché non lì era altra grotta.

Già era, e con paura il metto in metro,10
là dove l’ombre tutte eran coperte,
e trasparien come festuca in vetro.

Altre sono a giacere; altre stanno erte,
quella col capo e quella con le piante;
altra, com’ arco, il volto a’ piè rinverte.

Quando noi fummo fatti tanto avante,
ch’al mio maestro piacque di mostrarmi
la creatura ch’ebbe il bel sembiante,

d’innanzi mi si tolse e fé restarmi,
«Ecco Dite», dicendo, «ed ecco il loco20
ove convien che di fortezza t’armi».

Com’ io divenni allor gelato e fioco,
nol dimandar, lettor, ch’i’ non lo scrivo,
però ch’ogne parlar sarebbe poco.

Io non mori’ e non rimasi vivo;
pensa oggimai per te, s’hai fior d’ingegno,
qual io divenni, d’uno e d’altro privo.

Lo ’mperador del doloroso regno
da mezzo ’l petto uscia fuor de la ghiaccia;
e più con un gigante io mi convegno,30

che i giganti non fan con le sue braccia:
vedi oggimai quant’ esser dee quel tutto
ch’a così fatta parte si confaccia.

S’el fu sì bel com’ elli è ora brutto,
e contra ’l suo fattore alzò le ciglia,
ben dee da lui procedere ogne lutto.

Oh quanto parve a me gran maraviglia
quand’ io vidi tre facce a la sua testa!
L’una dinanzi, e quella era vermiglia;

l’altr’ eran due, che s’aggiugnieno a questa40
sovresso ’l mezzo di ciascuna spalla,
e sé giugnieno al loco de la cresta:

e la destra parea tra bianca e gialla;
la sinistra a vedere era tal, quali
vegnon di là onde ’l Nilo s’avvalla.

Sotto ciascuna uscivan due grand’ ali,
quanto si convenia a tanto uccello:
vele di mar non vid’ io mai cotali.

Non avean penne, ma di vispistrello
era lor modo; e quelle svolazzava,50
sì che tre venti si movean da ello:

quindi Cocito tutto s’aggelava.
Con sei occhi piangëa, e per tre menti
gocciava ’l pianto e sanguinosa bava.

Da ogne bocca dirompea co’ denti
un peccatore, a guisa di maciulla,
sì che tre ne facea così dolenti.

A quel dinanzi il mordere era nulla
verso ’l graffiar, che talvolta la schiena
rimanea de la pelle tutta brulla.60

«Quell’ anima là sù c’ha maggior pena»,
disse ’l maestro, «è Giuda Scarïotto,
che ’l capo ha dentro e fuor le gambe mena.

De li altri due c’hanno il capo di sotto,
quel che pende dal nero ceffo è Bruto:
vedi come si storce, e non fa motto!;

e l’altro è Cassio, che par sì membruto.
Ma la notte risurge, e oramai
è da partir, ché tutto avem veduto».

Com’ a lui piacque, il collo li avvinghiai;70
ed el prese di tempo e loco poste,
e quando l’ali fuoro aperte assai,

appigliò sé a le vellute coste;
di vello in vello giù discese poscia
tra ’l folto pelo e le gelate croste.

Quando noi fummo là dove la coscia
si volge, a punto in sul grosso de l’anche,
lo duca, con fatica e con angoscia,

volse la testa ov’ elli avea le zanche,
e aggrappossi al pel com’ om che sale,80
sì che ’n inferno i’ credea tornar anche.

«Attienti ben, ché per cotali scale»,
disse ’l maestro, ansando com’ uom lasso,
«conviensi dipartir da tanto male».

Poi uscì fuor per lo fóro d’un sasso
e puose me in su l’orlo a sedere;
appresso porse a me l’accorto passo.

Io levai li occhi e credetti vedere
Lucifero com’ io l’avea lasciato,
e vidili le gambe in sù tenere;90

e s’io divenni allora travagliato,
la gente grossa il pensi, che non vede
qual è quel punto ch’io avea passato.

«Lèvati sù», disse ’l maestro, «in piede:
la via è lunga e ’l cammino è malvagio,
e già il sole a mezza terza riede».

Non era camminata di palagio
là ’v’ eravam, ma natural burella
ch’avea mal suolo e di lume disagio.

«Prima ch’io de l’abisso mi divella,100
maestro mio», diss’ io quando fui dritto,
«a trarmi d’erro un poco mi favella:

ov’ è la ghiaccia? e questi com’ è fitto
sì sottosopra? e come, in sì poc’ ora,
da sera a mane ha fatto il sol tragitto?».

Ed elli a me: «Tu imagini ancora
d’esser di là dal centro, ov’ io mi presi
al pel del vermo reo che ’l mondo fóra.

Di là fosti cotanto quant’ io scesi;
quand’ io mi volsi, tu passasti ’l punto110
al qual si traggon d’ogne parte i pesi.

E se’ or sotto l’emisperio giunto
ch’è contraposto a quel che la gran secca
coverchia, e sotto ’l cui colmo consunto

fu l’uom che nacque e visse sanza pecca;
tu haï i piedi in su picciola spera
che l’altra faccia fa de la Giudecca.

Qui è da man, quando di là è sera;
e questi, che ne fé scala col pelo,
fitto è ancora sì come prim’ era.120

Da questa parte cadde giù dal cielo;
e la terra, che pria di qua si sporse,
per paura di lui fé del mar velo,

e venne a l’emisperio nostro; e forse
per fuggir lui lasciò qui loco vòto
quella ch’appar di qua, e sù ricorse».

Luogo è là giù da Belzebù remoto
tanto quanto la tomba si distende,
che non per vista, ma per suono è noto

d’un ruscelletto che quivi discende130
per la buca d’un sasso, ch’elli ha roso,
col corso ch’elli avvolge, e poco pende.

Lo duca e io per quel cammino ascoso
intrammo a ritornar nel chiaro mondo;
e sanza cura aver d’alcun riposo,

salimmo sù, el primo e io secondo,
tanto ch’i’ vidi de le cose belle
che porta ’l ciel, per un pertugio tondo.

E quindi uscimmo a riveder le stelle.

"'Vexilla Regis prodeunt Inferni'
Towards us; therefore look in front of thee,"
My Master said, "if thou discernest him."

As, when there breathes a heavy fog, or when
Our hemisphere is darkening into night,
Appears far off a mill the wind is turning,

Methought that such a building then I saw;
And, for the wind, I drew myself behind
My Guide, because there was no other shelter.

Now was I, and with fear in verse I put it,10
There where the shades were wholly covered up,
And glimmered through like unto straws in glass.

Some prone are lying, others stand erect,
This with the head, and that one with the soles;
Another, bow-like, face to feet inverts.

When in advance so far we had proceeded,
That it my Master pleased to show to me
The creature who once had the beauteous semblance,

He from before me moved and made me stop,
Saying: "Behold Dis, and behold the place20
Where thou with fortitude must arm thyself."

How frozen I became and powerless then,
Ask it not, Reader, for I write it not,
Because all language would be insufficient.

I did not die, and I alive remained not;
Think for thyself now, hast thou aught of wit,
What I became, being of both deprived.

The Emperor of the kingdom dolorous
From his mid-breast forth issued from the ice;
And better with a giant I compare30

Than do the giants with those arms of his;
Consider now how great must be that whole,
Which unto such a part conforms itself.

Were he as fair once, as he now is foul,
And lifted up his brow against his Maker,
Well may proceed from him all tribulation.

O, what a marvel it appeared to me,
When I beheld three faces on his head!
The one in front, and that vermilion was;

Two were the others, that were joined with this40
Above the middle part of either shoulder,
And they were joined together at the crest;

And the right-hand one seemed 'twixt white and yellow;
The left was such to look upon as those
Who come from where the Nile falls valley-ward.

Underneath each came forth two mighty wings,
Such as befitting were so great a bird;
Sails of the sea I never saw so large.

No feathers had they, but as of a bat
Their fashion was; and he was waving them,50
So that three winds proceeded forth therefrom.

Thereby Cocytus wholly was congealed.
With six eyes did he weep, and down three chins
Trickled the tear-drops and the bloody drivel.

At every mouth he with his teeth was crunching
A sinner, in the manner of a brake,
So that he three of them tormented thus.

To him in front the biting was as naught
Unto the clawing, for sometimes the spine
Utterly stripped of all the skin remained.60

"That soul up there which has the greatest pain,"
The Master said, "is Judas Iscariot;
With head inside, he plies his legs without.

Of the two others, who head downward are,
The one who hangs from the black jowl is Brutus;
See how he writhes himself, and speaks no word.

And the other, who so stalwart seems, is Cassius.
But night is reascending, and 'tis time
That we depart, for we have seen the whole."

As seemed him good, I clasped him round the neck,70
And he the vantage seized of time and place,
And when the wings were opened wide apart,

He laid fast hold upon the shaggy sides;
From fell to fell descended downward then
Between the thick hair and the frozen crust.

When we were come to where the thigh revolves
Exactly on the thickness of the haunch,
The Guide, with labour and with hard-drawn breath,

Turned round his head where he had had his legs,
And grappled to the hair, as one who mounts,80
So that to Hell I thought we were returning.

"Keep fast thy hold, for by such stairs as these,"
The Master said, panting as one fatigued,
"Must we perforce depart from so much evil."

Then through the opening of a rock he issued,
And down upon the margin seated me;
Then tow'rds me he outstretched his wary step.

I lifted up mine eyes and thought to see
Lucifer in the same way I had left him;
And I beheld him upward hold his legs.90

And if I then became disquieted,
Let stolid people think who do not see
What the point is beyond which I had passed.

"Rise up," the Master said, "upon thy feet;
The way is long, and difficult the road,
And now the sun to middle-tierce returns."

It was not any palace corridor
There where we were, but dungeon natural,
With floor uneven and unease of light.

"Ere from the abyss I tear myself away,100
My Master," said I when I had arisen,
"To draw me from an error speak a little;

Where is the ice? and how is this one fixed
Thus upside down? and how in such short time
From eve to morn has the sun made his transit?"

And he to me: "Thou still imaginest
Thou art beyond the centre, where I grasped
The hair of the fell worm, who mines the world.

That side thou wast, so long as I descended;
When round I turned me, thou didst pass the point110
To which things heavy draw from every side,

And now beneath the hemisphere art come
Opposite that which overhangs the vast
Dry-land, and 'neath whose cope was put to death

The Man who without sin was born and lived.
Thou hast thy feet upon the little sphere
Which makes the other face of the Judecca.

Here it is morn when it is evening there;
And he who with his hair a stairway made us
Still fixed remaineth as he was before.120

Upon this side he fell down out of heaven;
And all the land, that whilom here emerged,
For fear of him made of the sea a veil,

And came to our hemisphere; and peradventure
To flee from him, what on this side appears
Left the place vacant here, and back recoiled."

A place there is below, from Beelzebub
As far receding as the tomb extends,
Which not by sight is known, but by the sound

Of a small rivulet, that there descendeth130
Through chasm within the stone, which it has gnawed
With course that winds about and slightly falls.

The Guide and I into that hidden road
Now entered, to return to the bright world;
And without care of having any rest

We mounted up, he first and I the second,
Till I beheld through a round aperture
Some of the beauteous things that Heaven doth bear;

Thence we came forth to rebehold the stars.